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Focus: impianto biometano

L'affaire

  09/06/2023

Di Redazione

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…per volume e per intensità di attenzioni nelle sedi politiche ed istituzionali, oltre ovviamente alla prima fascia dei rimbalzi mediatici, è tale da far ritenere, da un lato, l'eventuale prospettiva di caducità e, dall'altro, da un ripiegamento della centralità che ha assunto nel confronto innescato nella realtà territoriale.

Perché, l'affaire, appunto, sta sempre più investendo uno sguardo che travalica la stretta competenza cittadina e che ormai può essere qualificato come tema generale delle adiacenze circondariali del Capoluogo.

D'ora in poi, per questa premessa, la nostra testata, pur ribadendo, come scriviamo nella contestuale rubrica della eco bacheca, la massima disponibilità a favorire il confronto, ospitando tutti i contributi pervenuti sul tema, a partire da questa edizione inquadra la fattispecie tematica non più nelle lettere a L'Eco ma nel rango di un focus organico.

Sia, come abbiamo anticipato, perché l'argomento tiene la scena sia perché, dichiarandolo per una ragione di deontologia giornalistica di trasparenza, abbiamo deciso di scendere in campo.

 La nostra testata si sente parte attiva della campagna di testimonianza di critica e di proposta. Ufelé ufelé… a ognun el so' mesté… nel senso che questa testimonianza non è da ascrivere ad un gesto di collateralismo di schieramento, ma, non alterando in alcuno modo il profilo di inclusività e di agevolazione del confronto, ci poniamo organicamente dalla parte di chi testimonia criticamente, organizza la mobilitazione, propone progetti alternativi. A cominciare da una questione che è apparsa da subito preliminare: il rapporto di trasparenza e di coinvolgimento del corpo attivo dell'opinione pubblica e dell'associazionismo civile e, come la moglie di Cesare, l'assoluta condizione di agire nel supremo interesse comunitario.Che, se è concesso esprimere, senza alcun impulso malevolo, un'opinione, costituisce materia su cui il Comune dovrà lavorare parecchio. Soprattutto, per far avvertire all'opinione pubblica un sentiment incontrovertibile in materia della totale indipendenza di ruolo istituzionale. Mentre le percezioni e i rumors prevalenti indicono a percepire un senso di capovolgimento dei ruoli. Vale a dire che si è invertito il rapporto che in passato dava l'azienda municipale partecipata dal Comune (che fissava indirizzi strategici e nominava i gestori) ad un'entità istituzionale “partecipata” dalla Multiutility subentrata. Che dimostra anche nei fatti minuti la sensazione, oltre che di aver ripianato dissesti biblici (ci volete dire come ha potuto succedere che nel trentennio che va dalla “male giunte DC PCI” da risultati gestionali e patrimoniali sani e produttivi risorse per il Comune si è passato ad un irrimediabile dissesto? O preferite che ve lo spieghiamo noi?), di essere subentrata anche nella programmazione territoriale ed urbanistica.

Che è ciò che maggiormente allarma i cittadini del Capoluogo e del Circondario. Quest'ultimo giustamente mobilitato dai Comuni viciniori.

A dire il vero, la sensazione è che la Civica Amministrazione, una volta andata a sbattere di fronte al no pasaran spontaneo e una volta acclarato di non poter eludere il redde rationem ed il confronto, si stia posizionando sulla linea guida, come si dice gergalmente, sul pelare l'oca senza farla gridare.

Non crediamo che coglierà, su questo terreno tattico, successi clamorosi.

Intanto qui noi diamo conto del confronto avvenuto nella sede comunale, affidandoci al nostro testimone e referente, Paola Tacchini. Che ci ha trasmetto qualcosa di più di una cronaca del dibattito.

In coda, per mantenere ampio lo scenario della conoscenza, ripubblichiamo il contributo di Luigi Lipara.

Cittadinanza attiva del comitato BiometaNo. Sala Quadri - Comune di Cremona

Siamo in fase ascolto, ma i "mugugni" di fondo non mancano. Ne cito alcuni più folcloristici: "Un meraviglioso elenco di ecoballe", "Ci sta raccontando la supercazzola", "Fino a ieri il Biogas era quello al top... Ora è stato accantonato per vantare il Biometano", "Il gas serve sicuramente, ma viene addebitato ai cittadini contrariamente a quanto detto, quindi non è la cittadinanza che ci guadagna", "Descrizioni fantomatiche, parlano di fuffa", "Assurdo che un impianto (inceneritore+biomasse) giustifica l'altro, peccato che a pochi metri ci sono delle case"

Presenti molti consiglieri comunali maggioranza ed opposizione. A2A racconta quanto sia bello e buono digerire letame e cereali per dare calore a noi poveri cittadini.

