Siamo alle ultime battute di una campagna che veramente mancava, per evanescenza, dal carnet della nostra lunga militanza.
Lo sfarinamento della politica ha fornito il maggior ingrediente. Cui si sono aggiunti poco cavallereschi sviamenti e l'aspettativa che il tentativo di un campanello per il cambiamento su un tema nodale per la tenuta del modello liberaldemocratico fallisca da sé.
Indubbiamente, i contesti del referendum abrogativo con 5 quesiti sono i meno favorevoli; incartati di sé per tecnicalità poco perforabili per comuni consapevolezze. E, poi, francamente, questa melina di dire e non dire, aspettando che non si raggiunga il quorum e, come le molte altre volte precedenti, si ritorni alla casella numero 1.
Abbiamo cercato, nei contatti personali, di sensibilizzare; ma con un esito minimalistico. Prevale su tutto lo scetticismo. Ci scrive un amico avvocato: “Per cambiare la giustizia, ci vuole altro.
La politica, la mala politica, è da un po' che ha iniziato a pareggiare i conti con una parte della magistratura.
La separazione delle carriere dei magistrati, primo passo per portare la magistratura inquirente alle dipendenze dell'esecutivo, era uno degli obbiettivi del "piano rinascita" di Licio Gelli.
Nella democrazia rappresentativa il compito legislativo é affidato al parlamento.
L'istituto del referendum è strumento residuale e propositivo.
Quindi: bene se devo chiamare i cittadini su temi etici necessitato dalle mutate concezioni dei rapporti tra i consociati. Male se si usa lo strumento per abrogare una legge o parte di essa.
In questo caso si crea un vuoto legislativo che, ovviamente, contrasta con lo stato di diritto.
Il disastro della classe politica della C.d. " seconda Repubblica "non emenda le colpe di molti esponenti politici della C.d. "prima Repubblica".
La tripartizione dei poteri, la storia ce lo insegna, è un equilibrio instabile (il potere é il potere é tende ad allargarsi a danno di un altro potere) che deve essere sempre vigilato.
Casi Cauzzi e Fontana.
Vedi questi sono esempi di come sia facile manipolare l'opinione pubblica: e torno ai referendum (che sono politici e non tecnici).
I magistrati avrebbero dovuto protestare quando: nell' assoluta indifferenza dei media, è stata modificata, per legge, la norma dell ordinamento giudiziario che, conferendo tutti i poteri nelle mani dei procuratori capi delle procure, limitano l'autonomia per sostituti procuratori.
Quindi, se controlli politicamente le nomine dei procuratori capi della procura più calde (Roma, Palermo, Caltanissetta, Napoli e Milano) orienti le indagini e eviti brutte sorprese.
Perché Palamara, alcuni membri de CSM erano a cena con la politica per discutere della nomina di chi avrebbe dovuto sostituire il Dott. Pignatore alla procura di Roma.
Questa é stata la riforma per limitare l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, ma in quell' occasione non ho sentito levarsi il ben che minimo refolo di protesta.”
Con il che, pur riaffermando che invitiamo ad andare a votare e a votare 5 SI (con qualche pruderie per l'abrogazione della legge Severino), assolviamo all'obbligo di garantire un po' di par condicio. Non in capo all'opposizione preconcetta, ma semplicemente facendo menzione delle note di scetticismo.
Per quanto ci riguarda affermiamo che manca in Italia un prerequisito fondamentale: l'accettazione del bilanciamento dei poteri. Specie nel caso dei poteri che costituzionalmente dovrebbero essere organi. Dovremmo citofonare a Craxi per conoscere la ragione per cui, dopo lo stravinto referendum del 1988, ci siamo trovati, da un lato, una legislazione riformata peggiorativa del quadro presente e, dall'altro, una casta imbufalita interessata solo a rivalersi sulla politica. Dopo il disastro Tangentopoli dimostra di non voler rientrare nell'indirizzo costituzionale e nella prassi di "organo". Per di più il peggior organo dell'ordinamento, che rende l'Italia inattendibile, nelle grandi e nelle minute questioni. Sappiamo per certo che il referendum del 12 non sarà fecondo. Ma, andando a votare e votando SI, almeno si manterrà coerenza e con essa una postura di hombre vertical.
