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L'EcoRassegna della stampa correlata - "Focus Ucraina/5"

Di Domenico Cacopardo e Mauro Del Bue

  06/03/2022

Di Redazione

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Francamente, fintanto che i nostri due interlocutori, Domenico Cacopardo, editorialista della Gazzetta di Parma (e molte altre importanti cose) e Mauro Del Bue, direttore ed editorialista di Avantionline generosamente ce lo consentiranno, questo dorso de L'ECO DEL Popolo dedicato alla crisi Ucraina, potrà dispensare ai propri lettori importanti pezzi di analisi politica, capaci di reggere il confronto con le testate più accreditate. 

Perliminarmente segnaliamo l'utilità di iniziare la lettura da Piccolo dizionario di guerra di Domenico Cacopardo. Un accompagnamento propedeutico che servirà ai lettori a districarsi nei meandri di una narrazione che tra rimandi storici e neologismi tecnici, sta diventando veramente impegnativa. 

Da parte nostra aggiungiamo un aggiornamento, non già sugli avvenimenti in corso nello scenario di guerra (molto ben analizzati da nostri visiting columnist), bensì sui riflessi di mobilitazione delle coscienze e delle testimonianze collettive sul versante domestico. 

Confessiamo spassionatamente che le reazioni interne, in cui non mancano segnali non imprevedibili (in negativo), si sono rivelate molto più in là delle nostre previsioni. Il Paese, come si suol dire, tiene bene (dal punto di vista istituzionale e della mobilitazione popolare). Con qualche falla, bisognerebbe aggiungere. Oggi, sul Corriere, Aldo Grasso osserva: “c'è una sinistra radicale che vuole la pace, ma non si dà pace. Con cui rivendica l'omologazione dello schieramento nelle parti in causa sul versante dei ben noti “partigiani della pace”, sventolando le bandiere arcobaleno e affrontando a mani nude i carrarmati russi e, occorrendo, le armi atomiche”. Il riferimento è chiaro e punta alla manifestazione di ieri, plurale espressione dell'arcobalenismo e a trazione anteriore Landini (nomen homen). Si sta ovviamente dalla parte degli oppressi, ma questo pacifismo “a mani nude”, rivela ascendenze con scheletri nell'armadio. “Neutralità attiva” appare sempre più lo slogan concepito per polarizzare una mobilitazione suscettibile di distinguersi. Una locuzione ambigua che finisce con l'approdare ad un'equivalenza tra aggressori ed aggrediti. E, conseguentemente a fare il gioco degli aggrediti. Essendo evidente, come molti opinionisti stanno considerando, che lo status quo, il fermo immagine della situazione significa spezzare un territorio sovrano in aree occupate dall'aggressore, costituendo il massimo della privazione dell'identità e della libertà. 

Certo che nessuno pensa di allargare il raggio dello scontro bellico, soprattutto a livello di escalation con l'impiego nucleare. 

Non v'è in ogni caso chi non veda che la “Neutralità attiva” non farà compiere passi in avanti all'impegno dissuasivo nei confronti dell'oppressore. 

Non avremmo mai immaginato di tornare all'impiego di concetti e locuzioni, considerate delisted dagli scenari di inizio terzo millennio. 

Ma è così. E sarà bene, per il proprio bene, che l'Europa, sia pure sostenuta dal prevalent partner atlantico (che sta comunque a 5000 chilometri) torni sui suoi passi. Torni alla casella 1, in materia di politica estera comune e difesa comune. (e.v.

Piccolo dizionario di guerra* 

Nota preliminare: questo è un lavoro in progress che, eventualmente, aggiorneremo tra qualche tempo. Riproduce informazioni disponibili sul web o tratte dalla stampa, New York Times compreso. Rende comunque necessaria una precisazione: questa guerra è una guerra che coinvolge due popoli fratelli nei secoli. Migliaia sono le famiglie che vivono nelle due nazioni. Mentre, quindi, è una guerra tout court, sanguinosa e totale, reca in sé una componente di guerra civile che la rende spesso ancora più efferata. Le parti in conflitto nel Donbass si accusano reciprocamente di uccisione di bambini e di attacchi a ospedali e scuole. Nell'impossibilità di esprimere, per ora, un giudizio puntuale e articolato su quanto sta accadendo, richiamo l'attenzione su un fatto incontestabile: questa guerra vede all'opera un aggressore e un aggredito. Un aggressore ben più potente e forte dell'aggredito. Per ora, è questa la bussola che può orientare il giudizio sulla tragedia in corso.  

Babij Jar Non lontano dalla città di Kiev era il fossato nel quale furono fucilati tra il 29 e 30 settembre del 1941 33.771 (l'«Operazione Barbarossa», l'attacco cioè all'Unione sovietica era iniziata il 22 giugno 1941 e quindi, il massacro degli ebrei di Kiev era pianificato sin da prima che le armate tedesche attaccassero l'URSS). È diventato un luogo di tragiche memorie nel quale è stato eretto un Sacrario. Nella notte tra il 28 febbraio e il 1° marzo 2022, le artiglierie russe hanno bombardato e distrutto il Sacrario.   