In cambio possiamo respirare aria organica spiacevole H24, trattori e automezzi inquinanti che passano sulle strade della bassa Cremona e di Gerre De Caprioli, visto che l'allevamento più vicino è a 10 chilometri. Sentire rumori di ventole e parti meccaniche anche di notte magari come in provincia di Reggio Emilia dove lo hanno già realizzato, tanti bei sversamenti nei canali limitrofi.

Naturalmente ammettono una cementificazione, ma... faranno un bel laghetto, prati con fiorellini,... e le caprette ci diranno "Ciao"

Quasi tutte le testate e le Tv locali presenti, seguiranno i servizi che posterò in seguito.

Ancora una volta uniti per opporci a questo sopruso. Non ci incantano più.

I primi tre interventi sono stati dei consiglieri comunali di minoranza: Roberto Chiodelli FdI, Carlo Malvezzi FI e Luca Nolli M5S.

Domande sull'implementazione delle strade, fatica ad immaginare la dismissione promessa dell'inceneritore nel 2029, poca credibilità del minimalismo di impatto ambientale sul territorio ipotizzato dalla ditta che progetta l'impianto.

Nessuna chiarezza durante le fasi di proposta dell'impianto sul luogo della sua realizzazione, a questo punto servirà senz'altro una nuova Commissione di Vigilanza.

Di fatto un progetto con scopo economico e guadagno non per la cittadinanza ma per A2A, con una ulteriore aggiunta di carichi inquinanti in un territorio già fortemente compromesso.

Ottimo l'intervento del sindaco di Gerre De Caprioli Michel Marchi … che ricorda che il politico in una giunta, non deve lasciar decidere ad altri il rapporto costi benefici di un progetto, ma deve prendersi la responsabilità di fare il meglio per i suoi cittadini. Ribadendo che noi del comitato non soffriamo della sindrome di Nimby (già tradotto “non nel mio cortile”), ricorda che con una contestualizzazione sovra territoriale qualunque progetto deve passare da una pianificazione urbanistica che tenga conto di tutte le varianti e le criticità. Ricorda la vicinanza a case, all'ospedale cittadino in caso di guasti con perdite di prodotti o incendio come a Faenza. Parla di un sur plus di traffico agricolo con aumento di polveri sottili, cita una relazione avversa di ATS, ricorda il forte rischio alluvionale vista la posizione nel PLIS del Po e del Morbasco. E ricorda che la parola Bio-metano, non cambia il fatto che il CH4 è comunque fossile ed altera il clima

Complete ed esaustive le controdeduzioni di Luigi Lipara:

  1. A fronte di vari dati sull'effettiva produzione dell'impianto, al numero rilevante di impianti già esistenti (170 autorizzati nella sola provincia di Cremona) alle ingenti quantità di risorse pubbliche destinate al sovvenzionamento di questa tecnologia, non si giustifica la realizzazione di nuovi impianti.
  2. Il luogo è già fortemente compromesso dal punto di vista dell'inquinamento ambientale e la realizzazione non può essere fatta in una delle poche aree verdi riconosciute da tutelare, quale è il parco del Po e del Morbasco.
  3. Anche se non è possibile stabilirne l'esatto utilizzo, non avendo i dati definitivi sul consumo di cereali miscelati con il digestato proveniente dagli allevamenti intensivi, è da considerarsi l'ingente consumo di acqua.
  4. Le emissioni odorigene, già sperimentate nella vicinanza di impianti già esistenti, danneggiano sia la salute di chi abita nelle zone adiacenti, che il valore delle proprietà.
  5. Non è credibile il limitato numero di trasporti del digestato all'impianto dichiarato visto il tonnellaggio previsto nel progetto… e non vengono specificati i percorsi, vista la lontananza dai vari allevamenti da utilizzare.

Il tutto tratto da dati Ispra.

