Abbiamo chiesto, essendo generosamente corrisposti, all'avv. Alessandro Zontini ed all'Ing. Fausto De Crecchio, tra i massimi esperti cremonesi del settore grafica-vignettistica-fumetto, un contributo che avesse come progetto una approfondita conoscenza di un precursore di questo ramo d'arte didascalica.
Pubblichiamo questo dossier dedicato a Giuseppe Scalarini, allestito, possiamo dire a quattro mani: il testo da Zontini e la selezione di alcune opere da De Crecchio. Li ringraziamo entrambi, nell'auspicio di altri futuri contributi che permettano alla nostra testata di farne una rubrica permanente.
Giuseppe Scalarini, nativo di Mantova (1873) e mancato a Milano (1948), è universalmente riconosciuto come uno dei massimi disegnatori satirici d'Italia.
La sua fama iniziò quasi per caso, allorquando, conclusi gli studi secondari si faceva conoscere partecipando ad una manifestazione di disegnatori che attirava l'attenzione degli organi di stampa, quali, ad esempio la “Provincia di Mantova” che ne riconosceva anzitempo le qualità di tratto e di critica sociale in nuce.
Viaggiava molto e cambiava spesso lavoro senza, tuttavia, smettere di perfezionare la propria abilità di, oggi diremmo, vignettista, frequentando a più riprese anche il mondo culturale parigino che, a cavallo tra i due secoli era, in qualche modo, centro culturale ed artistico d'eccellenza in tutta Europa ed in tutto il Mondo.
D'animo irrequieto prestava la propria attività lavorativa presso le Regie Ferrovie a Firenze, il catasto a Udine e a Mantova, senza mai smettere, con mirabile pervicacia, di frequentare il mondo del giornalismo cui spesso proponeva il proprio disegno di satira sociale. Di simpatie socialiste e radicali, si avvicinò a Bonomi e a Zibordi con i quali fondava anche il primo giornale mantovano dichiaratamente socialista: “La terra” di cui era, ovviamente, vignettista.
Raggiunta una certa fama, Giuseppe Scalarini si proponeva con successo quale vignettista anche ad altre pubblicazioni tra cui la Scena illustrata di Firenze, altri periodici italiani ed anche tedeschi.
Proprio a Mantova (ove era monitorato quale “persona frequentatrice di persone affiliate a partiti sovversivi”) fondava, nel 1896, la rivista settimanale “Merlin Cocai” di soli due fogli ripiegati ma la cui metà era occupata da proprie vignette.
Proprio l'anno in cui fondava “La terra”, il Regno d'Italia veniva percorso da potenti moti di rivolta promossi da ceti tra i più deboli colpiti da politiche economiche del governo, spesso, inadeguate a rispondere alle istanze popolari. A Milano si verificava l'episodio più grave, allorquando il generale Bava Beccaris ricorreva ai cannoni per sedare la rivolta.
La normalità veniva accompagnata da una dura repressione contro gli esponenti di spicco del partito socialista e, ovviamente a corollario, veniva colpita la stampa: dell'”Avanti” la redazione veniva arrestata al gran completo.
Giuseppe Scalarini veniva rinviato a giudizio per le sue vignette di aspra critica al governo.
La pubblicazione del “Merlin Cocai” veniva soppressa ed il vignettista, condannato dal regio tribunale prendeva la strada dell'esilio; godendo di un notevole apprezzamento in terra germanica, fuggiva in Austria, proseguendo a collaborare con varie testate sia in Germani che in Austria.
A Berlino veniva raggiunto da un ordine di estradizione avanzato dall'Italia e Scalabrini riusciva a riparare prima a Londra e, successivamente, in Belgio.
La notizia dell'amnistia governativa lo raggiungeva in Belgio e gli consentiva di fare rientro a Mantova. La pubblicazione del Merlin Cocai riprendeva ed il vignettista iniziava a collaborare con notevole frequenza con varie testate.
Nel 1911 avviava una proficua con l'Avanti diretto da Claudio Treves che, per la prima volta, pubblicava, sulle proprie pagine, una vignetta (dello Scalarini, ovviamente). La collaborazione con il giornale del PSI durava fino all'anno 1926 quando il regime fascista decideva per la soppressione del quotidiano.
La sua notevole dote di vignettista che si basa sulla potenza del disegno e sull'intransigenza del bianco/nero (senza concedere nulla al grigio) e una notevole capacità comunicativa lo portarono a scontrarsi spesso con il potere costituito e a rischiare molto.