Bombe termo-bariche Sono i più potenti esplosivi non nucleari che esistano: si tratta di un tipo particolare di ordigno che, nelle sue versioni più grandi, è in grado di causare deflagrazioni più potenti di quelle di un piccolo ordigno nucleare. Opera bruciando in pochi millesimi di secondo tutto l'ossigeno disponibile in un'area variabile, normalmente tra i 60 e i 100 ml. Il governo ucraino ha dichiarato che lunedì 28 febbraio le forze armate russe hanno lanciato una di queste bombe.  

Boryspil' Aeroporto civile di Kiev, situato nei pressi dell'omonima città. Teatro di feroci combattimenti.  

Bunker Piccola costruzione fortificata, teoricamente capace di resistere alle bombe tradizionali. In Ucraina, gli scantinati dei condomini vengono utilizzati come bunker provvisori nei quali riparare la popolazione civile.  

Carri armati In Ucraina sono in prevalenza russi: T-72 BM, T-80, T-90A Vladimir e, più moderno, il T-14 Armata (è sfilato sulla piazza Rossa in occasione dell'anniversario 2021 della vittoria (7 maggio 1945).  

Centrali nucleari In Ucraina vi sono 4 importanti centrali nucleari con 15 reattori che producono complessivamente 13.823 megawatt, con i quali veniva coperto il 55% del fabbisogno della nazione. Forze russe, nella notte tra il 3 e il 4 marzo hanno preso il controllo della centrale nucleare con 6 reattori di Enerhodar. Un incendio, poi domato, è scoppiato nella centrale.  Cittadini disarmati sono scesi in strada a migliaia cercando di fermare i carri armati russi.  

Cluster bombs o bombe a grappolo Vietate dagli accordi internazionali (non sottoscritti da Paesi come Russia, Ucraina e Stati Uniti) e messe al bando dall'ONU, le bombe a grappolo (in inglese cluster bombs) sono ordigni che al loro interno contengono altre munizioni. La loro esplosione diffonde altri proiettili o frammenti idonei a colpire, in modo mortale o con gravi ferite, le persone in un certo raggio. Sono state usate a Falluja e ad Aleppo. Per la loro natura servono soprattutto nei confronti della popolazione civile.  

Crimea Penisola che si affaccia sul mar Nero. Pur essendo territorio ucraino è abitata da una importante comunità russofona. È stata occupata dalle truppe russe nel marzo 2014, pochi giorni dopo l'estromissione da Kiev del presidente filorusso Yanucovich. A seguito dell'arrivo dell'Armata rossa, è stato indetto un plebiscito che ha sancito l'ingresso della Crimea nella federazione russa.  

Dniepr Detto anche Nipro è il quarto fiume d'Europa, navigabile.  

Donbass Regione ucraina russofona, ribellatasi nel 2014, poco dopo l'estromissione del presidente Yanucovich, originario della zona. Le comunità russofone, finanziate e assistite (anche con milizie) dal governo russo dettero inizio alle ostilità nell'aprile del 2014, in contemporanea con la conquista della Crimea e di Sebastopoli. I separatisti costituirono due repubbliche, quella di Doneck e quella di Lugansk, in questi giorni riconosciute dalla Russia e integrate nella federazione russa. Dalla rivolta, una guerriglia endemica è continuata tra ucraini e russofoni con reciproche atrocità.  

Duma Assemblea legislativa della Federazione russa. Maggioranza Russia giusta, partito che si richiama a Putin.  

Hostomel Aeroporto di Kiev destinato al traffico cargo.  

Kharkiv Seconda città ucraina, importante snodo ferroviario e autostradale. Nelle vicinanze miniere e cave di carbone e giacimenti di ferro. Importanti industrie metalmeccaniche e siderurgiche. Fu una delle sedi del comando dell'Armir, il corpo di spedizione italiano in Russia nella II guerra mondiale. È in corso la battaglia per conquistare la città. L'armata russa ha lanciato nei pressi una divisione di paracadutisti. Si tratta di guerriglia urbana, nella quale i difensori sono favoriti nel breve, ma che poi, alla lunga, mano a mano che gli attaccanti avanzano e rendono l'assedio impenetrabile vede fatalmente prevalere gli invasori (Cfr. l'attacco nazista ai patrioti polacchi sollevatisi a Varsavia).  

Kherson Città di poco meno di 300.000 abitanti, è situata nella zona del Dnepr. È stata conquistata dai russi. Ripresa dagli ucraini sembra tornata parzialmente in mani russe. Appena dopo la prima occupazione russa, ha visto il primo corteo di cittadini ucraini che manifestavano per la loro patria. 

