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Fatti e protagonisti del socialismo cremasco di Andrea Galvani Evento 1 dicembre

Il lavoro di Galvani, verrà presentato a Crema il primo dicembre alle ore 15.30 presso il Museo Civico

  06/11/2018 10:37:00

A cura della Redazione

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L'ECOLIBRI Fatti e protagonisti del socialismo cremasco di Andrea Galvani Evento 1 dicembre

Il lavoro di Galvani, verrà presentato a Crema il primo dicembre alle ore 15.30 presso il Museo Civico

La rubrica, apprezzata da quanto risulta dagli accessi e dalle crescenti richieste di segnalazione, ha diffuso ed in alcuni casi recensito, in questi anni, caratterizzati da un preoccupante cedimento delle attività editoriali, tutto quanto è capitato a portata di mano.

Senza venir meno alla consapevolezza non partisan di contribuire alla promozione tra il pubblico di ogni fatica libraria, siamo, in questa circostanza, particolarmente motivati nell’assolvere il nostro compito divulgativo.

Giochiamo in casa? Sicuramente. Non possiamo, infatti, non gioire del fatto che il lavoro del giovane giornalista Andrea Galvani venga a coprire un segmento della storia civile del nostro territorio e della storia politica di cui siamo parte.

Questo lavoro è tanto più apprezzabile non solo per il rigore con cui è stato svolto, ma soprattutto se si considerano le difficoltà, ben note a chi scrive, determinate dalla rarefazione delle fonti documentali, che, come è noto, sono la condizione minimale per qualsiasi ricerca storica.

Era nostro dovere mettere a disposizione tutto quanto fosse nella nostra disponibilità per contribuire ad ampliare il raggio della conoscenza della testimonianza del socialismo cremasco. Che avevamo incluso nella nostra ricerca, ma che avrebbe meritato una trattazione più specifica.

È quanto è avvenuto, grazie alla determinazione con cui Virginio Venturelli è riuscito a superare le difficoltà di partenza, a motivare l’impegno di una squadra di ricercatori e di testimoni, a portare a termine un’iniziativa editoriale che arricchirà certamente la conoscenza storica.

Quindici anni fa, chiudendo la presentazione del Socialismo di Patecchio, ci appellavamo, nell’intento di esorcizzare disillusioni da eccessivi entusiasmi (indotti dalla constatazione che, per la prima volta nel ciclo horribilis incardinato dall’esaurimento del PSI, fosse possibile consegnare un organico punto vista storico sul secolo del socialismo cremonese) all’ammonimento di Seneca “magna promisiste, parva videmus”).

Forse si trattava di una forma di captatio benevolentiae diretta ad una platea che in quegli anni non era esattamente predisposta ad un approccio civile con l’offerta di una rivisitazione su basi rigorosamente storiche dei nostri trascorsi.

Potremmo anche azzardare, su basi rigorosamente scientifiche, se questo requisito che aveva indirizzato ed accompagnato il nostro lavoro non facesse correre il rischio di una pretesa snobistica. Diciamo allora che la dorsale del lavoro, sin dalle premesse metodologiche, fu guidata dal massimo sforzo di aderenza alla fattualità e dalla finalità di affidare alla memoria la scansione della testimonianza socialista.

Stanti le premesse dell’impostazione, sarebbe stato necessario disporre di adeguate fonti documentali e di conoscenze trasmesse oralmente.

Vent’anni fa si era manifestamente di fronte al repentino collassamento di una struttura organizzativa ed associativa, che, senza avere le dimensioni ed i collanti del maggiore partito della sinistra, aveva retto, con una certa efficienza e dignità, a cinquant’anni di prove impegnative.

La discontinuità inferta all’apparato politico-istituzionale forgiato dalla Repubblica avrebbe, a riprova dell’intenzionalità non già di riformarlo bensì di operare un delisting del campo moderato e riformista, potuto essere affrontata dai socialisti, se (parere personale di chi scrive) la tolda di comando non fosse stata così repentinamente abbandonata da un gruppo dirigente propenso più che a prove di stoicismo a badare a se stesso e, si sa mai, alle possibilità di riconversione nei nuovi scenari.

Cinquecentomila iscritti, settemila sezioni, venti comitati regionali, 100 federazioni, un quotidiano nazionale, riviste mensili vennero giù come un castello di carta.

Per un breve margine di tempo “la base” resse nel ruolo coraggioso ma al limite del patetico, che in un breve volgere configurò le caratteristiche del ruolo, così ben definito cinematograficamente, del guardiano del bidone di benzina. Ed ancora, attingendo alle suggestioni trasmesse dalla cinematografia, si incamminò mestamente verso il “tutti a casa”. Con gli stigma ben evidenti causati da accessi di sindrome da Stoccolma, inoculati dall’accerchiamento da parte delle tricoteuses della questione cosiddetta morale, e con la irreversibile consapevolezza dell’ineluttabilità della perdita di agibilità nella vita politico-istituzionale.