La guerra di Libia vedeva il partito socialista massimamente contrario all'avventura nello ”scatolone di sabbia” e l'Avanti, anche attraverso le vignette di Scalarini colpiva senza sosta i protagonisti dell'epoca: il Re, i militari, gli industriali, la Chiesa cattolica non venivano risparmiate dagli attacchi disegnati dell'illustratore mantovano, attacchi che facevano eco agli interventi del giornalista Guarino che, dalle colonne dello stesso organo del PSI denunciava l'impreparazione dell'esercito, le commistioni affaristico-politiche e la condotta troppo violenta della guerra.
In particolare, all'epoca piacevano molto i capitalisti in tuba, caratterizzati da sembianze deformi e grottesche, che incontravano il favore del popolo e die ceti meno abbienti e meno preparati culturalmente che, tuttavia, apprezzavano molto lo stile feroce e impietoso dei tratti del vignettista mantovano.
Ancora, nel 1913, una sommossa in Lazio sfociava in un massacro, a danno dei ceti popolari, perpetrato dall'esercito. La vignetta del cagnolino che leccava il sangue degli innocenti versato dai soldati italiani ed il turco che, viceversa, porta al proletariato le bende ed i medicinali con cui curare i feriti costava al vignettista un altro processo (insieme ai responsabili del quotidiano socialista tra cui Benito Mussolini, nel frattempo divenutone direttore). Fortunatamente la Corte, dopo lunga istruttoria, nel 1914 assolveva sia il vignettista che gli altri imputati.
L'assoluzione, peraltro, anticipava lo scoppio della prima guerra mondiale, episodio storico che offriva, naturalmente, allo Scalarini l'occasione per denunciare gli orrori del conflitto.
Senza risparmiare nessuno, come aveva già fatto in passato, all'ingresso in guerra dell'Italia, venivano implacabilmente sbeffeggiati il Re, l'esercito, la grande industria, la Chiesa cattolica, i nazionalisti che avevano voluto l'ingresso in guerra, i socialisti che, a questi si erano accomunati nella scelta interventista, la stampa e le sue censure.
La dannunziana “vittoria mutilata” apriva le porte all'avventura fascista. I giornali non allineati, tra cui, ovviamente l'Avanti, non godevano di molti privilegi. Nell'aprile del 1919 la redazione milanese del quotidiano socialista veniva attaccata da manipoli di camice nere e, più di un attentato avevano le sedi del quotidiano ed i suoi giornalisti.
Scalabrini veniva malmenato almeno in un paio di occasioni riportando anche una commozione celebrare.
La sua attività di proto antifascista lo portava ad essere condannato, dalle autorità dell'epoca, a cinque anni al confino. Veniva trasportato ad Ustica ove conosceva, quali propri compagni di prigionia Terracini, Parri, ed i fratelli Rosselli.
Dopo tre anni, Giuseppe Scalarini veniva liberato ma gli venivano poste restrizioni alla sua attovità di vignettista. Ricorrendo alle sue doti di notevole disegnatore, si dedicava all'illustrazione di libri per l'infanzia, restando in libertà vigilata.
Del periodo si ricorda, in particolare, la sorprendete ed innovativa storia di Matusalino, la fantastica vicenda di un vecchio che, col passare del tempo torna ad essere un poppante.
Privato della libertà artistica, prima ancora che di quella d'azione, veniva arrestato dalla Polizia della Repubblica di Salò, in via precauzionale e, nel 1945, poco prima della fine dell'avventura fascista, Benito Mussolini gli scriveva una lettera, dai toni amichevoli, che un amico comune gli recapitava.
Laconico ed efficace, come le sua vignette, il suo commento, dopo l'assassino del Duce e dei suoi fedeli: «La fiamma dell'odio si era spenta, ancor prima che si spegnesse in piazzale Loreto».
Ormai anziano riprendeva a lavorare per l'Avanti, ma gravi lutti famigliari e la travagliata vita non gli consentivano di operare come un tempo. Si spegneva nel 1948.
Immenso il suo patrimonio disegnato, ancora in parte da catalogare e scoprire, fortunatamente salvato dalle tragedie del XX secolo. Una sua selezione di vignette è ammirabile a Mosca, al Museo della rivoluzione comunista.
Resta il rammarico di aver perso, perché oggettivamente impossibilitato a ricorrere al suo feroce pennino, lo Scalarini che, meglio di ogni altro vignettista dell'epoca (ma non solo) avrebbe saputo tratteggiare il Duce aviatore, trebbiatore, atleta, cavallerizzo, condottiero, etc. Forse Mussolini avrebbe riso, ma la censura dell'epoca avrebbe impietosamente colpito il geniale illustratore.