Caro Direttore, ho seguito dettagliatamente, dall'annuncio alla cronaca degli eventi, l'intera filiera della ricorrenza del centenario della morte di Attilio Boldori. Desidero far pervenire alla testata, al pool degli organizzatori, alle istituzioni aderenti e partecipanti un convinto plauso. Per una ricorrenza non persa di vista; per un profilo celebrativo che non ha mai mancato sul terreno della piena aderenza storica; per uno sforzo di riproposizione permanente dei valori intramontabili che guidarono la testimonianza di quegli apostoli e che da 75 anni costituiscono le basi dell'Italia Repubblicana. In tale profilo celebrativo, annunciato e ribadito dagli organizzatori, dovrebbero riconoscersi tutte le sensibilità politiche. Dalle immagini e dai resoconti dei singoli eventi, ho notato, invece, che questa ispirazione ecumenica non è stata colta, almeno a livello di partecipazione, dall'intero schieramento politico, specie dagli investiti di mandato elettivo.
Potrebbe essere stata conseguenza di un moto di precauzionalità nei confronti degli assembramenti. Mah… Quale che possa essere la ragione di questo “vado, non vado, mi tengo in disparte”, sicuramente non inficia l'importanza della testimonianza.
Grazie dell'ospitalità.
Cremona, 18 dicembre 2021 - Giancarlo Zangrandi
Caro lettore, ci fanno ovviamente piacere le considerazioni che Ella ha voluto indirizzare alla nostra testata, che insieme ad ANPI, ANPC, Associazione Zanoni e col patrocinio della Presidenza del Consiglio Comunale, con l'Ente Provincia, il Sindaco del Comune di Casalbuttano e la fattiva collaborazione del Centro Sociale Due Miglia, ha realizzato un fecondo progetto di memoria storica, di divulgazione, di attualizzazione, nei contesti correnti, degli accadimenti e degli insegnamenti discendenti, negli scenari in cui viviamo.
In merito al rilievo che l'ampia partecipazione agli eventi rievocativi non ha appassionato alcuni segmenti della politica e dei consessi elettivi, prendiamo atto, nella speranza che ciò non sia dipeso da un nostro profilo ispiratore, frainteso o non sufficientemente dichiarato.
Rifletteremo, nel prosieguo della “post-produzione” di questo centenario ed in vista di altre ricorrenze.
Ciò che per noi è irrinunciabile è la declinazione della guide-line dell'impegno di testimonianza.
Sul punto non possiamo non essere di parte. Perché in questa materia nulla è concesso sul terreno di baricentri storici non partisan (che tanto evocano perni declamativi finalizzati ad appealing opachi).
La didascalia dell'immagine di Attilio Boldori “spento da mano assassina perché indomito apostolo di un ideale di redenzione umana” non avrebbe potuto prestarsi ad operazioni rievocative “addolcite”.
Se cosi fossimo inclinati, avremmo potuto comodamente risparmiarci una caduta di tensione morale ed un impegno così assorbente. Sia pure di passaggio, sottolineiamo che non occasionalmente per un anno intero abbiamo associato la rievocazione del sacrificio di Boldori a quello di Ferruccio Ghinaglia (uno studente solo di pochissimi anni maggiore degli studenti liceali).
Del che siamo in dovere verso tutti i nostri partners organizzativi, le istituzioni partecipanti e, soprattutto, le scolaresche liceali indotte da due brave insegnanti e brave educanti ad un approccio alla rievocazione di un ciclo tormentato della storia patria, i cui pericoli si potrebbero riverberare in un futuro, non esattamente immune da certi pericoli.
Se ci è permesso: brave Professoresse, bravi studenti, brava dirigenza dell'Istituto! Da loro viene il segnale che la scuola deve accrescere il sapere e la cultura, ma anche educare alle prerogative civili.
A formare cittadini preparati al sapere e alle professioni; ma, soprattutto, alla piena consapevolezza civica. Che inizia dalla capacità di lettura della storia passata e dei fatti contemporanei.
Non abbiamo nessun post scriptum da aggiungere a quanto già sapientemente divulgato dal presidente del Consiglio Comunale, dal Prof. Verdi, dal Prof. Corada e, presumibilmente, anticipato dagli insegnanti.
Facciano i liceali del Manin le loro libere considerazioni e maturino il loro libero convincimento sui fatti di un secolo fa e sulle correlazioni coi contesti attuali.
Saremmo reticenti se rinunciassimo, noi, a segnalare i pericoli tendenzialmente discendenti dall'attuale scenario di democrazia sospesa, resa tale da rigurgiti non dissimili (anche se mimetizzati) da quelli del primo dopoguerra e dal cedimento strutturale della partecipazione civile, politica e sociale. Che ha rappresentato la diretta conseguenza del cambio di fase della Repubblica e del complesso di prerogative acquisite da noi babyboomers.
Ribadiamo ciò se non altro allo scopo di favorire un fact-cheking rigoroso delle esternazioni che hanno come obiettivo la distrazione di massa.
Mi riferisco all'inserto, potenzialmente fuorviante, nell'inesauribile rissa da ballatoio, che è la politica (certa politica), con cui si vuole definire perentoriamente (e con l'intento di dire che lo sono solo loro) la fattispecie dei “patrioti”.
Abbiamo letto oggi un corsivo in cui ci ritroviamo pienamente. Specie là dove si scrive
l'amore di patria, nel suo nobile significato, è, in primo luogo, l'amore per la libertà di un popolo. Amare la patria italiana, se le parole hanno ancora un senso, vuol dunque dire difendere la vita, la libertà e la dignità degli italiani. Sarebbe quantomeno bizzarro sostenere che amava gli italiani chi li ha massacrati, li ha gettati ingiustamente in carcere, li ha costretti all'esilio, li ha privati delle fondamentali libertà politiche e civili, li ha mandati a morire in vergognose guerre coloniali, ha chiuso in campi di concentramento gli italiani di religione ebraica, ha fatto combattere i militari italiani a fianco di un criminale come Hitler, ha scatenato la guerra civile.