Che ci sarebbe, infatti, da festeggiare, nella ricorrenza del centenario del giorno in cui l’Italia si associò al novero dei belligeranti che, poco meno di un anno prima, avevano dato inizio ad un conflitto, destinato a concludersi con un bilancio di dieci milioni di militari caduti? Cui andrebbero aggiunti l’ecatombe, numericamente indefinibile, di caduti civili e di feriti e mutilati, l’immane distruzione di risorse materiali, le ferite morali mai rimarginate e destinate a riaprirsi con un secondo, ancor più ingiustificabile e dalle conseguenze ancor più devastanti, conflitto mondiale. Nulla, proprio nulla da festeggiare!
Ma la ricorrenza, preservata da interessate manipolazioni e da orpelli retorici, non può neanche essere anestetizzata.
Sull’altare, ad esempio, della preservazione di quel gentlemen agreement, non codificato ma non di meno praticato, che sterilizza da sempre, come politically incorrect, qualsiasi gesto, cenno, richiamo alle terre irredente. A quelle terre irredente. Gesti, cenni, richiami destinati irrimediabilmente, nonostante siano riferiti al cuore degli ideali e delle motivazioni per cui si immolarono centinaia di migliaia di giovani cittadini italiani, a turbare il sentiment popolare e la suscettibilità degli establishments autnomisti.
Gli uni e gli altri non sembrano aver tratto le giuste lezioni dalla storia secolare e dai profondi cambiamenti che hanno totalmente assorbito (con l’unità politica ed economica del Continente) le ragioni di quel conflitto. Se Arno Kompatscher, il governatore, il Landeshauptmann, della autonoma Provincia di Bolzano (successore di quel Durnwalder che per un quarto di secolo ha incassato emolumenti superiori ai “grandi” capi di stato, che recentemente è stato condannato dalla Corte dei Conti a rifondere 385 mila euro per una non immacolata gestione dei fondi di rappresentanza, che ha tuttora pendente un processo penale per peculato e finanziamento illecito ai partiti per complessivi 556.000 euro) ha azzardato: “L’ingresso in guerra non è motivo di festeggiamenti, l’invito del governo (a ricordare la ricorrenza, ndr) è incomprensibile soprattutto per la popolazione di lingua tedesca e ladina”.
In allegato l’intera riflessione