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Eh, già, siamo ancora qua

“…sembrava la fine del mondo…La notte addà passà… Il freddo quando arriva poi va via…”

  27/03/2020

Di Enrico Vidali

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Innegabilmente, questo incipit di presentazione del nuovo network L'Eco del Popolo e, soprattutto, di avvio dell'approfondimento delle ricorrenze del 131° anniversario della sua fondazione (il 4-5 gennaio 1889) e del centenario della morte del suo fondatore Leonida Bissolati (6 maggio 1920) può consegnarci se non proprio al caso clinico indotto da somatizzazione di quanto sta succedendo intorno, sicuramente dall'impulso “creativo” di rovesciare il tavolo delle consuetudini

Avremmo potuto fare il verso a ben più impegnativi “Rieccoci”, “Siamo tornati” ecc…

Ma, come rivendicherebbe il postino procidano Mario Ruoppolo “ La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve”, abbiamo preferito, quanto meno per rimarcare la forte volontà innovativa della nostra offerta, cogliere l'innegabile assist del rockettaro emiliano.

Ci accomuna vigente quarantena (da lui passata in Sicilia); e null'altro.

A cominciare dall'arte canoro-musicale di cui lui è un talento. Mentre noi siamo, nella migliore delle ipotesi, dei neghittosi. Nessuno è perfetto e noi rivendichiamo (un po' abusivamente, considerata la vera finalizzazione) l'aforisma di Piero Chiara, coniato nel “Il piatto piange”, secondo cui “minga tucc i gust hin a la menta”.

Volendo pescare dai depositi di memoir, non ci era dispiaciuta quella “Solo una sana e consapevole libidine” cantata (irriverentemente, obiettò il condómino dirimpettaio) da Zucchero nei primi anni Ottanta del secolo scorso.

Ma, indubbiamente, il pezzo di Vasco costituisce uno spunto formidabile. Sia per rimarcare una volontà di continuità con la testata messa a punto nell'osteria della Marcella all'angolo tra Corso Vittorio Emanuele e Via Ettore Sacchi.

Sia, mutuando dallo speech corrente, per rimarcare, come avremo modo nel prosieguo di dimostrare, una volontà di discontinuità editoriale.

Il dna dell'ascendenza resta lo stesso. Ma la volontà di attualizzare quel patrimonio ideale, resta per noi inaggirabile.

Per tentare, almeno, di essere letti e di influenzare il confronto.

Sia consentita, a questo punto, una preliminare riflessione sulle analogie tra l'edizione fondatrice del 1889 e quella rifondatrice di 131 anni dopo.

L'incipit de “L'Eco”, come ebbe a sottolineare il suo profeta, coglieva un simbolico retroterra celebrativo: il centenario della rivoluzione francese ed il trentesimo della seconda guerra di Indipendenza.

Un binomio in cui erano racchiusi i due perni fondamentali della testimonianza dell'apostolo del socialismo italiano: un segnale fortissimo di rottura rispetto ai contesti di fine 800 e, ad un tempo, di ancoraggio agli afflati patriottici.

Il riferimento alla rivoluzione per eccellenza, cui probabilmente non era estranea una certa veemenza giovanile, segnalava una forte volontà simbolica di far saltare il banco degli assetti imperanti nel vecchio continente e radicati nell'assolutismo autoritario e nell'ingiustizia sociale.

Nel prosieguo, come si vedrà, la testimonianza bissolatiana si affidata ad un timbro manifestamente ispirato al riformismo e al gradualismo.

Si può fondatamente affermare che quella testata sarebbe stata anticipatrice della filiera comunicativa del movimento della sinistra (nel 1891 Bissolati avrebbe co-fondato con Turati la Critica Sociale e nel 1896 l'Avanti!) e fucina di quella ricerca teorica e mobilitazione associativa destinata ad approdare allo strumento di organizzazione e di lotta politica e sociale che, nell'agosto 1892 a Genova, sarebbe stato il PSI.

Ma ancor prima di diventare aggregato teorico-pratico di mobilitazione e di testimonianza, il socialismo, prevalentemente umanitario di Bissolati, aveva messo a punto, come sarà facile comprendere dalla lettura del saggio di Emilio Zanoni pubblicato in occasione dei “primi settant'anni”, un'intelaiatura concreta di strumenti suscettibili di dare gambe agli ideali.

Cremona, su questo terreno, avrebbe anticipato, con la creazione della Camera del Lavoro, delle Casse di Resistenza, delle Società di Mutuo Soccorso, delle Casse Mutue, delle Banche Popolari (che videro fisicamente la luce in location poco distanti dall'osteria della Marcella fucina de L'Eco e, presumibilmente, di tutta la rete organizzativa) gli sviluppi nazionali.

