Come preannunciato nell'articolo che fa da apripista ad una filiera di approfondimenti sul tema, il classico cerino è rimasto tra indice e pollice del santo pretino di Gallignano. La cui testimonianza sopra le righe di un sia pur moderato livello di oscurantismo sembrava sortita dallo sprone dei circoli presbiteriali più tradizionalisti con un immaginabile “vai avanti tu…”.
È andato avanti. Ha avuto il suo momento mediatico. Ha tolto dal cilindro l'evocazione ed il campionario di gesti riparatori (senza, ovviamente, rinunciare a quella sorta di pronunciamento contro la primazia dello Stato).
Poi, come avevamo sottolineato, il sempre più disarticolato tessuto di Madre Chiesa ha trovato la sintesi, l'unica sintesi di buon senso e ad un tempo di osservanza della divisione dei compiti. E le contrapposizioni, per quanto possa essere immaginabile che certe braci possano continuare a covare sotto la cenere, sono venute meno.
Insomma, anche la Chiesa Cattolica, come le Comunità Israelitiche e le Chiese Riformate, ha trovato il modo di ritagliarsi un posto sul terreno del realismo e della responsabilità etica.
Si può azzardare, anzi, che la contrapposizione possa essere stata in qualche misura feconda all'emersione, nella stessa Chiesa, di gesti e di pronunciamenti edificanti; maggiormente in linea con i tempi difficili e la sua stessa missione.
Oddio, negli aggiustamenti, c'è scappato l'endorsement del Sindaco Sala, che, salito sulle guglie del Duomo, ha implorato la Madunina: “Ci serve il tuo sguardo”.
Ma, poi, tutto sta rientrando nel giusto alveo delle, diciamo, competenze.
Con qualche non spiacevole uscita dalle consegne.
Facciamo menzione, ad esempio, del Parroco di Corenno (Lecco), cui il crudele morbo ha sottratto il padre ed il più diretto collaboratore. Monsignor Angelo Riva, cui non difetta il dono della chiarezza, nei giorni scorsi (alla vigilia della fase 2) ha dichiarato: “I vescovi sono imprudenti. Non apro la messa ai fedeli. Ho sempre celebrato. Anche a Carenno le funzioni saranno pubbliche. Ma l'invito ai fedeli è a non venire”.
Don Angelo Riva, parroco di Corenno Il Papa, annunciando la riapertura di S. Pietro che fa da apripista per tutta la rete dei luoghi di culto, raccomanda: “Ma per favore rispettate le regole”
Sull'evoluzione del confronto abbiamo interpellato Silvano Bonali che, in merito era già intervenuto alcuni giorni fa con le proprie riflessioni.
Senso civico, fede e cuore nei momenti della pandemia
Il prof. Tira, docente di Diritto ecclesiastico all'Università degli Studi di Bergamo, scrive in un lungo articolo che l'effetto mediatico di quanto successo a Gallignano, unitamente a ipotetici malumori emersi nella collettività, abbia messo a dura prova i rapporti fra Stato e Chiesa “inducendo” il Governo a scendere a patti con la CEI.
Sinceramente mi è difficile pensare che lo scellerato comportamento di un modesto anziano prete ribelle di campagna, al quale evidentemente la saggezza non è cresciuta di pari passo con l'età, possa aver influito a tali livelli decisionali; comportamento chiaramente illegale e irrispettoso pure delle direttive del suo vescovo e dell'esempio e appelli del Papa.
A parere del nostro professore “la chiesa italiana non era più disposta recepire passivamente le scelte unilaterali del Governo …. se colpiscono direttamente la libertà di culto”.
Ma chi e quando è stata messa in discussione la libertà di culto!
Egregio professore emerge nel suo pensiero la vecchia consuetudine clericale di sentirsi autonomi se non al di sopra delle regole della comunità: è arrogante insistere nel giustificare i comportamenti illegittimi con l'idea di poter godere nei luoghi di culto di una specie di extraterritorialità.
I decreti del Presidente del Consiglio non toccano la Chiesa, intesa come comunità di fedeli; diversamente invece toccano la chiesa, intesa come edificio, che deve soggiacere a tali norme.
Nessuna ingerenza quindi nella pratica religiosa: pregare è possibile in ogni luogo.
Gli antichi cristiani vivevano la loro fede nelle catacombe, i cristiani del secondo millennio invece in opulenti edifici colmi di ori e di argenti: potranno i cristiani di oggi, per un breve periodo causa pandemia, vivere la loro fede nelle proprie case preservandosi e preservando in tal modo la salute propria e degli altri?
Certamente siamo tutti consapevoli che “per i fedeli ritrovarsi insieme per celebrare i segni e i simboli sacramentali e una condizione fondamentale” e quindi confidiamo nella brevità di tale situazione; non viviamo tale divieto negativamente, ricordiamoci che il Vangelo è per la vita, quindi per la salute, come pure la nostra costituzione contempla di preservare la salute e l'integrità dei cittadini.
Facciamo nostro il monito di monsignor Riva, parroco di Corenno, che sabato 16 maggio scrive sul Corriere della sera “di considerare imprudente l'apertura delle chiese” e continua dicendo “che avrebbe proseguito ad invitare i fedeli a restare a casa” e infine con estrema chiarezza: “Preferisco fare mio l'invito del Papa ad una seria prudenza”.
Le norme per contrastare la pandemia dispongono di evitare assembramenti e impongono distanze fisiche e questo deve valere per tutti e per tutti i luoghi senza eccezioni senza accampare motivi religiosi siano essi cattolici, cristiani, mussulmani, ebrei ecc. ecc. Quando tali luoghi saranno attrezzati secondo le norme godranno delle stesse liberta operative di tutti gli altri luoghi.
Agli insofferenti dovrebbe far meditare quanto successo al funerale dei rom a Campobasso: una trentina di persone (irresponsabili) si sono prese il diritto di esprimere le loro condoglianze al defunto riunendosi nel cimitero con il risultato che il giorno dopo fra loro e rispettivi familiari vi erano già 72 positivi al virus.
Meno dogmatismo e maggiore apertura verso il rispetto della persona umana sono doverosi in questi difficili momenti in particolare da chi fa cultura: educhiamo, al di la di ogni convinzione e credo, al rispetto della legalità per rispettare l'intera comunità.
Silvano Bonali