Lavrov Sergej Victorovic Ministro degli esteri russo. Ha iniziato la sua carriera di diplomatico nel 1976. Ne ha percorso tutti i gradi sino a diventare nel marzo 2004, capo dell'amministrazione degli esteri. In quanto tale è stato sempre il fedele servitore delle decisioni di Putin, capace di sostenere, come verità assolute, totali mistificazioni della storia. Ultima delle quali la definizione degli Usa come potenza nazista che avrebbe asservito l'Europa.  

Leopoli (L'viv) Città di 730.000 abitanti nell'Ovest dell'Ucraina. Fu il capoluogo della Galizia e fece parte dell'Impero austriaco. Dopo la caduta dell'impero, venne contesa da polacchi e ucraini che, nel 1919, vi costituirono la Repubblica popolare ucraina occidentale. Nel secondo dopo-guerra Leopoli divenne parte dell'Ucraina e, quindi, dell'Urss. La Galizia, tuttavia, presenta vaste comunità polacca e tedesca. Esse insieme alla comunità ucraina intendono difendere la città da un eventuale prossimo attacco russo. Leopoli è ben fortificata e presidiata da forze regolari e milizie.  

Mariupol (Mariopoli) Centro portuale dell'Ucraina sudorientale, situata nell'oblast' (ripartizione amministrativa di rango superiore alla provincia, ma non ‘statò) di Donec'k, città già ucraina a maggioranza russofona capitale de facto dell'autoproclamata Repubblica Popolare di Doneck. Mariupol si trova sulla costa settentrionale del mar d'Azov, alle foci del fiume Kal'mius. Era la decima città dell'Ucraina. La popolazione della città è composta da due metà di cittadini, russofoni e ucraini. A presidio della città, oltre alle truppe ucraine, è schierata la brigata Azov, di irregolari con simpatie naziste, associata all'esercito regolare.  

Missile anticarro Javelin guidato da raggi infrarossi. Costruito in USA si sta rivelando estremamente efficace nella distruzione dei carri armati russi. Pesa kg. 22.  

Missile anticarro NLAW, anglo-svedese, molto efficace. Accende il motore dopo qualche secondo dall'invio per evitare l'individuazione del lanciatore. Si dirige automaticamente contro la torretta. Pesa solo kg. 12.  

Missile anticarro Panzerfaust 3, tedesco, evoluzione del Panzerfaust della II guerra mondiale. È privo di guida elettronica. Pesa soltanto kg. 3.300. Molto facile d a utilizzare anche dai civili.  

Nofly-zone Territorio sul quale vige il divieto di sorvolo, una sorta di neutralizzazione dello spazio aereo del territorio medesimo. Nel 1992, terminata la I guerra dell'Iraq venne imposto nel Nord del paese per evitare che le forze aeree di Saddam Hussein attaccassero i ribelli curdi. Nel 1993-1995 fu imposta dall'Onu sulla Bosnia e sull'Erzegovina. Numerosi altri esempi, come il Sud dell'Iraq, il Kosovo, la Libia. Il blocco dello spazio areo, nel caso ucraino, non sarebbe di certo osservato dalle forze aeree russe, attaccanti, e aprirebbe la strada alla III guerra mondiale.   

Odessa Città portuale a maggioranza ucraina. Principale porto del mar Nero deve la sua fondazione alla zarina Caterina la grande che volle popolare la zona con contadini tedeschi e russi, artigiani ebrei e italiani. Fu costruita da grandi architetti italiani che la resero una delle città più belle e scenografiche del mondo. 

Porošenko, Petro Oleksijovyc Presidente della repubblica ucraina da 7 giugno 2014 al 20 maggio 2019. Fondatore del movimento di centro-sinistra Solidarietà, vince le elezioni successive alla caduta di Yanukovich. Filo-occidentale, si è molto impegnato nella decomunistizzazione del paese con leggi che equiparavano i regimi comunista e nazista. Durante il suo mandato il parlamento ha disposto il riconoscimento giuridico di coloro che hanno combattuto per l'indipendenza dell'Ucraina.  

Putin, Vladimir Presidente della Federazione russa. In carica dal 7 maggio 2012. Il mandato, in scadenza nel 2024, è prorogato in virtù di un emendamento costituzionale. Rieletto a stragrande maggioranza nel 2018, controlla altresì la maggioranza dei deputati della Duma. Molte le accuse di repressione delle libertà civili e di persecuzione degli oppositori, alcuni dei quali sono stati assassinati in circostanze misteriose. È intervenuto, mediante strumenti di disinformazione via rete nell'ultima campagna elettorale americana contro Biden e, in precedenza, contro Hillary Clinton. Negli ultimi anni emerge con sempre maggiore forza il culto della sua personalità, cui contribuisce un distorto e spesso completamente falso racconto della storia. Sebastopoli Antica fortezza della Crimea a maggioranza russofona. È stata occupata dalle truppe russe nel marzo 2014 (cfr. Crimea). Durante la Guerra di Crimea (1855) sbarcò qui il corpo di spedizione del Regno del Piemonte, forte di 18.000 uomini. 

Slava Ukraini Onore all'Ucraina, motto e grido patriottico popolare.  

