1) alla Fondazione Mazza
La puntuale cronaca del quotidiano locale sull'assemblea dei lavoratori della storica fondazione Mazza descrive, appunto, così il quasi stato di insolvenza di una struttura assistenziale, che aveva visto tempi migliori, nella lunga scansione temporale inaugurata dall'apostolo dei poveri.
La nostra testata ha fornito una approfondita analisi divulgativa in coincidenza (e forse anche un po' prima) con la dirittura d'arrivo (un anno fa) del turnover al vertice amministrativo.
Con cui, da un lato, si è voluto (o tentato) impostare un'operazione di distrazione di massa sulla reale consistenza e natura di una criticità molto simile al preannuncio del default. E, dall'altro, anziché, come sarebbe stato corretto, rispettoso ed edificante, coinvolgere la cittadinanza ed il Consiglio Comunale (che resta pur sempre l'istituzione preposta all'indirizzo ed al controllo della “partecipata” comunale, si preferì buttare la palla sulle tribune. Sfasciando l'assetto della maggioranza eletta nel 2016, imponendo delle nomine da prendere con le pinze (stante il fatto che nessuno di loro ha residenza e trascorsi professionali o pubblici locali). Fornendo, in un quadro di reticenze ed omissioni verso la massima autorità comunale, l'opinione pubblica, le famiglie degli ospiti, gli operatori, l'opinione pubblica, versioni reticenti ed omissive. La cui ratio non sarebbe neanche realistica o congrua nel caso i padroni del vapore avessero sperato in qualche stellone capace di togliere dalle peste uno stato di cose decisamente non resiliente.
Per noi, che non abbiamo mai mancato una “puntata” di questo preoccupante avvitamento, non è mai stata una novità. Abbiamo ravvisato nella mancata erogazione della tredicesima mensilità un picco segnalatore di un decadimento patrimoniale, finanziario e gestionale, che anche i meno pessimisti percepiscono come difficilmente reversibile. Nei tempi brevi-medi e ricorrendo ad operazioni straordinarie ma non devastanti.
Stiamo dalla parte di una cittadina che ha sempre riconosciuto nel Mazza un tratto distintivo della sua storia civile e umanitaria. Stiamo dalla parte degli ospiti, che hanno vissuto un'esistenza di lavoro e di dedizione e che, giunti in dirittura d'arrivo, hanno tutto il diritto ad essere assistiti da una fondazione che ebbe un recente passato di riconosciuto valore assistenziale. Stiamo, infine, con le famiglie, gli operatori e le rappresentanze sindacali. Che, nell'assemblea di alcuni giorni addietro, oltre a rivendicare l'erogazione della 13a, hanno avanzato giustamente una ineludibile domanda di chiarezza. Sul reale stato patrimoniale e finanziario e sulle reali intenzioni della gestione amministrativa. Intendendo per essa, più che un Consiglio di Amministrazione avulso da un rapporto con la comunità locale e con la discendente etica della responsabilità e della rappresentanza, il vertice comunale.
Un anno fa aveva dato sfoggio di muscolarità e di decisionismo. Come anticipavamo, i risultati non sono venuti; anzi la situazione si è avvitata sempre più. Incombono le elezioni, che sono una resa dei conti. Togliere furbescamente il piede dall'acceleratore dell'operazione mediatica non conviene, evidentemente. È preferibile togliersi dalla circolazione, lasciando insoddisfatti i quesiti posti dalla minoranza consigliare e dai sindacati.
Perché traspare una potenziale trama, desumibile da responsabilità gestionali incrociate, che potrebbe parare ad uno svuotamento della gestione autonoma del Mazza e ad una convergenza versa una polarizzazione sinergica, molto simile ad un assorbimento.
2) nel trasparente rapporto con gli elettori
Comprendiamo l'umano impulso dei pubblici amministratori ad esibire e a sovrastimare “la merce” (del loro operato) all'approssimarsi delle scadenze elettorali. L'aderenza dell'ostensione alla effettività e, se è concesso, anche allo stile non può mai travalicare il buon gusto ed il rispetto dei cittadini.
Ma che i politici spesso escano dai cardini di queste norme basilari di fair play, è cosa risaputa e scontata. L'aneddotica in materia è vastissima. Chi non ricorda le “vacche di Fanfani” fatte visitare più volte al ministro aretino per molti anni titolare del dicastero dell'Agricoltura? Anche la cinematografia non ha risparmiato la caricatura della sovraesposizione mediatica a fine di consenso elettorale. Vedi alcuni spezzoni degli Anni Ruggenti (sotto la regia di Luigi Zampa) in cui il gerarca locale/Podestà Salvatore Acquamano (Gino Cervi) esibisce ripetutamente le stesse “realizzazioni” del regime a Omero Battifiori (Nino Manfredi).
Va bene che alcuni anni addietro il Sindaco di Pizzighettone ha esternato, in occasione della proposta di revoca della cittadinanza onoraria di Mussolini, imbarazzanti esternazioni sugli splendori del regime. Ma un po' di senso della prudenza, rinvenibile negli incroci storici, dovrebbe stornare le vie brevi delle turlupinature dell'opinione pubblica.
Nei giorni scorsi (con un doppio paginone e con 16 colonne) il giornale ha dato notizia, non già dell'inaugurazione dell'opera, bensì dell'inaugurazione del progetto o se si vuole della cantierazione della rimodulazione del ponte sull'Adda.
Ora non vogliamo entrare nel merito di una questione che non ci sarebbe stata se gli organi preposti al controllo dell'Adda avessero rimosso il “tappo” ostruente il corso d'acqua.
In linea di principio e per obiettività l'idea di creare sicurezza al ponte ci sembra una buona idea. Ciò che non condividiamo è la propensione a dire gatto senza che sia nel sacco. Vale a dire ad inaugurare l'opera prima che sia avviata.
Con il corollario di passerelle da parte di boiardi che, chiamati dai vertici amministrativi locali, si fiondano a Pizzighettone per sollecitare consensi.