Il dovere del Psi è un Sì
Mauro Del Bue L'EDITORIALE
Dopo la pandemia, la guerra e l'inflazione, cosa vuoi che interessi agli italiani un referendum sulla giustizia che si svolgerà tra nove giorni? Già la maggioranza delle persone non si reca al voto per scegliere il proprio sindaco. Facile che volti le spalle a una consultazione referendaria che pone cinque interrogativi su questioni difficilmente comprensibili all'italiano medio, no? Questo è quel che si sente in giro. E che va smontato. Innanzitutto pretendendo che in questa settimana i mezzi di informazione accendano i riflettori sull'impatto che queste cinque domande determineranno sul sistema giustizia. E poi sul degrado assoluto in cui versa la giustizia in Italia, e non a caso l'Europa pretende da noi una sua profonda riforma come una delle condizioni per elargire i fondi del Recovery. E, terzo compito dei media, per spiegare come una vittoria del Si inciderà sul testo della riforma Cartabia, in corso di approvazione in Parlamento. Vediamo di rispondere. La giustizia in Italia ha fatto acqua, non per numero di magistrati in rapporto alla popolazione (in Francia sono meno) e neanche per numero di tribunali, ma per leggi che prolungano i processi all'infinito. Non per i tre gradi contro i due americani. Ma per una serie di ricorsi e controricorsi e di lungaggini che hanno demandato non al processo ma ai piemme (cioè all'accusa) il compito di emettere il verdetto. Tangentopoli ha abbinato al culto del piemme l'uso illegale del carcere preventivo col compito di costringere l'indagato a confessare un reato. Su questi punti (la Severino adotta la condanna in primo grado, e non quella definitiva, per la decadenza dall'incarico pubblico, come il referendum impone, e la custodia cautelare viene abolita in uno dei tre casi prescritti dalla legge, cioè per pericolo di inquinamento delle prove) i referendum offrono risposte. E soprattutto indicano una soluzione nella divisione delle funzioni tra magistratura inquirente e giudicante che in Italia restano unite e confuse, cosa che in Europa esisteva solo nel Portogallo di Salazar. Quanto al degrado della magistratura, cioè alla sua politicizzazione che si riscontra nelle logiche di autogoverno del Csm, non c'era bisogno delle denunce di Palamara per comprenderne la pericolosità. Da decenni il Csm è gestito in base a logiche spartitorie tra le correnti e i procuratori e gli incarichi esterni vengono lottizzati come se fossero i posti di un ente pubblico. Su questo i referendum offrono una risposta, sia pur parziale, nella riforma del sistema di voto per la parte togata. Sono, questi (il quinto riguarda l'inserimento degli avvocati nel consiglio che giudica i giudici) i referendum che potranno incidere sulla legge Cartabia in senso liberale e garantista. La riforma Cartabia, pur essendo un passo avanti tanto da suscitare tensioni e addirittura uno sciopero fallito da parte della fazione più oltranzista della magistratura, è un compromesso tra posizioni inconciliabili. I referendum potranno spingere il testo verso il fronte garantista. E potranno incidere anche sull'economia italiana troppo spesso vittima di una giustizia punitiva. Se non vogliamo che la parte più conservatrice delle toghe, personificata da Davigo e Gratteri, abbia partita vinta, se non vogliamo che una magistratura politica e strabica produca altri casi Tortora, se non vogliamo che si ripetano vere e proprie persecuzioni giudiziarie come quella perpetrata contro il Psi nel 1992 (dopo la gogna, le dimissioni, l'isolamento politico oltre il 95% dei reati imputati ai parlamentari del Psi è caduto o in istruttoria o al processo), bisogna votare e votare 5 sì. Il Pd voterà no? Anche se molti suoi esponenti esprimeranno un voto diverso, comprendiamo che questo partito, che in buona misura deriva dai Ds-Pds, non possa tradire la sua supina subalternità all'ordine, dice bene Cassese, divenuto potere, giudiziario. I favori ottenuti nel passato pesano ancora. Resta un motivo grande per difendere il nostro autonomo diritto all'esistenza. Il dovere del Psi è un Sì.
