Già…il sistema Italia c'ha provato, ma dopo questo lungo cursus costellato di gesti inappropriati, si dovrebbe gettare la spugna. Almeno dal punto di vista dell'evocazione del modello di riferimento. Uno dei motivi per cui la frizione è scappata è rappresentata proprio di un esercizio inflattivo dell'istituto. Come dice oggi Letta, evocando la canna del gas per questa variante di “democrazia diretta”, “Con questi referendum la Lega e non solo ha cercato di strumentalizzare i cittadini e c'è stato un rifiuto che ha addirittura inciso sulla partecipazione alle Amministrative”. Volendo implicitamente suggerire che l'uso inappropriato e bulimico di un istituto partecipativo dal passo, ha finito per sputtanarlo definitivamente e tendenzialmente metterlo in soffitta; con il risultato accessorio, tipico degli affogamenti, di coinvolgere nel collassamento della democrazia tutti “gli sportelli”, attraverso cui la base elettorale è chiamata a fornire indirizzi e mandati agli eletti. Ci si metterà sulla graticola per questo rilievo postumo, che, fondatamente, dovrebbe, considerati i nostri recenti pronunciamenti in materia, chiamarci in correità. Per il quali, in considerazione di una gestione non preclusiva (se non proprio da par condicio), potremmo invocare qualche attenuante. La prima delle quali appartiene alla memoria indomabile dei nostri trascorsi referendari. O meglio delle stagioni referendarie che fecero dell'istituto una prerogativa congrua alle sue caratteristiche di strumento atto ai pronunciamenti popolari sulle grandi questioni. E non è il caso neanche di circostanziare. Poi, seguendo l'impulso tipico della politica e dei politici di strumentalizzare tutto, si è materializzata la profezia del Greesham in materia di circolazione monetaria (che tanto più gira velocemente e tante più fa in modo che la moneta cattiva estrometta dal mercato la moneta buona). Non era questo l'intendimento implicito nel nostro endorsement favorevole all'accesso ai seggi del 12 giugno. Che era principalmente una quasi disperato appello ad invertire o almeno ad attenuare la diserzione al voto. E, contestualmente, di accompagnare questa consapevolezza ad un auspicio.Avevamo scritto, invitando al voto, “Il Referendum, con un auspicato esito favorevole dei SI, può rappresentare un ingrediente aggiunto a gettare, in termini di profondità riformatrice, il cuore oltre l'ostacolo. La credibilità dell'ordinamento italiano ha bisogno di questo. Questo profilo ha connotato la testimonianza della nostra testata. ”Ad ulteriore attenuante ricordiamo qui che sul percorso avevamo segnalato molte controindicazioni, equivalenti se non superiori all'eventuale vantaggio derivante dal raggiungimento del quorum. A principiare da un segnale diretto ai padroni del vapore della via ordinaria, attraverso cui produrre una riforma, pretesa dai dispensatori delle provvidenze del PNRR (che, giustamente, vogliono vederci dentro), ma anche imposta da un senso domestico di resilienza di una branca dell'ordinamento sempre più inefficiente e screditata. Sostiene Letta: la via è quella parlamentare. Fenomeno! Vero che la tua parte può iscriversi nella finca dei vincitori (per il solo fatto di essere stati fermi). Ma ci dici perché mai fin adesso quella salvifica via parlamentare non ha prodotto nulla? Sbagliare è umano, perseverare sarebbe diabolico. Il radicale Della Vedova, che molto si è speso in questa incomprensibile liaison con la Lega, esterna: “la partita non è finita. Se vogliamo salvare il referendum, bisogna ragionare sul quorum in Parlamento”. Affermazione in cui non c'è chi non veda un certo impulso ad inventarsi, anziché applicarsi in una testimonianza trasparente nell'aula parlamentare, qualche traccia di filibustering procedurale. Per la via referendaria…è andata…male! È auspicabile che la politica, anche avvertendo i sinistri scricchiolii nella tenuta del sistema, corregga la rotta e produca risultati concreti e neutrali. Neutrali nel senso che la riforma in lavorazione deve efficientare l'esercizio della giurisdizione e restituire autorevolezza all'organo, ma astrarre da qualsiasi conflitto di interesse. Per la “casta” degli operatori che devono farsi una ragione del fatto che sono un organo e non un potere. Per i politici, per alcuni politici, cui deve andar bene la resilienza dall'attuale condizione cachettica della giurisdizione. E non, come è ormai manifesto, di pretendere di tagliare “le unghie alla Magistratura”. Confezionando un ordinamento ritagliato “al bisogno" di un organo compiacente. In tal senso, le prima galline che hanno cantato sono stati il Capitano leghista e, ça va sans dire, il Cavaliere (per eccellenza). Due galline cui l'idea di una Magistratura “neutra” non basta. Con Della Vedova “la partita non è finita”, anzi è tutta da giocare. Nella speranza che venga giocata nell'interesse del Paese.
