Pubblichiamo, su licenza dell'autore, l'ultimo editoriale della testata Avantionline, di cui è direttore, che, anche grazie alle sempre presenti tracce ironiche, aiuta, più di quanto non consenta l'editorialistica “indipendente”, a valutare acutamente “il cantiere in corso”. Sulla cui comprensione pesano sia le irrisolutezze dei players azzoppati dal venir meno di una verve strategica sia una situazione che di sé si sta ingarbugliando irreversibilmente.
Non aggiungiamo altro, perché l'articolo di Del Bue è esaustivo quanto basta e più.
Tra le varianti che l'editorialista stima possibili e edificanti c'è la scesa in campo dei socialisti italiani. Scrive, infatti, l'editorialista: “I socialisti, che celebreranno il 15-16-17 luglio a Roma il loro congresso staranno, io credo, su quest'ultima razionale posizione”.
Ovviamente ciò auspica anche chi scrive qui. Il quale avverte, dopo un percorso di periferizzazione dal baricentro politico e, diciamolo francamente, dopo un filotto di inconsiderate, surreali “pestate”, il compimento di una sorta di auto marginalizzazione (quasi rituale).
Il Congresso, nella nostra cultura militante, è la più alta assise preposta alla definizione dei progetti, che auspichiamo di rango strategico, e di selezione di un adeguato gruppo dirigente, suscettibile di rilanciare l'offerta e la presenza del socialismo italiano. Divenuta, negli ultimi anni, sempre più impercepibile nella sua portata idealistica e nella sua capacità, al di là dei numeri, di incidere nei processi di armonizzazione e convergenza di una sinistra riformista.
Speriamo, da socialisti senza tessera (o con tessera simpatizzante), che l'assise di metà luglio assuma la portata di quel forte sussulto di idealismo e di consapevolezza progettuale che fu la convention di Bertinoro. Da cui uscì l'indirizzo, poi deragliato, di una costituente riformista capace di far convergere socialisti, ambientalisti, laici. Che, possa, a sua volta, essere il perno determinate di quel “campo” di cui scrive sapientemente Del Bue.
Campo largo e capo largo
Mauro Del Bue 23 giugno 2022 L'EDITORIALE
Letta da tempo ritiene che il centro-destra si possa battere solo con una grande alleanza chiamata campo largo. Ritiene che non ci debbano essere esclusioni e che ognuno debba portare il suo raccolto. Come se la politica fosse un'azienda agricola. Solo arruolando molti lavoratori si riuscirà a mietere di più. Ma ci sono coloro che non la pensano così. E questo da tempo. Calenda, la Bonino e Renzi escludono di mietere assieme ai Cinque stelle perché costoro fanno perdere qualità al raccolto. Lo espongono al rischio del deprezzamento sul mercato. Ma Letta ha insistito. Pensava che con questa legge elettorale, che il centro-destra non vuol cambiare perché gli assicurerebbe la maggioranza dei seggi anche con poco più del 40% dei voti, anche i tre partiti indisciplinati si sarebbero convinti. Col voto unico e la necessità per le liste sul proporzionale, che eleggono i 2 terzi dei parlamentari, di optare per una coalizione sul maggioritario, costoro si sarebbero piegati al rito dell'opportunità. La scissione di Di Maio dovrebbe aver convinto anche Letta. Non solo i tre partiti che vengono abusivamente definiti centristi, ma lo stesso gruppo che fa capo a Di Maio intende porre un deciso freno al campo largo. Ora delle due l'una. O il Pd si accontenta di restringere il campo a un campetto di periferia arato in modo assai faticoso dai soli Pd, Leu e Cinque stelle, con probabilità di vittoria uguale a zero, oppure scarica i Cinque stelle residui e allarga sì il campo ad altri proprietari. I socialisti, che celebreranno il 15-16-17 luglio a Roma il loro congresso staranno, io credo, su quest'ultima razionale posizione. E mi auguro vorranno completarla rilanciando il progetto del governo Draghi e, se possibile, anche la sua candidatura alla guida del paese. Nel centrodestra il candidato alla guida del governo, nel caso di successo, sarà il leader del partito della coalizione che avrà conquistato più voti. Cioè la Meloni, secondo tutte le previsioni. Chi sarà il candidato del centrosinistra? Non mi si dica che è ininfluente. Non mi si dica che dovremo aspettare il Pd prima di pronunciarci. La carta Draghi va lanciata per tempo. Non serve una lista Draghi. Di quella di Monti non se ne ricorderà nessuno. Serve una soluzione Draghi, la migliore risorsa oggi disponibile. Il Pd cincischia e rinvia il tema. Ma anche su questo arriverà. È un partito strano, con personalismi e correnti che litigano anche se raramente si comprende su cosa. Ma Letta è intelligente. Sa che il campo largo è morto. Che il nuovo centro-sinistra è vivo. E che adesso serve un capo. Un capo largo.