Nelle prime giornate del nuovo anno ci hanno lasciato due figure importanti per la vita istituzionale e per la testimonianza socialista. Si tratta di Felice Besostri e di Fabio Fabbri. Entrambi avvocati e parlamentari. Operativo prevalentemente il primo nel milanese e nell'area parmense-emiliana il secondo.
Quasi appartenenti, detto sommariamente, perché una decade di quei tempi faceva la differenza, alla stessa leva anagrafico-militante, li abbiamo incrociati, sia umanamente sia nella vita di partito.
Ovviamente caratterizzati, nonostante la comunanza di studi, nella specificità professionale prevalente, si può dire che furono per quasi tutta la loro vicenda umana e politica accomunati da un impegno militante e pubblico predominante.
D'altro lato, non poteva, considerando la struttura della militanza dei partiti e dell'appartenenza al gruppo dirigente, essere che così.
Il Partito, che era un'entità quasi totalmente assorbente, era, oltre a tutto il ben noto resto, un'occasione di conoscenza, di scambio di esperienze a valere anche nel proprio incremento di esperienze e nell'attività delle rispettive locations.
In quel tempo non c'era nulla delle opportunità smart di contatti di adesso; ma la relazionalità (al netto dell'essenzialità e fecondità) era imparagonabile a quella dei tempi correnti.
Besostri, praticamente un coetaneo (di anagrafe e di precoce approdo alla Federazione Giovanile Socialista e al PSI), fu sin dal primo incontro da me percepito come un fratello appena appena maggiore. Di rango anagrafico/dirigenziale appena al di sotto dei giovani socialisti di prima fila (Tognoli e Intini, conosciuti come tutti quelli destinati “alla carriera” nella redazione milanese dell'Avanti), fu percepito, per la serietà ma anche per la bonomia espresse nel contatto, come, appunto, il fratello maggiore. Contatto indispensabile, soprattutto sull'articolato territoriale ed organizzativo della Lombardia, per un'attività volontaria ma non di meno molto impegnativa.
Per i traguardi di crescita della quale era importante giovarsi dell'indirizzo di compagni come Felice Besostri.
Era segretario regionale all'epoca dell'attentato alla Banca dell'Agricoltura. Stavamo organizzando un convegno nazionale della FGS che avrebbe dovuto svolgersi il giorno dopo (sabato 13 dicembre 1969) in un albergo di Porretta Terme.
Non c'erano il telefonino e la posta elettronica. Ma chi scrive ebbe da Besostri, installato nella sede regionale di Viale Lunigiana, una cronaca telefonica quasi in diretta. Al termine della quale, ça va sans dire, il convegno nazionale fu sconvocato, per avviare in automatico la mobilitazione per la risposta all'orrendo attentato, che apriva, nonostante l'impegno militante non fosse anche allora un dinner, una fase nuova nella tenuta del sistema democratico. Per anni abbiamo militato nella corrente consapevole della deriva ministerialistica del Psi e dell'alleanza riformatrice del centrosinistra (di Nenni e Moro). Con un piede nella corrente De Martino e un altro in quella di Riccardo Lombardi (non casualmente entrambi provenienti dall'esperienza azionista). Poi, con l'implosione dell'intelaiatura militante, i percorsi si sono, diciamo, caratterizzati. Con il suo approdo ad una sponda radical left. In cui ha fornito sempre apporti ideali e scientifici di altissimo livello. Da noi invitato (insieme a Roberto Biscardini) ad una conferenza della Comunità Socialista presso il Circolo della Società Filodrammatica Cremonese, aveva molto nitidamente scandito il suo contributo in materia sia di sostenibilità della testimonianza socialista sia di priorità della difesa dell'impianto della Costituzione. D'altro lato, nei partecipanti era ben nota la portata della testimonianza di Besostri, prima come parlamentare nella Commissione e poi come giurista impegnato, a difesa delle prerogative della Costituzione Repubblicana. Testimonianza universalmente apprezzata da tutto l'articolato schieramento che, a partire dalla sua attività di difesa della costituzionalità delle leggi elettorali, aveva riconosciuto un incipit di battaglia per la democrazia dalla deriva “maggioritaria”. In vista della votazione in seduta comune del Parlamento Italiano per l'elezione di due giudici costituzionali 38 ex parlamentari avevano preso l'iniziativa di inviare un appello ai parlamentari in carica a sostegno della candidatura a membro della Corte Costituzionale. La direzione de L'Eco del Popolo aveva sottoscrive tale petizione. Diciamo anche che Besostri in questi anni era restato sul pezzo con una continua partecipazione alle attività convegnistiche dedicate al tema e ad un'intensa attività giornalistica. Tra cui la collaborazione all'Avvenire del Lavoro. Dalla doppia spuntatura su Whatsapp sapevamo che seguiva la nostra testata.
Anche l'altro scomparso, Fabio Fabbri, l'abbiamo incrociato per più di mezzo secolo. Nella vita di partito e nelle attività amministrative. In particolare nel periodo in cui chi scrive era consigliere dell'Autocamionale della Cisa. E, a seguire, per i necessari comuni approfondimenti della questione padana, quando fu presidente dell'Azienda Regionale dei Porti e quando, per conto del PSI, fu incaricato di seguire la vicenda, tuttora inconclusa della Bretella Autobrennero Autocisa (di cui si stava occupando anche il sottosegretario parmense Giulio Ferrarini).
In Fabbri era ben presente una visione delle problematiche svincolata dalle ristrettezze dei confini amministrativi. Lo si capì quando, da sottosegretario all'Agricoltura venne a fine anni 80 ad animare e presiedere un convegno della Federazione Socialista Cremonese dedicato all'agricoltura dell'area padana.