Il futuro si sarebbe incaricato di dimostrare che in nessun caso si sarebbe potuto riporre il dentifricio nell’astuccio. Per riprendere ruoli, magari anche di mera testimonianza, nella vita pubblica.

Per evitare di deragliare sugli opinabili terreni delle controprove impossibili, manterremo nelle nostre intime convinzioni l’attualità, anche nei contesti correnti, degli ancoraggi ideali e teorici del socialismo riformista e liberale.

Ma è fuori dubbio il fatto che anche solo sul terreno dell’indagine intellettuale tale ipotesi sarebbe nel tempo esclusa se non si disponesse di un’adeguata sistemazione storiografica.

La cui condizione preliminare è rappresentata dalla salvaguardia delle fonti documentali.

In un recente articolo postato on line su L’Eco del Popolo (che il 4 gennaio del prossimo anno celebrerà il proprio 130° di fondazione) consideravamo “Quando vent’anni fa entrammo nelle ultime due location di Corso Garibaldi (federazione provinciale) e di Corso Pietro Vacchelli (sede del circolo Turati) con pochi volonterosi ci trovammo di fronte più che ad uno scenario metafora della sconfitta e ad un vero e proprio enigma. Che fare di questo scrigno di malinconie, dagli interrogativi imbarazzanti sul terreno operativo e morale?

Avvertimmo l’impulso ad imboccare la via di una nuova testimonianza incardinata nel dovere di preservare la memoria di un lungo ciclo politico.”

Non casualmente sarebbe nata l’Associazione Emilio Zanoni; la cui finalità principale risiedeva e risiede nell’approfondimento e nella divulgazione della storia del socialismo del territorio provinciale. Partendo dalla cultura politica diffusa in cento anni di percorso ed accresciuto dalla finalizzazione del materiale, gelosamente custodito per tanti decenni dalle cento sezioni territoriali ed aziendali. Che arrischia di risultare compromesso dalla “diaspora” intesa anche in senso materiale, quando non da una colpevole tentazione a “privatizzarne” la detenzione.

La nostra maggiore ansia, in questi anni, è stata quella di non disperdere ma di preservare, anche solo fisicamente, questi depositi; senza dei quali, si ripete, sarà impossibile consegnare alla cultura ed alla storia le tracce della testimonianza socialista.

Non possiamo certamente ritenere pienamente raggiunto tale obiettivo. E certamente il trascorrere del tempo non lavorerà a favore della mission.

Quindi, è questa l’occasione per ribadire l’appello ai militanti socialisti fortunatamente in vita ed agli eredi di quelli defunti a non distruggere e a non disperdere tutto quanto può essere utile, in futuro, alla memoria storica del socialismo.

Non sarebbe stata possibile l’attività divulgativa portata avanti, con un certo riscontro di apprezzamento, in questi anni.

Non sarebbe stata possibile questa apprezzabile iniziativa editoriale intitolata “Fatti e protagonisti del socialismo cremasco” se alla base non ci fossero stati un marcato senso di dedizione idealistica, una volontà di lavoro sinergico, la disponibilità delle fonti recuperate e salvate.

La nostra forse non è la miglior storia politica. È la storia di un movimento che, tra errori e meriti, ha fornito un contributo civile non secondario. Vale assolutamente la pena che essa venga approfondita e resa disponibile alla conoscenza.

Considerava Galli della Loggia: “Dopo il grande crollo 1992-94 le classi dirigenti politiche di questo Paese hanno virtualmente troncato ogni legame con qualunque retroterra culturale.

La politica italiana ed i suoi protagonisti appaiono incapaci di leggere la vicenda del Paese sul lungo tempo, di coglierne i retroterra lontani, le implicazioni profonde, di immaginare le prospettive.

È l’impossibilità di avere un rapporto con il passato che determina il carattere provvisorio che promana dall’ultimo quarto di secolo ed in particolare dai più recenti equilibri: l’instabilità e mutevolezza di fondo che si avverte sempre in ogni suo aspetto, in ogni suo partito, in ogni suo leader, in ogni suo equilibrio.

Senza minimamente voler entrare in un’analisi più propriamente politica (appartenente ad altri ambiti), vorremmo, da ultimo, segnalare il pericolo della definitiva scomparsa di quelle regole di convivenza e di libera discussione, che avevano garantito un lungo periodo di democrazia e di libertà.

La storia non si può cambiare. Bisogna fare il possibile per ricordarla e comprenderla.

Sull’apprezzabile, come abbiamo detto, lavoro di Galvani, che verrà presentato a Crema il primo dicembre alle ore 15.30 presso il Museo Civico, forniremo ulteriori riflessioni

 

 

 

 

 

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