La scelta del completamento grafico del pezzo sottintende anche la metafora di una notizia che andrà completata con un inevitabile secondo tempo. Che è nei preannunci del diretto interessato oltre che della logica che sovrintende alle sentenze destinate a finire nel ring della politica.
Il caso è presto detto. Il Presidente in carica della Provincia Paolo Mirko Signoroni, giunto alla responsabilità di vertice dell'Ente intermedio sulla base, dissero i diretti interpreti, di un compromesso non partisan, è stato nelle ultime ore condannato per falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. Una contestazione sollevata in tempo reale, già all'epoca dell'avanzamento delle candidature e della elezione.
Per farla breve, Signoroni, che è anche Sindaco di un Comune della zona cremasca, aveva omesso, al momento della presentazione della candidatura di far menzione delle funzioni di vicepresidente, dell'A.T.O., Azienda d'ambito territoriale della Provincia.
L'eventuale dichiarazione non avrebbe in ogni caso sanato la fattispecie dell'ineleggibilità.
Sia come sia Signoroni venne eletto su un falso presupposto, che, per il vero, fu subito segnalato (anche grazie un certo “fuoco amico” entro la struttura dell'Ente) dall'opposizione di centro-destra.
Diamo una notizia per un ineludibile dovere deontologico di informazione.
Diciamo che la sentenza è una non notizia; atteso che i precedenti, ove acclarati come corrispondente al vero, non avrebbero condotto ad altro epilogo.
Non entriamo, quindi, nel merito. Solo prendiamo atto di un ulteriore incrudimento della vita politico-istituzionale. Che avviene in un contesto istituzionale a dire poco gravato di problematiche serie. Tirare in ballo (e lo si deve fare quando utile e necessario) la Provincia è come sparare sulla Crocerossa). Effettivamente, l'episodio svela una leggerezza, che, se non intenzionale, getta una luce sinistra sul retroterra di cultura procedurale e amministrativa di questo establishment. A meno che, pur consapevoli della controindicazione, qualcuno avesse pensato di sfangarla, l'assai probabile complicazione. Di passaggio, facciamo notare che nel think tank e nella sala regia dell'operazione avrebbe dovuto esserci, nelle rassicurazioni del partito maggioritario, una consolidata presenza “tecnica” (con un lungo passato di vertice dirigenziale ed un futuro di Vicepresidente dell'eleggendo Signoroni). Da cultori dei rudimenti della giustizia uguale per tutti, le sentenze non si interpretano né per gli amici né per gli avversari. Semplicemente se ne prende atto. In qualche misura, siamo, lateralmente al fatto, sorpresi dalla rapidità della conclusione della procedura. Altrettanta sollecitudine (pur nella consapevolezza della imparagonabilità) la giurisdizione non sembra dimostrare sul caso "Uniti per la provincia di Cremona". Di cui, dopo un avvio al fulmicotone, non si ha contezza circa il prosieguo. A dispetto dell'entità della sottrazione (314.850 euro) e del livello di turbamento sociale. L'affaire ha lambito molto marginalmente l'Ente, il Presidente ha accettato, dobbiamo dire generosamente, di rimettere insieme i cocci di una questione imbarazzante.
Questa chiosa centra poco con la notizia più recente. Ma ci è parso non inutile osservare che, nonostante la parva res di un lavoro requirente presumibilmente già incanalato, il caso sembra finito nel proverbiale porto delle nebbie.
Lo riprenderemo nei prossimi giorni.