Ma, rinviando l'approfondimento alla lettura degli allegati a questo articolo, preferiamo limitarci al valore fortemente innovativo insito nell'intuizione di veicolare attraverso una testata popolare le idee e lo stimolo al dibattito ed alla divulgazione. Da cui sarebbe scaturita una stagione di emancipazione delle masse degli oppressi capace di influenza la modernizzazione civile e culturale di tutto il Paese.

“L'Eco”, dava per la prima volta voce, ai cittadini che voce non avevano nell'ultima decade del 19° secolo. Non avevano, in verità, neanche prerogative di cittadinanza. Erano fuori dal perimetro dell'esercizio liberaldemocratico, consentito ai ceti privilegiati. L'obiettivo era quello di convogliare la protesta di questo apartheid sociale e civile, per immettere nello Stato scaturito dal Risorgimento le masse degli oppressi. Di questi non cittadini, di questi sfruttati. Il socialismo teorico ne avrebbe allestito un organica teoria di trasformazione della società; in cui le plebi sarebbero diventate popolo, titolare di diritti collettivi ed individuali.

Il giornale dei socialisti cremonesi avrebbe avuto una storia di 130 anni ed oltre. Avrebbe subito delle metamorfosi nella declinazione della ragione sociale. Avrebbe avuto delle pause, alcune autodeterminate (da gennaio 1890 a giugno 1891, altre forzate (ad esempio, i sequestri susseguenti delle repressioni di Bava Beccaris del 1898; la lunga parentesi del “ventennio”).

Col tempo, come si diceva, la testata avrebbe perso il connotato distintivo della fondazione; per diventare sempre più marcatamente lo strumento informativo/propagandistico del Partito Socialista. Pur integrando, con una certa continuità, le caratteristiche originarie di aggancio ala ricerca teorica.

Insomma, ci sono stati dei “buchi” temporali e delle aporie determinate dagli incartamenti delle vicende in capo al dante causa associativo.

Se si è rialzato dopo il “ventennio” (nelle settimane successive alla Liberazione) sarebbe uscito come “murale”, c'era da giurare che neanche la pausa decretata dalla fine della prima repubblica sarebbe stata giusta causa per dare scacco.

Sicuramente hanno avuto un ruolo la volontà (quasi tignosa) di non arrendersi ed il riscontro della permanenza di un bacino sia pure circoscritto di potenziale interesse. Oltre che, è giusto farne menzione, di un palpabile incoraggiamento di inimmaginabili, per la loro e la nostra storia, mecenati (come il quotidiano La Cronaca di Cremona, che negli anni dieci del duemila sostenne interessanti edizioni monografiche).

Poi, ci fu l'intuizione di dover/poter agganciare la ripresa organica delle pubblicazioni nell'unica modalità consentita dai mezzi e suggerita dall'evoluzione comunicativa.

Ed, appunto, come constata Vasco “Eh, già, siamo ancora qua”.

Non certamente per fare le vestali di un tempo irripetibile e di una missione improponibile, se non per le linee-guida ideali.

I primi cinque anni, condizionati da una condizione di ospitalità, abbiamo collaudato un modulo, caratterizzato da un mix di cronaca di eventi ascrivibili alla sfera genericamente politica, istituzionale, culturale (rispetto alla quale siamo stati, in molti casi, l'unica chance informativa) e di approfondimento storico.

Siamo stati sorretti da un riscontro concreto di collaborazioni da parte di sensibilità non esattamente tarabile sulla nostra medesima onda politica, ma non di meno configurabile come un apporto qualificativo e migliorativo del nostro sforzo.

Siamo certi, nella nuova veste che amplierà la forcella dell'agibilità dei contributi e che fornirà solidi elementi di consultazione liberamente e gratuitamente accessibili, della possibilità di poter giocare un ruolo fecondo nella vita civile e culturale della nostra comunità.

Genericamente ce lo chiede la nostra mission. Ce lo impongono le percezioni e le consapevolezze tratte da un momento drammatico della vita della nostra Patria e del nostro territorio.

Anche per questo motivo abbiamo accelerato i tempi delle “prove”.

Forse non siamo ancora pronti per un collaudo tecnicamente severo. Speriamo nella benevolenza dei nostri lettori che non faticheranno a comprenderci e a comprendere le nostre difficoltà.

Sembrava la fine del mondo ma siamo ancora qua”.

“La pandemia non può mettere in quarantena la democrazia” è stato detto. Non avvertiamo, pur essendo preoccupati oltre che dalle dimensioni della tragedia in corso, pericoli di slittamento delle smagliature della prassi liberaldemocratica verso un significativo affievolimento della tensione civile e del quadro costituzionale.