Specsnaz «Forze per incarichi speciali» sovietiche e poi della federazione russa. Ce ne sono di appartenenti alle forze armate regolari e di appartenenti al KGB. Operano al di fuori delle convenzioni internazionali. Presenti in Ucraina. 

Yanukovich Victor Presidente della repubblica ucraina dal 2010 al 2014. Si dice che abbia rinunciato alla cittadinanza ucraina per quella russa. È nato nella zona del Dnepr. La sua elezione, nel 2010, si realizzò al primo turno, mentre il mandato si svolse tra i contrasti. Yanukovich, filorusso, cercò di ostacolare il processo di avvicinamento dell'Ucraina all'Unione europea di alcuni partiti della sua maggioranza sino a sospendere l'accordo di cooperazione già stipulato. Nel 2013, il dissenso si coagulò in manifestazioni popolari («euromaidan») che vennero represse con crescente durezza, sino a lasciare una scia di sangue nelle piazze. Il 20 febbraio le forze di sicurezza uccidono 100 manifestanti, mentre molti appartenenti alle medesime forze si rifiutano di sparare sulla folla. Il 22 febbraio 2014, Yanukovich fugge in Russia. Viene processato e condannato a 14 anni di detenzione (mai iniziata) anche sulla base di una sua lettera, esibita nel dibattimento, con la quale chiedeva a Putin di inviare truppe. Tra le forze politiche schieratesi contro Yanukovich va annoverato il partito di ispirazione neonazista, Pravyi Sektor, cui apparterrebbero alcune milizie schierate a Mariopol e a Leopoli  

Yuzhnoukrainsk o South Ucraine La seconda più grande centrale atomica ucraina. Colonne russe in avvicinamento.  

Zaporizhzhia La più grande centrale nucleare d'Europa, di recente bombardata e conquistata dai russi. 

Zelens'kyj Volodymyr Presidente della repubblica ucraina dal 20 maggio 2019. Dopo avere lanciato con successo il programma televisivo «Sluha Narodu» (Servitore del popolo) nel marzo 2018 costituisce il partito con il medesimo nome, dalla linea europeista e di moralizzazione della politica. Dopo essere stato eletto, scioglie il parlamento e nelle successive elezioni il suo partito «Sluha Narodu» ottiene la maggioranza. 

La guerra continua, l'Italia incespica 

L'apertura emersa nei colloqui bilaterali di giovedì verso l'istituzione di corridoi umanitari che consentano ai civili di abbandonare le zone e, soprattutto, le città in guerra e di trasportare medicinali e viveri nei luoghi critici è in linea di principio una buona notizia. Non possiamo, però, trascurare che: l'esistenza e la sicurezza dei corridoi è affidata all'armata assediante e quindi a una delle parti in causa; i corridoi permettono sì di sgombrare le città, ma questo comporta la loro desertificazioni e quindi il disco verde alla politica di raderle al suolo rendendo impossibile la sopravvivenza dei difensori. 

Il presidente Volodimyr Zelenskj e la delegazione ucraina hanno fatto bene ad accettare questa possibilità, ma essi sanno benissimo che i corridoi sono il viatico per la terza fase della guerra, la cosiddetta «fase siriana», in cui artiglierie e aerei bombardano le città in modo da azzerare le capacità belliche dei resistenti. Un modo per conquistarle minimizzando le perdite degli attaccanti e per evitare che la brutale criminalità esercitata sia nascosta dalla distanza posta tra le batterie e i luoghi colpiti. 

Peraltro, la guerra continua, non c'è tregua e i corridoi umanitari dovranno convivere con bombardamenti e carneficine. 

Naturalmente ogni illusione è da tempo caduta. Questa è una lotta mortale, nella quale uno dei due contendenti deve scomparire dalla faccia della terra in gloria del criminale dalle mani lorde di sangue ucraino e russo che siede al Kremlino. 

Si sta ripetendo in misura elevata all'ennesima potenza la tragedia ungherese, nel pieno della quale le autorità di Budapest chiesero alla Nato e agli Stati Uniti di intervenire a sostegno degli insorti. Oggi, come allora, fu risposto a chi si batteva per la libertà e per la libertà della propria patria che no, non era e non è possibile, giacché si scatenerebbe di certo la III guerra mondiale di cui, secondo alcuni, l'attacco all'Ucraina sarebbe il primo passo. 

Detto questo, occorre capire che la guerra non è perduta. Dipende dalle capacità di resistenza e di attacco dei patrioti ucraini di fronte ai quali, almeno sino a ora, sono stati inviati in linea giovanissimi coscritti russi, del tutto impreparati alla guerra e alle sue crudeltà. I sabotaggi operati dagli stessi nei confronti dei loro mezzi corazzati e dei trasporti (ampiamente confermati e documentati) sono uno dei tanti sintomi della faciloneria con la quale s'era mosso il Kremlino e i comandi alle sue dipendenze, immaginando che l'invasione dell'Ucraina (Slava Ukraini!) fosse poco meno di una passeggiata di piacere. 