La sconfitta degli italiani
Fallisce la tornata dei 5 referendum abrogativi in materia di giustizia: solo il 14, 7% degli italiani è andato a votare. Non mi occupo dei risultati diramati e che riguardano il voto dei circa 12 milioni di italiani che si sono recati alle urne: anzi ritengo che lo Stato, nel caso di mancato raggiungimento del quorum, dovrebbe inibire lo spoglio dei voti referendari espressi, in modo che nessuna delle parti in causa possa strumentalizzarne il risultato dal valore meramente virtuale.
5 quesiti referendari relativi al «Pianeta Giustizia» malamente formulati, scarsamente leggibili, di relativo interesse generale. Non che, andando al merito non riguardassero punti significativi del sistema, ma essi non erano percepibili. Vediamo quello sulla carcerazione preventiva. La norma prevede la carcerabilità per tre ragioni: inquinamento delle prove; pericolo di fuga; reiterazione del reato. Il quesito referendario riguardava soltanto la reiterazione. Perché? I 3 casi sono valutati con un'ampia discrezionalità, tuttavia mitigata dalla necessità di una adeguata motivazione espressa sulla base di elementi oggettivi (per esempio l'acquisto di un biglietto aereo per una destinazione estera) e dalla possibilità di ricorrere al tribunale della libertà che può revocare la misura.
Questo quesito, quindi, è difficilmente comprensibile e difficilmente percepibile dal cittadino che non sia uno specialista.
Un altro tema riguarda la cosiddetta Severino, la prof. avv. che, ministra della giustizia nel governo di Mario Monti, propose e ottenne l'approvazione di norme che determinavano la decadenza o la incandidabilità di persone che fossero state non già condannate per reati contro la pubblica amministrazione ma soltanto sottoposte a inchiesta. Una legge che ignorava il costituzionale principio di presunzione di innocenza per tutti coloro che non fossero stati raggiunti da sentenza passata in giudicato. Una scelta sorprendente dovuta a una avvocata penalista, nota per avere difeso importanti imprenditori e manager e, quindi, teoricamente garantista, contraria alle distorsioni che la norma poi approvata avrebbe potuto causare. Non parliamo di reati di mafia, camorra e ‘ndragheta, ma di ‘normali' reati contro la pubblica Amministrazione. Il fatto sostanziale era, però, che le vittime di estromissione dall'incarico elettivo erano e sono "politici" categoria criminalizzata a quei tempi e abbastanza criminalizzata anche ora. Se, poi, leggiamo il quesito sulle modalità di voto dei magistrati per l'elezione del Consiglio superiore della magistratura, possiamo rimanere raggelati: si propone l'abolizione di un particolare delle norme che disciplinano le candidature, di cui nessuno che non sia magistrato attivo nell'associazionismo può comprendere contenuto ed effetti. Anche perché, in questo caso è assolutamente necessario un intervento del legislatore (colui che il referendum intende bypassare) per definire una nuova disciplina. C'è la questione delle competenze dei consigli giudiziari che esistono in ogni Corte d'appello: sono composti da magistrati, da professori universitari di materie giuridiche e di avvocati. Col referendum si intendeva abolire l'esclusione degli avvocati dalle decisioni che riguardano l'attività dei magistrati. Insomma, l'operosità, la scienza, la coscienza dei magistrati sono oggetto di valutazione da parte dei consigli senza la partecipazione degli avvocati. Un tema di certo interesse pubblico, ma in questi mesi di campagna referendaria non ho incontrato nessuno che si spendesse per la proposta (implicita) referendaria. Anche la separazione delle carriere (argomento che ha visto intervenire molti componenti dell'ordine giudiziario, tutti schierati in difesa della non-separazione, con argomenti speciosi e apodittici, visto che la separazione vige ovunque, senza le nefaste conseguenze evocate dai