Bisognerebbe, però, cominciare a chiedersi quanto potrà reggere una democrazia posta in quarantena, che svuota le piazze e riempie le terapie intensive, che pone ai popoli smarriti dall'intensità dell'emergenza nuove percezioni e nuove consapevolezze sul terreno della tenuta del sistema della rappresentanza popolare e della valutazione della congruità del ceto di comando.

Ricordate la bagarre risalente a qualche settimana addietro al taglio dei parlamentari ed alla mobilitazione del no?

Oggi le Camere si riuniscono (giustamente) a ranghi ridotti e nessuno obietta sulla legittimità sostanziale.

Embrasson nous forse sarebbe esercizio retorico.

Ma, indubbiamente, i tempi ammoniscono severamente che il “dopo” pretenderà il netto superamento delle pregresse cattive posture e, soprattutto, la consapevolezza che molto dovrà essere cambiato.

Poco più di un secolo fa un'immane tragedia si abbatté sul mondo e sul nostro Paese. Una tragedia che ebbe come conseguenza tangibile anche il taglio netto e verticale di antiche consuetudini e solidarietà.

Il coté massimalista del socialismo italiano si militò sulle sponde neutraliste (nel giusto convincimento che le guerre non sono la miglior opzione). Bissolati e molti socialisti di scuola risorgimentale approdarono all'interventismo democratico.

Si trattò di una cesura mai rimarginata. Ciò non avrebbe impedito, pur da opposte sponde, una fattiva collaborazione. Tra le amministrazioni socialiste “neutraliste” che sostennero il “fronte interno” nello sforzo di fronteggiare l'immane tragedia e l'interventista democratico Bissolati, che, da ministro in due gabinetti di guerra, si adoperò molto a depotenziare l'autoritarismo e la disumanità della gestione Cadorna e, soprattutto, ad assistere la terribile condizione dei prigionieri italiani detenuti in Austria.

Nell'immediato dopoguerra, le giunte socialiste di Milano e di Cremona avrebbero accolto i bimbi affamati dell'ex nemico, per assisterli e sfamarli.

Forse la simmetria può apparire eccessiva. Ma ci pare di poter affermare che la situazione difficile di questi giorni va affrontata con gli stessi sentimenti.

Tra i cambi di passo auspicabili, pensiamo che debba essere profondamente rivista la gerarchia del valore degli apporti alla comunità e la relativa riparametrazione del riconoscimento dei meriti.

Reggiamo perché ci sono “eroi” diffusi negli avamposti della lotta alla pandemia. Sono i lavoratori della sanità, della protezione civile, degli apparati della sicurezza e, ultimo ma non ultimo, i presidi istituzionali del territorio.

La loro testimonianza civile e professionale non deve far pensare che il “dopo” possa prevedere per loro un gesto collettivo da Cincinnato.

Lo diciamo come preventivo ammonimento e come messaggio per il futuro.

Ringraziamenti ed istruzioni per l'uso

In questa punzonatura del nuovo network sentiamo di rivolgere un pensiero riconoscente a due figure che ispirano costantemente la nostra testimonianza: Emilio Zanoni, che è stato per oltre trent'anni l'anima di questa testata, e Mario Coppetti, che, con un non meno importante percorso parallelo di riferimento storico ed etico-morale, ci ha aiutato soprattutto negli ultimi anni ad attualizzare i valori universali della democrazia, della libertà, del socialismo umanitario.

Ringraziamo i “militanti” che da un quarto di secolo non hanno interessatamente girato le spalle, continuando una testimonianza temprata da evidenti difficili condizioni, ma resa obbligata dall'imperativo di aver ancora qualcosa da dire.

Ringraziamo, soprattutto, i lettori singoli e, come si sarebbe detto un tempo, i “corrispondenti”, vale a dire i portatori di interesse a rendere pervasiva, (toccando ferro) contaminante la circolazione delle idee e del sapere e del relativo confronto, che ci hanno onorato nell'averci individuato come uno degli strumenti.

Ringraziamo, infine, due risorse determinanti sul piano strettamente tecnico (e non solo): Tommaso Anastasio (che da questo numero assume formalmente il ruolo di redattore) e Marco Mariani, informatico titolare di EMME3, al quale riconosciamo grande professionalità e, soprattutto, impareggiabile disponibilità didattica.

Avremmo desiderato che questa edizione fosse arricchita dagli indirizzi di saluto dei vertici istituzionali della nostra comunità e del nostro territorio. Che, come si sa, in aggiunta al carico di responsabilità ed impegni eccezionalmente assorbenti, sono alle prese con una critica condizione clinica. Ci stringiamo a loro, alle loro famiglie, alle istituzioni per le quali operano fattivamente.

Con un beneaugurante Whatsapp.

Qui pubblichiamo l'indirizzo di saluto e di augurio di Davide Viola, figura nota della vita amministrativa e politica della nostra provincia, che nei giorni scorsi ha assunto la presidenza della Associazione Zanoni, di cui, in qualche misura, possiamo ritenerci entità partecipata.