Anche in Russia come a Berlino il dittatore riceve le informazioni che gradisce ricevere e, quindi, ha una visione distorta e ottimistica delle situazioni sul campo. Peraltro, sono già entrati in linea i paracadutisti e le truppe d'assalto, esperti tutti nella guerra e nella guerriglia e pronti a combattere con determinazione e professionalità: a essi sarà affidata la ripulitura delle macerie dai resti dei combattenti ucraini. 

C'è un altro elemento su cui si potrebbe contare. Riguarda il sentiment dei russi al di sotto dei 50, che sembra un sentiment decisamente contrario alla guerra (il Kremlino ha ordinato di chiamare «operazione militare» -difensiva- l'attacco all'Ucraina con una ridicola e manipolante legge approvata dalla Duma, nelle vesti di Politburo stalinista) e che potrebbe diventare prevalente alla luce di ciò che sta già accadendo in Russia: la più grande crisi economica e finanziaria dal 1991, con l'evaporazione dei risparmi dei cittadini, il default delle imprese, il crollo del rublo (già avvenuto) e la perdita degli ingenti patrimoni degli oligarchi depositati nel Regno Unito e in Svizzera (che, tradendo, il suo tradizionale neutralismo, ha aderito al sistema di sanzioni applicato dall'Unione europea e dagli Stati Uniti). 

Se accadrà ciò che potrebbe accadere l'aggressione all'Ucraina avrebbe una risposta a Mosca con la crisi del regime: spesso nella storia sono l'economia e la società che decretano la fine delle tirannie. E questa possibilità è oggi particolarmente presente, particolarmente possibile, particolarmente auspicabile. 

Qui da noi, è il solito spettacolo deprimente: da Matteo Salvini (cui giovedì Mattia Feltri ha dedicato un fulminante Buongiorno) che non sa come e dove muoversi e comunque manifesta un'agitazione infantilistica e del tutto inutile, ai vari personaggi più o meno compromessi con la Russia incapaci di affrontare la situazione e i propri errori a viso aperto. 

Questa tragedia ci è utile per osservare e pesare i vari protagonisti della vicenda nazionale. Probabilmente, avrà i suoi ragionevoli effetti nelle elezioni della prossima primavera. Ma la tragedia che ha colpito l'Europa e che prolungherà i suoi effetti per alcuni anni imporrebbe a Mario Draghi di rinunciare alle voglie di ritiro per accettare ciò che gli italiani si aspettano da lui: la permanenza a Palazzo Chigi per continuare nella determinata e consapevole leadership che ha sin qui manifestato.  

Gentile dottor Mario Draghi si guardi in giro e osservi tutti i possibili successori in circolazione. Da patriota decida di continuare a servire il suo Paese. 

Serve fermezza

Siamo all'ottavo giorno della guerra che il Golia russo ha scatenato contro il Davide ucraino. 

Il confronto non illuda, anche se ci sono alcune reali possibilità che lo scontro si concluda con il successo di Davide. 

Indentiamoci: non pensiamo a una vittoria in campo aperto per l'Ucraina. A essa va rivolto il saluto che i suoi civili e i suoi combattenti le rivolgono ovunque siano: «Slava Ukraini!» Cioè Gloria all'Ucraina. Infatti, ovunque in tutto il territorio ucraino, eroicamente, i soldati e i civili militarizzati combattono casa per casa, finestra per finestra contro gli invasori, mettendoli in serie difficoltà. Tanto è vero che la brutale aggressione dell'Armata rossa si sta concentrando sull'assedio delle città accompagnato dai bombardamenti delle artiglierie (famose per efficienza sin dai tempi dell'invasione di Napoleone sino guerra patriottica 1941-1945). Ciò significa affamare e assetare gli assediati sino al loro cedimento fisico e alla resa. Non tutto, però, è così scontato. 

Le capacità di resistenza di una popolazione ancorché stremata sono infinite. Basti ricordare l'Assedio di Leningrado, durato 2 anni e 5 mesi, dall'8 settembre 1941 al 27 gennaio 1944, nonostante tanti morti per fame e per sete, e la netta prevalenza numerica della Wehrmacht. Il che significa che non è solo la forza dell'aggressore a determinare l'esito della battaglia, ma anche la decisione, lo spirito di sacrificio e il patriottismo dell'aggredito. 

In qualche modo, il mutamento di tattica da parte dell'Armata rossa segna una prima e seria battuta d'arresto nell'invasione. All'evidenza, i comandi russi temono l'ingresso nelle città ucraine sia sotto il profilo delle perdite che sotto quello, imprevisto, delle diserzioni (documentate ampiamente dal New York Times). 

Le minacce russe rivolte alla comunità internazionale sono un altro sintomo delle difficoltà che Putin, ormai nelle vesti di criminale di guerra, sta incontrando anche in patria. 

