Caro direttore, pochi giorni fa in televisione hanno catturato l'attenzione sul crollo di un'ala del cimitero di Poggioreale a Napoli. Le immagini lasciavano poco all'immaginazione e giustificavano il grande malcontento e massimo rammarico di chi aveva i propri defunti tumulati in quel luogo. Anche a Roma, al Verano, la scorsa primavera tombe inaccessibili e urne senza sepoltura. Bare scivolate in mare in Liguria, a Camogli per cedimento di parte della roccia su cui poggiava il piccolo cimitero…
Infiltrazioni d'acqua, non dovutamente tenute in conto, vengono individuate come maggiori responsabili di tanta devastazione. Leggo stamane che un'ala sotterranea del grattacielo, costruito qui a Cremona per rispondere al fabbisogno di chi desidera avere i propri morti ben custoditi in un luogo facilmente raggiungibile, ha mostrato un grosso deficit nell'intonaco del soffitto con conseguente cedimento sul pavimento sottostante. Infiltrazioni presenti da decenni, forse da quando fu deciso di allestirlo qualche decennio fa. Negli ultimi tempi si sono adottati diversi accorgimenti per prevenire i continui danni derivatene. Eppure vecchi ponteggi dimenticati, altre lastre cadute e li accatastate, calcinacci non tranquillizzano le persone che passano necessariamente da quei luoghi. Gli intendimenti di costruire un nuovo grattacielo e di rimodernare tutto il complesso esistono, sono stati già illustrati a chi di dovere per le nuove esigenze che ultimamente si fanno sentire grazie alle nuove pandemie. E del vecchio, per modo di dire, cosa ne facciamo? Si rade al suolo come si propone per il nosocomio cittadino? E gli “ospiti “? Non è facile far quadrare proposte adeguate con i soldi che non cadono dal cielo. Ed è con malinconia ed un sorriso che ripenso ai miei sedici anni. Mio fratello e mia cognata mi avevano accompagnata a ballare. Fui invitata più sere da un tenentino operante alla caserma Col di Lana, timido e silenzioso. Alla risposta affermativa che ero di Cremona sorrise tutto soddisfatto ed esternò un complimento: a Cremona avete un bellissimo cimitero!
Ero meravigliata si, ma anche lusingata perché condividevo la sua convinzione. Infatti, ai tempi che con mia madre mi recavo ogni domenica a “far visita “ai nostri cari, ebbi modo di ammirare statue, monumenti, epigrafi che rendevano tutto l'insieme un gradevole museo delle testimonianze di scultori, architetti, pittori, artisti …un vero comune patrimonio per tutti i cremonesi. Un accogliente giardino. Sarebbe molto triste doversi allontanare dall'idea che i nostri defunti abbiano ora anonima dimora nel disinteresse e nella dimenticanza. Confido nel ben operare dei nostri amministratori per allontanare tale evenienza.
Ringrazio Lei, direttore, per la pazienza con cui prende in considerazione il mio sentire.
Clara Rossini - Cremona 9 gennaio 2022
DISSOLVENZA, tecnica per rifuggire dal dunque
Siamo noi in debito di riconoscenza verso la nostra lettrice per la assiduità con cui legge la nostra e le altre fonti di informazione, si fa un'idea sulle tante criticità quotidiane e fornisce spunti di comune riflessione.
Risulterà evidente che la nostra linea guida editoriale è, pur non disdegnando l'approfondimento (spesso dialettico), di percepire i fatti e farne oggetto d'analisi e, se del caso, di evidenza critica.
Ci piacerebbe molto che la realtà di essi si prestasse solo ad encomio. Ma neanche la proverbiale Alice nel paese delle meraviglie farebbe fatica a concludere che così non sarà mai.
Quando “ci si mette di mezzo la politica…” Già, una vulgata un po' grossiere, con cui si tenderebbe a scavallare l'onere della testimonianza dei problemi all'evidenza degli officiati di ruolo pubblico.
Da un po' di anni, però, si coglie consistentemente l'impulso, soprattutto da parte dei protagonisti della politica (militante ed istituzionale), a denunciare le criticità ed il dissenso e darvi una spiegazione non già come imbocco del percorso traguardato da una conclusione operosa e feconda; bensì come percorso strumentale ad alzare i toni dialettici funzionali alla pervasione mediatica.
Si sarà notato che non c'è stata negli ultimi anni una sola questione oggetto del confronto critico che non diciamo abbia trovato una sintesi condivisa; ma abbia fornito, pur nella permanenza delle caratterizzazioni, un senso compiuto. Che abbia giustificato, con un minimo di punto a capo, un dispendio così cospicuo di testimonianze.