Infine l'intervento di Legambiente nel suo presidente Pier Luigi Rizzi che pur non essendo contro il Biometano a prescindere, non concorda sulla localizzazione scelta e ne spiega i motivi

In merito al nuovo progetto che A2A presenterà e che sarà sottoposto a V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale), il Circolo Vedo Verde Legambiente Cremona chiede una puntuale verifica di compatibilità della localizzazione rispetto alla strumentazione urbanistica vigente locale e ovra comunale (PTR, PTCP, PGT), alla presenza di un Corridoio Ecologico Primario, ai vincoli paesaggistici e idrogeologici e alla coerenza con la preesistenza del PLIS del Po e del Morbasco, il cui quadro pianificatore e normativo è di seguito sintetizzato: 

  1. Area prioritaria per la biodiversità n. 25 “Fiume Po”.
  2. PLIS del Po e del Morbasco che rappresenta una forma di tutela normata dal P.G.T. finalizzata al recupero e valorizzazione e risanamento (anche mediante trasferimento  di funzioni improprie e incompatibili con superamento delle situazioni di degrado e  inquinamento) dei caratteri paesaggistici, storici, ambientali, naturalistici ed agricoli del  territorio laddove prioritario appare pertanto l'obiettivo di salvaguardare i suoli esistenti  evitando altro consumo di suolo.
  3. Ambito agricolo strategico di rilevanza ecologico-ambientale e paesaggistica che prevede il mantenimento, valorizzazione e promozione dell'agricoltura, sulla base  dell'elevato valore agronomico dei suoli e degli spiccati caratteri paesaggistici e ambientali laddove non sono ammessi impianti per la produzione di energia rinnovabile da fonte  agricola superiori a 100 Kwa ex DM 6/02/2012.
  4. Relazione geologica e di caratterizzazione Geotecnica che evidenzia la presenza di falda caratterizzata da notevoli escursioni piezometriche. 
  5. Grado di sensibilità del Paesaggio. 

Il Circolo chiede inoltre informazioni dettagliate circa la dieta dell'impianto.

Purtroppo, la conclusione della maggioranza non è stata per noi soddisfacente... Si sono arroccati su argomentazioni che non hanno risposto minimamente alle nostre preoccupazioni, mettendola in una pura contestazione politica, cosa che come va ribadito il presidente del comitato BiometaNo, noi siamo assolutamente sopra ogni schieramento politico.

Piuttosto ascoltino gli enti preposti, ARPA, ATS, la Provincia e tutti gli istituti che possono dare delle risposte concrete ai nostri timori, come ISDE, Salviamo il Paesaggio Cremonese, Cremasco, Casalasco e gli altri comitati che già hanno portato avanti le medesime battaglie.

Una “terza area industriale a pezzettini”

Mi inserisco nel vivace dibattito scaturito dalla richiesta avanzata dalla multiulity A2A di realizzare un impianto per la produzione di biometano nel parco sovraccomunale del Po e del Morbasco, all'interno del complesso industriale già occupato dalla discarica dismessa di San Rocco, dal termovalorizzatore e dal meno conosciuto impianto a biomasse legnose, a sua volta già realizzato e messo in funzione ad insaputa della residenza?? nella zona. Trovo sia molto positiva la decisione, fino a pochi giorni fa tutt'altro che scontata nonostante le chiare indicazioni normative, di assoggettare l'opera all'iter di Valutazione di Impatto Ambientale. È evidente che le questioni sollevate in queste ultime settimane da chi si oppone alla realizzazione del nuovo impianto non erano peregrine e che chiunque avesse pensato di poter procedere speditamente alla sua realizzazione ne stava gravemente sottovalutando l'impatto. Seguiremo attentamente l'iter e misureremo sul campo l'effe??va volontà di approfondire con rigore ogni aspetto che possa arrecare pregiudizio per l'ambiente e le persone. Ma in questa sede non mi fermerò ai soli aspetti procedurali.

Per meglio comprendere il contesto ambientale e sociale nel quale questo nuovo progetto va ad inserirsi, configurando quella che definirei la “terza area industriale a pezzettini”, è necessario ricordare che il quesito del referendum consultivo del 1994 (il cui esito fu poi violato dalla scelta di costruire comunque l'inceneritore) riguardava precisamente la localizzazione dell'impianto in quel sito, ritenuto inidoneo anche sulla base di uno studio realizzato, ai tempi, dall'ENEA.

Oggi come allora è nota la capacità delle aree industriali di generare automaticamente nuove trasformazioni perché nel tempo, a prescindere dalla loro compatibilità con il contesto di prossimità alla città, sono le logiche economiche e produttive, quando non quella speculative, a spingere verso la colonizzazione dei sito sui quali esse insistono.