Di queste difficoltà è manifestazione esplicita anche la lettera che l'ambasciatore russo in Italia Sergey Razov ha diretto ai componenti delle commissioni “Esteri” del Parlamento italiano, per conto del suo ministro degli affari esteri Sergeej Lavrov (un von Ribbentrop redivivo che ha venduto la sua dignità umana e professionale all'autocrate del Kremlino). 

In essa si legge tra l'altro che «La maschera "pacifista" dell'Europa è caduta, ora che Bruxelles ha armato Kyiv contro Mosca: a rischio c'è l'integrità territoriale della Russia».  

Una totale inversione della verità, operata dalla più becera e primitiva propaganda del governo russo. 

Continua Ravov-Lavrov: «Le azioni dell'Unione europea non resteranno senza risposta. La Russia continuerà a perseguire i suoi interessi nazionali a prescindere dalle sanzioni e dalla loro minaccia … i cittadini e le strutture della Ue coinvolti nella fornitura di armi letali e di carburante e lubrificanti alle Forze Armate Ucraine saranno ritenuti responsabili di qualsiasi conseguenza di tali azioni nel contesto dell'operazione speciale militare in corso …» 

Si tratta, all'evidenza, di una esplicita minacciosa intimidazione a parlamentari di un libero Parlamento di un libero Paese. Non può rimanere senza risposta. E la risposta più appropriata è l'espulsione dell'ambasciatore russo che si è permesso questa ulteriore e minacciosa invasione di campo. La questione è nelle mani del governo italiano e del suo giovane ministro degli esteri: se fermezza ci deve essere è venuta l'ora di manifestarla. L'Europa ci guarda. 

Naturalmente, non giurerei sulla fermezza dei nostri parlamentari, anche perché il presidente di una delle commissioni “Esteri” Vito Petrocelli, grillino, ha votato contro le sanzioni. Ed è legittimo il dubbio che questo suo voto suggerisce sulla successiva lettera di Razov. Sono convinto che l'Aisi vigili. 

Gli italiani, la stragrande maggioranza di loro, ha compreso quale sia la posta in gioco e cosa ci sia in campo.  

Daria Kaleniuk, la giornalista ucraina che ha contestato Boris Johnson (autore di suo di una decisione particolarmente clemente nei confronti degli oligarchi russi residenti a Londra che hanno ricevuto la concessione di mesi di tempo per sistemare i loro affari e andarsene), ha affermato di fronte a lui che «La terza guerra mondiale è già iniziata», opinione questa diffusa tra molti autorevoli osservatori. È questo rischio -giacché, naturalmente, non si tratta di un ‘fattò quanto del ‘pericolo che un fatto accadà- che ci deve indurre alla fermezza. 

Come dimostra la storia cedere di fronte alle aggressioni di un regime tirannico ed espansionista ne favorisce la politica e ne accentua gli appetiti. L'abbiamo scritto più volte: l'esperienza ‘Hitler' lo testimonia in modo inconfutabile. 

L'unica via per scoraggiare Putin è la fermezza. 

E, anche per il presente e il futuro di noi italiani, dobbiamo adottarla come principio inderogabile di comportamento nella difficile, drammatica, sanguinosa contingenza attuale. 

Domenico Cacopardo

   

Le dieci falsità della propaganda filo putiniana 

Mauro Del Bue 28 Febbraio 2022 L'editoriale 

Le falsità della propaganda putiniana o filo putiniana o anti atlantica, eccole, sono dieci: 

1) Che l'Alleanza atlantica avesse promesso a Gorbaciov di non estendersi a Est. Questo contrasta col fatto che la stessa Russia nel 1991 ha ufficialmente chiesto di aderire al patto atlantico. E che ben 15 stati d'influenza ex sovietica abbiano poi aderito alla Nato senza suscitare proteste al Cremlino. 2) Che la Nato abbia deciso lei di allargarsi a Est. Follia. L'adesione è avvenuta su base volontaria. E bene ha detto Enrico Letta: “La Nato si è allargata troppo? È l'opposto. Quel che è successo dimostra che la Nato doveva far entrare l'Ucraina prima”. Non ci sarebbe stata questa ignobile aggressione. 

3) Che nel 2014 in Ucraina ci sia stato un colpo di stato addirittura nazista. Pazzia. Nel 2014 in Ucraina ci fu una rivoluzione democratica (le cause furono: la sospensione degli accordi con l'Unione europea, la corruzione governativa e la brutalità della polizia) contro un presidente filo russo Janukovic, rivoluzione che mandò al potere un governo presieduto da Poroshenko che indisse immediate elezioni politiche e scarcerò il simbolo della rivoluzione arancione del 2004 Julia Timoshenko. 

4) Che la Crimea avesse scelto legittimamente un'annessione attraverso un referendum. A parte il fatto che sui risultati di quel referendum sono sorti fondati dubbi per la massiccia presenza dei russi, basta un referendum per proclamare l'uscita di un territorio da uno stato? Allora dovrebbe valere anche per la Catalogna, per i paesi baschi domani e dopo domani per il Tirolo. Ma non è così. 