magistrati italiani) è argomento specialistico che solo chi si occupa professionalmente di diritto e di avvocatura può percepire. Onestamente: pensiamo quindi a Mario Rossi che di norma trascorre la sua domenica di giugno, ciondolando (il meritato riposo), per poi andare a pranzo fuori porta con moglie e figli, e magari a trascorrere il pomeriggio al sole, che deve tornare a casa, cercare la tessera elettorale e recarsi al seggio per votare questioni che non conosce non capisce non gli sono state spiegate. Lo fareste voi? Non lo fareste, anche a causa della congiura del silenzio promossa e realizzata dal sistema informativo nazionale, pronto a cavalcare i compagni di merende del giorno, gli eventi della giunta comunale di Caropepe di Sotto, tutti gli eventi che sono intrinsecamente capaci di qualche scandalo, ma difficilmente impegnabili su questioni serie di serio interesse nazionale. La situazione del Paese, lo dimostra ampiamente (questo deficit informativo). C'è solo da sperare che il prossimo referendum sarà indetto per qualcosa di percepibili e di effettivamente vitali.
Domenico Cacopardo
Flop e flip
Mauro Del Bue L'EDITORIALE 13 GIUGNO 2022 avantionline
Sono diversi i motivi del fallimento dei cinque referendum sulla giustizia. Mi pare che il più rilevante sia il minore senso civico degli italiani rispetto a quello stesso degli anni settanta e ottanta. Allora, si votasse per l'aborto ma anche per la responsabilità civile dei magistrati e per l'abolizione della commissione inquirente, temi non proprio semplici da sviscerare, si riteneva il l'esercizio elettorale un dovere democratico.
E ci si recava alle urne anche contenti di poter decidere direttamente come cittadini, certo anche e soprattutto su indicazione dei partiti, veri strumenti di educazione e di sensibilizzazione sociale. Non parlo dell'89 per cento che votò al referendum abrogativo della legge Fortuna sul divorzio il 12 maggio del 1974, ma anche del 65% che votò sulla legge Reale (davvero gli italiani ne conoscevano il testo?) nel 1978. Parlo anche dei referendum costituzionali, i tre più rilevanti sulla riforma del Titolo quinto voluta dall'Ulivo, sulla cosiddetta Devolution di bossiana memoria e sulla riforma di Renzi. Davvero i cittadini conoscevano bene i testi di queste innovazioni costituzionali? Ne dubito. Quella bocciata nel dicembre del 2016 non ha visto alcun partito o giornale indicare l'astensione e si è trasformata in un referendum sul governo: per questo non fa testo. Il secondo motivo è il silenzio elettorale, un silenzio assoluto, eclatante. Mai prima di oggi, sormontati dal clamore per l'esplosione di una guerra ai confini con l'Europa e reduci dai drammi di una pandemia forse al tramonto, i referendum su cinque quesiti importanti per la vita di ciascuno sono stati ignorati (quando non palesemente falsificati) da tutto il mondo dell'informazione. Ciò ha costituito un precedente non trascurabile per il democratico esercizio di un diritto costituzionale. Ma ce n'è un terzo, ovviamente, che deve spronarci a modificarne l'uso. Ovvio che sia meglio concentrare i quesiti a poche decisive domande chiedendoci anche se non sia il caso di abbassare il quorum per la loro validazione. In fondo oggi eleggeremo sindaci in elezioni prive della maggioranza assoluta degli aventi diritto, mentre già tale maggioranza non è richiesta per i referendum confermativi. In un'Italia sbalestrata e squilibrata da una comunicazione impazzita, in un'Italia che segue ogni volta chi urla più forte, in un'Italia, unico caso in Europa, dove non esistono più i partiti storici e che vota ad ogni elezione, dal 1994, per le opposizioni e contro i governi, ci mancava il deserto di una comunicazione inesistente. Forse esagero. Ma la casa barcolla. Il referendum ha fatto flop ma le elezioni comunali han fatto flip. La democrazia italiana non se la passa per niente bene.