La mobilitazione dei socialisti di Crema Riformista per il SI
Domenica 5 giugno 2022, presso la sede dell'Arci di Crema, si è svolta una delle numerose iniziative, organizzate dal Partito Socialista sul territorio Nazionale, per l'imminente Referendum sulla giustizia. L'incontro, ha visto coinvolti i compagni della lista Crema Riformista Alberto Gigliotti e Giannantonio Rossi e il segretario regionale Lorenzo Cinquepalmi, responsabile dei comitati per il SI.
L'impegno del PSI è stato quello di rompere l'assordante silenzio in cui gran parte della politica si è rifugiata pur di non dibattere su un sistema, quello giudiziario, che va necessariamente riformato.
Le ragioni, egregiamente discusse dal segretario regionale Cinquepalmi, hanno dato vita al dibattito che ha permesso di analizzare nel dettaglio le ragioni del “si” e hanno coinvolto in maniera sempre crescente l'interesse dei partecipanti rispetto ad un tema decisivo per la giustizia che purtroppo è stato poco promosso anche dai mass media nazionali.
“Oggi un semplice rinvio a giudizio o una sentenza di condanna di primo grado non passata in giudicato, anzi, talvolta riformata in cassazione o in corte d'appello determina decadenze e sospensioni di amministratori eletti dai cittadini. Questo modo di fare, per chi ha studiato diritto all'Università, è qualcosa di inconcepibile”. Così Cinquepalmi motiva il Si per abolire la legge Severino, uno dei cinque quesiti del referendum. “Oggi esiste una parte di magistratura organizzata” continua Cinquepalmi, “che filtra le candidature al punto da presentare tanti candidati quanti sono i posti disponibili”. Infatti i dati dell'ultima elezione del 2018 riportano che su circa 8000 voti espressi, quasi 500 erano schede bianche o schede nulle, il che vuol dire che 1/6 dei magistrati si era rifiutato di esercitare quel diritto.
“Un freno ai processi lunghi ma soprattutto ai cittadini che vengono condannati per poi scoprire dopo anni della loro innocenza. Chiaramente non dobbiamo fare di tutta un'erba un fascio ma parte del sistema giudiziario va rivisto e migliorato.” Conclude Cinquepalmi.
Il Partito Socialista, pur consapevole, che le probabilità di raggiungere il quorum non siano elevate, crede nel segnale politico che può derivare da un forte risultato anche senza il raggiungimento del quorum. Si darebbe l'opportunità ai partiti di contribuire al miglioramento della riforma, questo a distanza di trent'anni dal più grande tsunami giudiziario i cui effetti si ripercuotano ancora oggi. I tempi sono maturi per chiamare gli italiani ad esprimersi e la politica ha il dovere di farsi interprete di questa maturità popolare in modo da perfezionare e completare la nuova riforma. Facciamo un appello a tutte le forze, democratiche e garantiste, di esprimersi a favore di questo Referendum per intraprendere la strada del garantismo e del riformismo di cui oggi l'Italia necessita.
INIZIATIVA DIVULGATIVA IN VISTA DEL VOTO
«Cambiamo la giustizia: io dico sì», è stato il tema dell'iniziativa organizzata dai partners promotori del referendum (Lega e Partito Radicale), cui hanno fornito un apprezzato contributo operatori del ramo ed esponenti politici di diversi schieramenti.
La Conferenza è stata introdotta dall'avvocato Alessio Romanelli, presidente della Camera penale di Cremona e Crema ‘Sandro Bocchì. Tra gli intervenuti segnaliamo: Maurizio Turco, segretario del Partito Radicale, Simone Uggetti, ex sindaco di Lodi, esponente del Pd, l'avvocato Vinicio Nardo, presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano, l'avvocato Marzia Soldani, presidente dell'Ordine degli avvocati di Cremona, Andrea Virgilio, vicesindaco di Cremona, esponente del Pd, l'avvocato Alessandra Ricciardi, senatrice della Lega, membro della Commissione Giustizia. Il Comune di Cremona era presente col presidente del Consiglio comunale, Paolo Carletti.
Nel corso dei lavori è intervenuto anche il Sindaco Gianluca Galimberti.