5) Che nel Donbass ci siano 14mila morti tra i cittadini filo russi. Come se l'esercito ucraino avesse deciso spietatamente di eliminare una parte dei suoi cittadini a cui avrebbe anche vietato la lingua russa nelle scuole. A parte il fatto che quest'ultima affermazione è assolutamente falsa, i morti (l'alto commissario delle Nazioni unite ne ha censiti 2084 nel 2014, 954 nel 2015 per arrivare a 26 nel 2020) sono il frutto di un conflitto che dura da otto anni, cioè dalla dichiarazione d'indipendenza dei separatisti filo russi. E sono il totale dei caduti di otto anni di guerra da una parte e dall'altra. La dichiarazione di riconoscimento delle repubbliche di Doneskt e Lugansk da parte del governo russo è un atto illegittimo che inficia il principio della sovranità degli stati. 

6) Che in Ucraina ci sia un problema di denazificazione. Il presidente dell'Ucraina Zelensky é ebreo e sono presenti nel paese 160 comunità ebraiche mai messe in pericolo da alcuna manifestazione di intolleranza. 

7) Che l'Ucraina sia anti russa. Il popolo russo e il popolo ucraino sono legati da vincoli di amicizia e di solidarietà profonda. L'Ucraina ha prestato all'Unione sovietica due segretari del Pcus ma dal 1991 è una repubblica sovrana e indipendente. Anche nella storia dell'Unione sovietica si riconosceva alle repubbliche relativa autonomia, tanto che Putin, che vuole ripristinare una sorta di impero zarista, ha per questo attaccato Lenin. Certo come in tutte le guerre e in tutte le tensioni interne anche chi combatte dalla parte giusta ha dei torti. A Odessa un gruppo di nazionalisti ha dato alle fiamme una sede del sindacato provocando numerosi morti, mentre la brigata Azov composta da nazionalisti di estrema destra ha infiltrazioni naziste. Questo però non inficia il regime ucraino che resta democratico e laico. 

8) Che Putin si senta accerchiato e voglia un'Ucraina neutrale. L'Ucraina non è nella Nato e questo gli è stato proposto fino all'ultimo giorno anche dal presidente Macron, presidente di turno dell'Unione europea. Putin vuole riconquistare i territori perduti nel 1991. Ha dichiarato guerra alla Cecenia impegnando aviazione ed esercito nella seconda guerra cecena, la prima del 1994-1996 finì con la dichiarazione d'indipendenza di quello stato. E tra il 1999 e il 2009 il conflitto sancì la vittoria russa e il reinserimento del paese nella confederazione russa. In questo secondo conflitto i morti civili sono stati circa 50mila. In Georgia nel 2008 il conflitto coi russi fu determinato, come in Ucraina, dal separatismo di Ossezia e Abkhazia, a cui i russi diedero aiuto militare e poi, come per le repubbliche del Donbass, anche il riconoscimento politico. La Georgia aveva appena chiesto di aderire alla Nato e all'Unione europea. Altre guerre si sono svolte in Azerbaijan e in Armenia, ex repubbliche sovietiche. Si può definire Putin un uomo di pace? 

9) Che si possa definire democratico l'attuale regime russo. Putin è di fatto un monarca assoluto. Ha vinto regolari elezioni? La comunità internazionale nutre al proposito fondati dubbi. Uno dei capi dell'opposizione è attualmente in carcere, mentre lo stesso presidente russo è sospettato di essere il mandante di due avvelenamenti. Attualmente tutti coloro che hanno manifestato contro la guerra, principalmente giovani, sono stati incarcerati. Un regime democratico? Fate voi… 

10) Che si svolga un incontro che possa portare alla pace a Minsky, il terzo, per tentare una mediazione tra Russia e Ucraina. La speranza è legittima sempre. Ma Putin, che adesso minaccia il mondo col nucleare, tenterà di affibbiare alla delegazione ucraina la responsabilità del fallimento giacché non potrà muoversi dalla sua pretesa di un cambio immediato di governo con la deposizione del legittimo presidente Zelensky e con la sua sostituzione con un presidente filo russo. Come avvenne in Ungheria nel 1956 e in Cecoslovacchia nel 1968. 

   

Negoziati, bombe, Europa e nuovo bipolarismo 

Mauro Del Bue 1 MARZO 2022 L'editoriale 

Il mondo tira un sospiro di sollievo dopo le folli e criminali minacce di Putin di ricorrere all'uso delle armi nucleari e all'allerta proclamato nei giorni scorsi. Il fatto che in Bielorussia si siano incontrate delegazioni ucraine e russe fissando un nuovo incontro non può che essere giudicato foriero di speranze di pace. Restano sul tappeto, a quanto pare, questioni irrisolte delle quali la prima dovrebbe essere una logica e necessaria premessa. 