Quanto è difficile essere italiano!
Buongiorno gentile direttore! Quanto è difficile essere italiano! Non è sufficiente votare per chi dovrebbe con buona volontà portare avanti le esigenze di una variegata popolazione, per sentirsi ben rappresentati, oltretutto in presenza di una larga maggioranza nel governo. Importanti decisioni rimbalzano qua e là sino a quando si decide di rimandare al mittente ogni responsabilità tramite un referendum. Posso immaginare lo sconcerto di tanti, non è semplice pensare che, mettendo una crocetta sui vari quesiti, si possa essere all'altezza di personaggi che si nutrono, oltre che di lauti stipendi, di alta (?) politica. Sono infatti temi importanti e poi … non di facile interpretazione. Nessuno alla base si era speso per ottenerlo, anzi, altri temi erano attesi, per esempio “Eutanasia legale” riguardante il fine vita che per proporlo a chi non voleva intendere si erano raccolte più di un milione e mezzo di firme. Referendum su divorzio e aborto hanno raggiunto il quorum perché erano inerenti a problemi sentiti dalla gente. Ci si chieda ora il motivo per cui ieri non si è raccolto il medesimo risultato.
Quanto tempo sprecato e quanti soldoni (nostri) volati via …
Non ci si può schierare l'un contro l'altro armato e poi pretendere, tramite difficili divulgazioni, di raggiungere un buon risultato.
E qui mi ronzano nell'orecchio le voci dei vari giornalisti che, considerando gli exit poll riferiti alle elezioni amministrative, sottolineano come la Destra unita raccolga risultati confortevoli, a differenza di dove ogni partito loro appartenente non brilla, anzi scivola più giù. L'unione fa la forza? Può darsi …la compattezza rassicura. Purtroppo ciò non avviene nella Sinistra …
Per quanto riguarda eventuali conferme dei sindaci uscenti, influisce il loro comportamento negli anni in cui hanno onorato il mandato, indipendentemente dal colore del partito. Un esempio: Marco Bucci, Genova, il sindaco del fare.
Più difficile tifare per un cambio alla testa della Regione. Zaia, Bonaccini,..Fontana …mi fermo perché come lombarda e cremonese (riflessione personale) mi sento orfana, maltrattata, dimenticata. Un caro saluto, direttore, ad maiora
Clara Rossini - Cremona
Mi avvilisce il...
Caro Direttore dopo aver votato ieri desidero sottoporre alcune mie osservazioni. Il flop scontato del Referendum sulla giustizia non ci deve far gridare "non se ne devono più fare perché sono soldi pubblici sprecati". I Referendum sono strumenti di democrazia diretta e vanno usati come supplenza al normale percorso legislativo solo per quesiti importanti e non troppo tecnici. Pertanto bisogna farne buon uso e non strumentalizzarli. Va rivisto anche il quorum perché la metà + 1 degli aventi diritto al voto è troppo elevata, purtroppo l'affluenza alle urne si abbassa sempre più e quindi sarebbe opportuno rapportarla ai votanti dell'ultima elezione politica. Mi avvilisce il dover constatare quanto i cittadini abbiano perso la coscienza civica ed il valore del dovere - diritto del voto. Gli eletti sono il frutto delle nostre scelte politiche, amareggia sentire sempre parole, parole, spesso false, e non vedere mai nessuna riforma. La deriva mi sembra vicina, spero che non contamini ciò che resta delle nostre virtù civili. Scusi il mio sfogo e la ringrazio per avermi ascoltata.
Vicenza, 13 giugno 2022 C.L.