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L'Eco del Popolo a sostegno dei Patronati del lavoratori. Firma la petizione.

Tale attività viene svolta dalle strutture collaterali alle organizzazioni sindacali, previste ed istituite sin dalla nascita della Repubblica italiana con una legge del 1948

  16/11/2014

A cura della Redazione

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Chi scrive non è certamente un appassionato sostenitore delle “modernizzazioni” intervenute, nel corso dei decenni, nel modo d'essere del sindacato e nell'esercizio delle prerogative di rappresentanza e di assistenza dei lavoratori. Ma sul fatto che le tre centrali abbiano acquisito sul campo meriti innegabili nella tutela dei diritti degli associati e non, anche nei rapporti con la pubblica amministrazione, non ci dovrebbe essere dubbio alcuno.

Tale attività viene svolta dalle strutture collaterali alle organizzazioni sindacali, previste ed istituite sin dalla nascita della Repubblica italiana con una legge del 1948.

Si tratta dei Patronati (INCA CGIL, INAS CISL, ITAL UIL e ACLI) che annualmente danno assistenza a 7 milioni di cittadini, per un complesso di dieci milioni di pratiche. In regime di gratuità, bisognerebbe aggiungere, e in una più che soddisfacente condizione di professionalità da parte di operatori preparati e cortesi.

Nel corso dei quasi settant'anni, i Patronati, cui va oltretutto riconosciuto il merito di aver contribuito a bonificare la ragnatela di consulenti, non infrequentemente disinvolti, oltre che a pagamento, hanno svolto un servizio di pubblica utilità per tutti i cittadini; lavoratori, pensionati, stranieri, italiani all'estero e disoccupati che, negli ultimi anni, a seguito del processo di informatizzazione delle procedure (dietro cui si nasconde sovente una decurtazione delle prestazioni), si sarebbero trovati in grave difficoltà per pratiche importanti come la richiesta di pensione, di invalidità, di disoccupazione se non ci fosse stato il supporto dei patronati.

Ma, evidentemente, nei segnali simbolici che il governo vuole mandare sul terreno del cambiamento di registro al mondo del lavoro ed alle organizzazioni sindacali, mancava un tassello (in aggiunta ai “distacchi”): una robusta decurtazione del Fondo dei Patronati con cui i medesimi tengono in piedi la loro struttura di assistenza in molti degli 8000 comuni italiani.

Andrebbe aggiunto, a questo punto, che si tratta del taglio di 300 milioni sul totale di 430milioni del fondo che è alimentato dai versamenti dei contributi previdenziali obbligatori di tutti i lavoratori dipendenti. Sono, quindi, i lavoratori che con i loro versamenti provvedono, tramite l'attività dei Patronati, alla propria assistenza, facendo oltretutto risparmiare allo Stato, viene calcolato negli ambienti sindacali, 660milioni all'anno. I Patronati, che dovrebbero ridimensionare i loro organici di 10mila unità e, conseguentemente, minare alle radici la sostenibilità della loro organizzazione complessiva, sostengono che le risorse tagliate saranno incamerate dallo Stato per altri scopi non precisati.

All'evidente pericolo di annullamento del principio di uguaglianza d'accesso ai diritti, si aggiungere un'altra “tassa occulta” ai danni delle persone socialmente più deboli, costrette, come anticipato, a rivolgersi all'offerta del mercato delle consulenze.

Per queste ragioni ACLI, INAS, INCA E ITAL hanno attivato una raccolta di firme per sensibilizzare il legislatore impegnato nell'approvazione dalla Legge di Stabilità (che prevede, appunto, i tagli).

L'Eco del Popolo invita i propri lettori e sostenitori ad aderire alla campagna, rivolgendosi agli uffici territoriali dei Patronati.

E.V.

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