Si deve aggiungere che nello sguardo di Fabbri era costante l'attenzione ad un radar capace di captare l'esistenza di un orizzonte di interdipendenze territoriali più vasto, che puntava alle comunanze della padanità lombarda, di quella emiliana e della propaggine oltre la Cisa. Del che si era fatto promotore di un costante approfondimento tematico a livello delle federazioni provinciali socialiste di tale ambito.
Per delineare il profilo dei due scomparsi ci avvaliamo degli scritti del Direttore de La giustizia, Mauro del Bue, e del direttore di Critica Sociale, Stefano Carluccio.
Felice Besostri
Besostri, detto “Besos” merita una antologia di testimonianze politiche e private. Ingordo di vita mangiava come un toro e lottava come un toro. A lui si deve la caduta di due leggi elettorali infami come il porcellum e il mattarellum con un'azione promossa in pochi giuristi e compagni, ripresa e sostenuta nell'ostilità generale dalla Critica Sociale, che dovrebbe dedicargli un numero riepilogativo. E stato per un breve periodo anche proprietario della testata Avanti ora in sonno e su cui ha scritto anche nell'ultima edizione, cose cervellotiche ma esatte e importanti. A lui anche si deve la riconquista del Centro Brera dopo la revoca decisa illegalmente dagli uffici dei funzionari del demanio comunale di allora (poi allontanati) con un ricorso al tar assieme all'avv. Beppe Sarno e al sottoscritto. E all'interessamento di Pisapia sindaco. Sulla politica estera era in contatto con i gruppi più sconosciuti ma di tagliente acume. Costituzionalista, inizia come presidente del Coreco lombardo e nel diritto amministrativo in cui era imbattibile. Goloso di vita è rimasto un enfant prodige sempre escluso tranne una legislatura da senatore. Felice é il nome che più gli si addice.
Stefano Carluccio
Fabio Fabbri
Fabio Fabbri era nato giornalista, collaboratore de Il Mondo di Pannunzio, di tendenza liberalsocialista. Avvocato di professione, giornalista per hobby, scoprì la politica e, fin da giovane (Fabio era di Tizzano, comune sull'Appennino parmense nel 1933) scelse la militanza socialista. Al congresso del 1968 fu esponente della mozione di Antonio Giolitti, nella quale si raggruppavano molte delle più fresche intellettualità socialiste. Nel 1976, dopo essere stato consigliere, assessore e vice presidente della Provincia, fu eletto senatore. In lui il Psi riconobbe i segni del necessario rinnovamento morale a seguito dello scandalo che coinvolse il Psi di Parma proprio in quell'anno. Fabio era una garanzia di socialismo dai buoni odori, profumato di coerenza e radicato in un territorio montanaro dal quale non si discosterà mai. Il suo volto smilzo incarnava bene il socialismo emiliano, la sua cadenza quello parmigiano, ma non si sentì mai vocazionalmente provinciale o nazionale. Restava profondamente tizzanese, uomo d'appennino, col naso irsuto che ricordava i tratti ispidi delle sue montagne. Il suo legame con il paese natale é poi certificato dal riconoscimento della cittadinanza onoraria che il sindaco di Tizzano volle conferirgli qualche anno orsono. Fabio sarà ininterrottamente senatore dal 1976 al 1994. Tra i più fidati collaboratori di Craxi, sarà più volte ministro, oltre che presidente del gruppo dei senatori socialisti. Tre i dicasteri di cui ha avuto la responsabilità: Affari regionali nel quinto governo Fanfani fra l'82 e l'83, Politiche comunitarie nel secondo governo Craxi fra l'agosto 86 e l'aprile '87 e Difesa con Ciampi dall'aprile del '93 al maggio del '94. A questo vanno aggiunti 10 mesi fra il giugno del '92 e l'aprile del '93 come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Giuliano Amato e altri incarichi come sottosegretario all'Agricoltura e Foreste in quattro esecutivi diversi. Tutto questo a testimonianza della stima e dell'apprezzamento unanime di cui Fabbri ha goduto nel Psi. Non abbandonò la lotta politica dopo Tangentopoli da cui non venne minimamente sfiorato. E tornò subito in campo alle elezioni europee del 1994 nella lista Ps-Alleanza democratica. Il suo coraggio e il suo altruismo vennero premiati da un risultato incoraggiante in una lista che a livello nazionale raccolse briciole. Non lasciò mai il nucleo socialista che non intendeva mollare mantenendo rapporti con Boselli ed Intini e partecipando a quasi tutte le iniziative politiche promosse dai socialisti in provincia di Parma. Lui era nato, per caso, a Ciano d'Enza, attuale comune di Canossa, e si considerava anche un po' reggiano. Insieme promuovemmo un'iniziativa sui rapporti Reggio-Parma che coinvolse i due sindaci, i due presidenti della provincia e che tentò di lanciare una proposta di pianificazione interprovinciale. Mi telefonava quasi ad ogni articolo che gli mandavo, scritto sull'Avanti. Posso dire di essere stato negli ultimi anni della sua vita il socialista col quale ha mantenuto più rapporti. E le domande erano sempre le stesse: c'é spazio, cosa pensi si debba fare? Pensava alla maledizione di un partito cancellato dopo avere avuto ragione nella storia. Soffriva, ma non si rassegnava. Dopo Ferrarini, Piro, Babbini, Covatta, dei socialisti eletti in Emilia-Romagna nel 1992, ultima legislatura in cui si presentò il Psi, anche Fabbri ci ha lasciato. Per me una sensazione di solitudine e di profonda tristezza.
Mauro De Bue