Tant'è, che nella relazione di studio preliminare ambientale depositata da A2A, la scelta del sito in cui realizzare il nuovo impianto è motivata proprio dalla sua vicinanza “all'impianto a biomasse legnose di Linea Green S.p.A. e a poche centinaia di metri dal termovalorizzatore di Linea Ambiente Srl, in un contesto quindi già fortemente antropizzato, nel quale sono già presenti impianti tecnologici per la produzione di energia…”

Non gli oppositori alla realizzazione dell'impianto, quindi, ma la stessa azienda proponente ammette che “negli ultimi decenni il contesto rurale tipico della pianura cremonese che caratterizza il sito è stato progressivamente affiancato da fasce sempre più ampie di antropizzazione che sono giunte a lambire l'area oggetto di intervento”.

Il tempo è sempre galantuomo; il popolo del referendum aveva visto lontano: a prescindere dalle effimere garanzie fornite dagli amministratori del momento, la colonizzazione industriale del Parco del Po e del Morbasco procede inesorabile con tanto di varianti urbanistiche realizzate ad hoc. Le stesse compensazioni, nel lungo periodo, lasciano sempre il tempo che trovano, essendo ben altra cosa rispetto alle misure di riduzione delle emissioni e del consumo di suolo.

Prova ne sia che sempre all'interno del progetto Cremona 20/30 sono presenti ulteriori insediamenti futuri ancora più estesi che progressivamente continueranno a divorare il Parco, accerchiando sempre più le abitazioni ed incrementando l'impronta ambientale di quel sistema industriale nel suo complesso.

Lasciando all'ufficio stampa dei propone la comunicazione edulcorata e rassicurante circa le meravigliose proprietà ambientali del mega digestore ed in attesa degli sviluppi della VIA, pare u??le riflettere accuratamente sull'opportunità di portare in città una produzione che convoglierebbe a ridosso delle case senza adeguate infrastrutture viarie flussi ingenti di mezzi inquinanti con un carico di 94.000 tonnellate all'anno di reflui zootecnici, scarti alimentari e cereali (20.000 tonnellate all'anno coltivate in campo aperto esclusivamente per alimentare la fabbrica del gas!).

Il tutto all'interno di un ciclo produttivo mostruosamente idrovoro che, come noto, genera emissioni nauseabonde percepibili stabilmente anche a distanze considerevoli, particolato sottile in quantità ingente (sia primario che secondario) e, come noto in letteratura, altre emissioni di sostanze e microorganismi pericolosi per l'ambiente e la salute sia umana che animale, disperse sul territorio attraverso le 70.000 tonnellate all'anno di digestato in uscita.

Da queste considerazioni scaturisce un'ulteriore questione cruciale: l'utilizzo improprio e strumentale del concetto di economia circolare per giustificare una tecnologia estremamente impattante.

Improprio perché questo processo industriale non è caratterizzato da sole catene chiuse; tant'è che, nei piani di finanziamento dell'UE questa tipologia di impianto è inserita nella missione energia (M2C2) e non in quella dell'economia circolare (M2C1).

Strumentale, perché frutto di una comunicazione che, lasciando trapelare solo messaggi rassicuranti per l'opinione pubblica, pretenderebbe di far atterrare a 2,5 km dal Torrazzo, in una città collocata nel cuore profondo di uno dei territori più inquinati al mondo un impianto che con gli obiettivi di decarbonizzazione ha poco da spartire, in quanto estrae carbonio dalla materia organica per destinarlo a finire in atmosfera sotto forma di CO2 a seguito della combustione del metano ricavato. Il tutto in barba agli obiettivi internazionali sulla riduzione delle emissioni climalteranti che richiederebbero all'agricoltura di sequestrare nel terreno quanto più carbonio possibile.

Ebbene, se da residenti nella zona dubitiamo che eventuali opere compensative possano risarcire i proprietari delle civili abitazioni della zona dalle conseguenze sulla propria salute derivanti dalle emissioni dell'impianto e dalla inesorabile svalutazione del valore di mercato del proprio patrimonio immobiliare, alla luce di queste considerazioni non possiamo consentire che la resistenza montante alla realizzazione di questo impianto venga derubricata a fenomeno di “fisiologica” riottosità ad accettare la presenza di impianti in prossimità del proprio ambiente di vita. In primis perché, obtorto collo, la presenza trentennale di mostri “nel nostro giardino” già ci è stata imposta; in secondo luogo perché non possono essere tralasciate la cultura e l'esperienza poli??ca ed amministra??va che contraddistinguono, oltre che il sottoscritto, anche mol?? altri firmatari delle petizioni in opposizione all'impianto.