Si alzano subito i toni delle critiche e delle prese di distanza. Le doverose controdeduzioni, quasi sempre modulate sugli acuti (anche nelle sedi istituzionali che dovrebbero richiamare costantemente all'obbligo di consapevolezza del contesto), sono da anni ispirate da un senso di ripristino della lesa maestà (personale e politica); colpita dall'esercizio del dovere di critica e di controllo in capo all'esito del pronunciamento dei cittadini elettori (che decidono liberamente chi deve sedere sui banchi del governo locale e chi su quelli dell'opposizione).
Il dissenso è talmente irricomponibile (su tematiche anche rilevanti, che pretenderebbero quanto meno uno sforzo di armonizzazione e convergenza) che talvolta le dinamiche del confronto si avvalgono della tecnica della “dissolvenza”. Che è un modo di graduale avvicinamento o allontanamento di un personaggio dal primo piano di una vicenda narrata. Insomma un espediente del ciclo contraddistinto dal leaderismo e dagli eccessi di sovraesposizione mediatica.
Non si sa se più per constatazione dell'esaurimento delle cartucce o per rendere latente la riserva di rinfocolare la baruffa. Non per contestualizzarla in circostanze più favorevoli alla convergenza, bensì per, si sa mai, ottimizzarne la presa sulla pubblica opinione. Non è neanche il caso di dettagliare l'elenco tematico. Vero è che nell'ultimo trentennio si è percepito l'affievolimento della tensione civile nella vita pubblica (anche locale), che ha perso di vista le ragioni fondamentali della scesa in campo nella testimonianza istituzionale. Che, a ben vedere, sarebbe ispirata da un senso di servizio reso alla comunità.
Se tale devianza dai cardini etici (per quanto solitamente attribuibile all'opposizione) dell'essere virtuosamente in politica e di esservi per contribuire fecondamente appare in realtà prerogativa bipartisan, di opposizione e di maggioranza. La quale farebbe bene, se volesse veramente bagnare le micce dell'alzo zero di un'opposizione demagogica e strumentale, togliere di mezzo le critiche pretestuose e fornire dettagliate e attendibili controdeduzioni.
Ci spiace dirlo, non è mai il caso di questo governo cittadino. Fatto che costituisce un disdicevole basso livello prestazionale nel contesto istituzionale, ma, anche e soprattutto, una mancanza di riguardo nei confronti dell'opinione pubblica e dei cittadini che (spesso con petulanza) chiedono ragione di certe criticità.
Con il che veniamo al caso segnalato dalla nostra lettrice. Che con molto buon garbo ha evidenziato una criticità, fatta di noncuranza del decoro e della sicurezza dei cittadini.
Qualcuno percepirà quanto andremo argomentando come una scelta di campo. Fattispecie questa che non appartiene né alle prerogative della nostra testata né alla linea editoriale.
Il fatto è che questo governo cittadino si pone frequentemente nelle condizioni di essere criticato sia per le basse performances gestionali sia per le linee guida progettuali.
Vabbé che, dopo la critica e la controdeduzione, ognuno va per la sua parte, quasi sempre senza costrutto.
Ma ha veramente un senso che questa pioggia a catinelle di critiche sulla gestione dei lavori pubblici, del verde, dei servizi cimiteriali (anche se è difficile, causa gli spacchettamenti delle competenze, decifrarne la esatta giurisdizione) non si sia mai esaurita?
Sembra un teatro dell'assurdo: si avanzano rilievi critiche sulla gestione; l'assessore risponde; poi tutto continua come prima.
Nella migliore delle ipotesi, come è avvenuto in questi giorni, l'assessore non nega l'evidenza ma fornisce spiegazioni al limite del surreale.
Sulla gruviera del nastro stradale, si rinvia tout court al “nodo costi”.
Spiegazione che, a stretto senso logico, varrebbe anche per il disastro grattacielo del cimitero.
“Le infiltrazioni d'acqua sono il nodo. Alcuni interventi sono già stati compiuti in passato. Esistono criticità di diverso tipo e origine. Alcune dovute al decadimento dovuto al tempo”
Si dà il caso che l'edificazione del “grattacielo” sia praticamente coeva alla struttura ospedaliera. L'impiego del calcestruzzo, se ben eseguito, ha un'obsolescenza che sorpassa, dicono i tecnici, una duration di almeno 80 anni. Ovviamente se fai le manutenzioni. Ma se, come è avvenuto nell'ultimo trentennio assisti passivamente al degrado senza garantire un minimo manutentivo, poi giocoforza ti imbatti in fenomeni (irreversibili) di decadimento.
Ecco anche questo modo di fornire risposte diciamo un po' improvvisate fornisce fascine al falò della buona politica e della civiltà amministrativa. (e.v.)