La cessazione delle ostilità e delle bombe che vengono lanciate dall'esercito invasore contro obiettivi militari ma anche contro i civili non può non precedere, infatti, ogni tavolo negoziale basato sulla buona fede reciproca. Non é così e la guerra, da quanto si apprende, é diventata ancora più aggressiva. Da una parte si parla e dall'altra si muore. Che la Russia abbia posto sul tavolo la neutralità dell'Ucraina e il riconoscimento dell'annessione della Crimea e immagino, perché se no non avrebbe senso il loro riconoscimento, dell'autonomia sotto stretta protezione russa delle due repubbliche del Donbass, fa parte del gioco. Difficile che gli ucraini possano accoglierle soprattutto alla luce dei proclami di annessione dell'intera Ucraina alla Russia diffusi in queste ore su più di un organo russo e chiaramente ispirate dal tiranno di Mosca. Credo molto improbabile, anche se a una tregua si dovesse arrivare, che la comunità internazionale potrà accogliere Putin (dubito anche lo possa fare la stessa Cina) come un interlocutore. La stessa Russia pare intenzionata a non sopportare più i suoi atteggiamenti. La povertà che dilaga dopo le sanzioni si fa preoccupante, seimila sono già i giovani che hanno osato sfidare il tiranno e rinchiusi in carcere, mentre nel Palazzo sono state messe a tacere molte voci autorevoli a cominciare da quella del ministro degli Esteri Lavrov e del capo dei servizi segreti, brutalmente interrotto nel corso di una riunione le cui immagini hanno fatto il giro del mondo, mentre gli oligarchi fremono e i miliardari, come Abramovich, spingono in altre direzioni. Non è da sottovalutare l'azione di mille hacker coordinati e che sono penetrati nei siti più segreti. Anonymous sa il fatto suo. Non può bastare a Putin la silenziosa solidarietà di una prestigiosa bacchetta che perde un podio per non dissociarsi da un'invasione, al contrario di quanto ha fatto il più grande soprano lirico, Anna Netrbko. Adesso dovrà sopportare nuove privazioni e umiliazioni economiche, culturali, sportive? Fino a quando? Non può reggere. Mentre noi, in Italia, abbiamo da fare i conti col loro gas, che copre il 45 per cento del nostro fabbisogno, ma che possiamo e dobbiamo recuperare aumentando le provvigioni dall'Algeria, che tuttora ammontano al 17% del nostro fabbisogno, e dall'Azerbaigian, anche grazie alla Tap che il nostro comico (quello ucraino è serio e oggi personaggio drammatico, il nostro fa ridere anche quando parla seriamente) contestava. E se serve potremmo, come la Germania, riattivare transitoriamente le centrali a carbone. O all'estremo rivolgerci agli Stati uniti. Su questo oggi Draghi è parso alquanto rassicurante. Qui si apre la potenziale svolta mondiale che la guerra in Ucraina conseguentemente determina. Se lo scopo di Putin è quello di creare le condizioni di un nuovo bipolarismo fondato, da un lato, su una Russia che riconquisti i confini del pre 1991, e dall'altro, su un accordo con Cina, India, Corea del Nord, con evidenti obiettivi economici e politici, l'Occidente democratico deve stabilire una nuova unità e solidarietà. Innanzi tutto deve lavorare perché questo fronte non si crei, soprattutto perché non si consolidi quell'asse Mosca-Pechino che l'ideologia comunista aveva spezzato. E poi operare anche una profonda revisione al suo interno. L'Europa, con l'invio di armi letali all'Ucraina, ha legittimato un principio di intervento anche fuori dai suoi confini a un popolo che lotta per la sua libertà e indipendenza. Non era mai avvenuto prima. Ha ragione a sottolinearne l'importanza Lucia Abbatantuono nell'articolo pubblicato sul nostro Avanti. Questo è stato possibile grazie a una coesione delle diverse nazioni europee quale prima non si era mai creata. Il ruolo attivo dell'Europa, verso il cui approdo tende oggi l'Ucraina, è la vera novità politica di questi giorni e può essere la base su cui costruire un processo unitario concreto fondato su una politica estera e di difesa comuni. Anche gli Stati uniti possono, grazie alla tendenza democratica di Biden che ha sconfitto il populismo nazionalista di Trump, concorrere a questa unità favorendo aiuti ai paesi europei in difficoltà. Penso a Italia e Germania, ma anche alla Spagna, che scarseggiano di materie prime. Si fa strada dunque un nuovo orizzonte fondato su un'economia subalterna alla politica? Così era al tempo di guerra fredda, ma con l'Europa divisa in due. Oggi l'Europa, questa la vera novità, è unita e solidale. Nel campo occidentale avrà una voce dopo le scelte compiute per l'Ucraina. Una nuova solidarietà democratica e occidentale fondata su un equilibro retto dagli Usa e dall'Europa unita, senza atteggiamenti di superiorità, ma assolutamente paritario. Questo oggi è l'obiettivo, conseguenza di una tragedia e dei piani di un uomo senza scrupoli e dei suoi progetti che bisogna assolutamente saper individuare (non è difficile perché sono da lui stesso rivelati) e con forza contrastare. 

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