Ed è proprio da ex amministratore di questa città che introduco la considerazione conclusiva di questo mio contributo al dibattito, in quanto fu proprio nella veste di consigliere comunale di maggioranza che durante il primo mandato Galimberti votai a favore degli atti di indirizzo politico che consentirono ad AEM di procedere, con atti successivi, alla ratifica della partnership tra LGH ed A2A, nel contesto del rafforzamento della cosiddetta Multiutility dei territori.

Oggi come allora resto convinto che quell'indirizzo fosse necessario per aprire la strada al risanamento della grave posizione debitoria della patrimoniale del Comune e per la tutela dei numerosi posti di lavoro in gioco nelle aziende del gruppo LGH, sempre meno competitive in un mercato molto aggressivo. Oggi come allora condivido con il Sindaco la soddisfazione per l'esito di quelle scelte che, ispirate alla difesa del patrimonio cittadino, hanno consentito di ripianare in brevissimo tempo i conti di AEM che è tornata a distribuire dividendi indispensabili per gli equilibri del bilancio comunale. Oggi come allora sono fiero di aver tutelato famiglie, aziende costruite con investimenti del territorio nei decenni precedenti, servizi essenziali di qualità. Ma è con quello stesso spirito che oggi faccio appello alla politica affinché ascolti e raccolga il forte grido di una comunità che continua a pagare a carissimo prezzo le conseguenze di modelli di sviluppo incompatibili con le caratteristiche climatiche e geografiche della Pianura Padana, se si considera che nella sola provincia di Cremona sono già a??vi circa 170 impianti per la produzione di biogas. A mio avviso, quindi, la politica cremonese si trova oggi a un bivio: può provare richiudere la ferita democratica aperta in città dallo strappo di trent'anni fa dando un segnale di prossimità al sentimento profondo dei cittadini che chiedono di non portare in città questa tecnologia così impattante o arroccarsi sulla linea dell'autoreferenzialità e cedere alle spinte speculative di operatori che si propongono di far fronte alla crisi energetica contingente, incurante delle conseguenze ambientali a breve, medio e lungo periodo e delle lacerazioni sociali che questo modello di sviluppo industriale continua a generare, anche nelle comunità locali.

Luigi Lipara
Luigi Lipara

Il teorema di Guido Nardoni: chi vende non è più suo

Il lettore ed amico Luigi Lipara interviene, con larghezza di agganci fattuali e deciso spirito di testimonianza civica, su un tema che, anche grazie il contributo divulgativo della nostra testata, ha preso il largo nel confronto in corso nell'opinione pubblica e nel sistema politico-istituzionale locale.

Secondo un percorso probabilmente ritenuto, per sottovalutazione e/o per arroganza, non probabile.

Del che dovrebbe cominciare a dolersi o a interrogarsi la governance municipale più che la multi utility che ha ritenuto fosse già nel sacco il progetto di un insediamento, capace, invece, di rivelare lati inaspettati di pensiero critico diffuso. Da parte dei cittadini, specie quelli più direttamente interessati, come da parte dell'Amministrazione dei Comuni contigui al Capoluogo e alla zona dell'insediamento.

Se, come ci viene sussurrato, il tema, anziché essere motivo di precauzione, fosse stato percepito, invece, come “fiore all'occhiello” della Giunta in carica e in scadenza…allora si toccherebbe il punto più alto di surrealismo.

Il dibattito proseguirà, in tutte le sue varianti, a cominciare dalla mobilitazione di cui ha preso la testa il Sindaco del Comune di Gerre Caprioli.

Balza all'evidenza di tutti un dato ribadito da Lipara, circa il “guinzaglio corto” di cui dispone il Comune a livello di prerogativa di tutela dei suoi cittadini.

Nel corso dell'ultimo trentennio, dalle “giunte anamole” in poi la governance ha fatto di tutto (anche più del “ventennio”) per demolire il modello di gestione municipalizzata dei servizi collettivi primaria, incardinati dalla prima giunta socialista del 1914.

Parlare di convergenza in un sistema sovraccomunale vuol dire essere fuori dalla realtà. Forse anche un po' mentire. Cremona rappresenta meno dell'1% nell'asset azionario della Multiutility che gestisce i servizi e, dal punto di vista strategico, fa quel che vuole. Per quanto in posizione molto marginale, l'ex Municipalizzata (partecipata dal Comune), esprime da tempo una propria rappresentanza in senso ai Consigli delle Società. A chi rispondono?

In ogni caso, come azzarda il Nardoni “chi vende non è più suo”. E questo, insieme alla tenue capacità percettiva del governo comunale, è il vero busillis.

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