Da ultimo, riteniamo utile fornire qualche istruzione per utile accesso a questa edizione.

Che riporta negli allegati la copia anastatica dell'edizione inaugurale del 4-5 gennaio 1889, la copia della praticamente introvabile edizione del 13-14 novembre 1897, la copia del saggio di Emilio Zanoni sui primi settant'anni de L'Eco del Popolo e copia del testo digitalizzato di “Ricordi di Leonida Bissolati, tratti dalla casa di Pasquale e Marcella” di A. Filippini (della cui salvaguardia e messa a disposizione siamo grati al Dott. Gianezio Dolfini).

Per l'edizione inaugurale di questa nuova stagione dell'Eco del Popolo non poteva mancare il mio saluto di Presidente della Associazione Zanoni. Per me si tratta anche di un tuffo nel passato di quando L'Eco del Popolo arrivava in forma cartacea a casa mia ad un amministratore di fede socialista. Ora la testata si propone in altra forma rinnovata ma saldamente radicata nella tradizione del riformismo e ci ricorda da dove veniamo ma soprattutto dove vogliamo andare in un contesto di complessità sociale economica etica che non richiede risposte semplicistiche a problematiche complesse e globali.

L'indirizzo di saluto del Presidente della Provincia Signoroni

Ricordare una figura come quella di Leonida Bissolati non è certo facile a cavallo di due secoli e nel corso dei drammatici e tragici eventi della prima guerra mondiale.

Denso il suo impegno civico e politico certamente dal livello locale a quello nazionale, da consigliere comunale a Cremona ed assessore comunale all'Istruzione fino a ricoprire il ruolo di Deputato e Ministro.

Una attività, a volte in contrasto anche con il suo stesso partito, come la sua mancata opposizione alla guerra in Libia, che si declinò anche a livello editoriale, con la creazione de “L'Eco del popolo”, organo locale del Partito Socialista Italiano e poi ancor più spiccato come Direttore del “Avanti!”. In particolare lo si ricorda sin dalle sue battaglie e lotte sociali per ottenere migliori condizioni di vita nelle campagne.

Una stretta vicinanza al mondo del lavoro che si evinceva anche dai suoi scritti e linee programmatiche dei principi e ragioni dei socialisti, tese verso la conquista del potere da parte dei lavoratori.

"sostenere la libertá di tutti i popoli costretti nel multinazionale e reazionario impero austro-ungarico, supportato dal suo alleato militarista tedesco".Promotore degli ideali risorgimentali sul piano degli interessi nazionali e difensore dell'identità del paese contro ogni imperialismo: durante la Grande Guerra i socialriformisti, militando tra "gli interventisti democratici", manifestarono la necessità di

Con queste poche parole, che non rendono adeguata visione alla sua vita ed al suo impegno, ma lo collocano certamente nella difesa di quegli ideali che lo accompagnarono sino alla fine.

.Infine, in questo particolare momento di immane  tragedia che il mondo ed il nostro Paese in particolare stanno vivendo, di totale sofferenza per la diffusione del COVID-19, sono a rivolgere un pensiero particolare a quanti hanno perso un loro caro ed a quanti sono impegnati a vario titolo nel combattere questa guerra invisibile all'occhio umano. Ce la faremo.

A stretto giro di posta (telematica) Bello l'indirizzo di saluto del Presidente. E molto apprezzato, considerando il terribile contesto. Abbiamo stretto i denti e, per quanto la nostra testimonianza possa essere pressoché insignificante rispetto all'impegno degli Amministratori, abbiamo voluto mandare un messaggio simbolico. Di aggancio alla nostra storia, di volontà di approfondire il sapere e di confrontarci. Ringraziamo il Presidente e gli assicuriamo, anche a nome della comunità socialista e dell'Associazione Zanoni l'apprezzamento e la vicinanza all'immane sforzo. Con cordiali saluti

Le gallerie
Mario Coppetti al lavoro sull'ovale di Bissolati
Mario Coppetti al lavoro sull'ovale di Bissolati
L'eco del popolo edizione 13-14 novembre 1897
L'eco del popolo edizione 13-14 novembre 1897
L'eco del popolo edizione fondativa 1889
L'eco del popolo edizione fondativa 1889

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Il 72° dell'Italia liberata Cronaca delle celebrazioni cremonesi

L’Eco del Popolo fornisce qui una breve cronaca, corredata da alcune riflessioni di ordine generale sul senso e sul valore della ricorrenza, di una giornata che, se si considerano i contesti gravidi di stordimenti e di incognite, dire festosa sarebbe eccessivo.Sarà stampato il saggio di Zanoni dal primo al secondo risorgimento italiano.

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