L'abbiamo accompagnato solo qualche ora fa all'ultima dimora. Che, a Pizzighettone, è a pochi metri da quell'epicentro, fisico e simbolico, che ha sempre costituito il riferimento di una testimonianza civile e politica capace di accomunare per oltre mezzo secolo le nostre esistenze.
L'abbiamo accompagnato nello smarrimento di una perdita irreparabile ed imprevedibile. Il cui dolore è stato in parte lenito dalla percezione di una vasta condivisione. Manifestata attraverso la vicinanza alla famiglia dello scomparso ed il tributo al valore di un apporto speso per il partito, cui ha sempre appartenuto, per la comunità/paese da cui, nonostante gli impegni, non si è mai distaccato, per il mondo del lavoro, che, in questa comunità/paese, ha sempre avuto un significato particolare
Già, la fabbrica-paese, in cui lavoravano i nostri genitori. Che, oltre alla condizione di impiegato, tecnico, capo-reparto, operaio, condividevano anche la tessera socialista e sindacale, l'impegno nella cooperativa ed, alcuni, anche quello amministrativo in Comune.
Venne così naturale, anche per quello spirito di emulazione suscitato ogni giorno da insegnamenti e gesti trasmessi in automatico, che, quasi ancora adolescenti o giovanissimi, cominciassimo ben presto a comportarci da adulti.
Per quanto Fulvio, più grande di noi di qualche anno, avesse iniziato a lavorare a Milano, demmo vita ad un gruppo studentesco e, nel settembre del 1962, anno del 70° della fondazione del PSI, alla sezione giovanile. Che, nel volgere di due anni, reclutò un centinaio di iscritti; diventando, in paese, un motorino di vivacità dialettica e, nella federazione provinciale, una delle realtà più significative.
Chi scrive aveva assunto, alla fine del 1963, l'incarico di segretario provinciale della Federazione Giovanile; ruolo che, all'inizio del 1964, a scissione consumata, sarebbe passato a Fulvio Pesenti.
Se ne appassionò al punto da deragliare dalle linee guida di un'esistenza, che, almeno dal punto di vista del profilo lavorativo, era stata incardinata ben diversamente.
Avrebbe così lasciato il promettente lavoro a Milano ed, accettando anche alcuni margini di precarietà per il futuro, si sarebbe buttato a capofitto nell'attività politica e sindacale a tempo pieno.
Un'attività che richiedeva dedizione ed eclettismo; in considerazione del fronte plurimo che lo avrebbe impegnato ogni giorno.
Per un breve periodo si sarebbe fatto le ossa come organizzatore della federazione socialista, a fianco del leader socialista pizzighettonese, Piero Cabrini, destinato qualche mese dopo all'incarico di segretario aggiunto della Camera del Lavoro provinciale.
Fulvio, pur continuando a guidare la federazione giovanile socialista e a collaborare in Consiglio Comunale con il da poco eletto Sindaco Giusto Corbani, si incammina irreversibilmente verso quello che sarebbe stato, per oltre trent'anni, l'impegno di un'intera esistenza, continuato anche oltre la quiescenza.
Dell'esordio in quella testimonianza sindacale, si ha notizia ufficiale dall'edizione dedicata al 1° maggio del 1964. Sulle cui pagine apparve un suo contributo dedicato alla recente positiva conclusione dell'integrativo provinciale del settore del commercio.
Diciamo che, in quella congiuntura contraddistinta, per le conseguenze della decimazione dei quadri socialisti nel sindacato causata dalla scissione a sinistra, dall'esigenza di una forte accelerazione dell'ascensore delle responsabilità, Pesenti sarebbe passato ben presto alla guida di importanti federazioni sindacali.
In particolare, della federazione dei lavoratori chimici, di cui avrebbe rilevato il testimone da Piero Cabrini.
Un settore questo che, soprattutto per chi come loro proveniva dallo stretto contatto con la fabbrica/paese di Pizzighettone, allora denominata ATA Pirelli (e, poi, nella fase finale, SICREM), costituiva un impegnativo banco di prova ed un viatico a tener sempre conto delle origini.
Avrebbe scalato, come prima di noi ha documentato sulle pagine del quotidiano locale la brava Stefania Mola, tutti i livelli di responsabilità di questa federazione sindacale, fino a giungere ai vertici nazionali.
Come sarebbe stato, nel prosieguo, per l'altro settore, l'agro-alimentare, in cui avrebbe speso un impegno significativo fino, come abbiamo detto, alla pensione. Che non sarebbe stato esattamente uno slittamento verso l'ozio delle proverbiali panchine destinate agli anziani inattivi.
Per oltre dieci anni, infatti, Pesenti era destinato a mettere a frutto la sua vasta esperienza sindacale a livello di rappresentanza negli organismi comunitari e di guida degli organismi previdenziali per le categorie che aveva guidato sindacalmente.
In ossequio alle incompatibilità stabilite a carico dei dirigenti sindacali, Fulvio Pesenti non poté, a partire dalla fine degli anni settanta, assumere responsabilità negli organi direttivi del PSI e nelle istituzioni (privando così, come in molti altri casi, la vita politica ed istituzionale, dell'apporto di una classe dirigente a stretto contatto del mondo del lavoro).
Esaurito il ciclo sindacale, avrebbe riallacciato il mai reciso legame con il PSI e la vita del paese, in cui aveva continuato, nonostante il gravame degli spostamenti quotidiani, a risiedere.
Nel frattempo, però, si era drammaticamente conclusa la parabola del movimento politico che era stato la stella cometa della nostra esistenza.
Diciamo che, da impenitente “autonomista”, avrebbe potuto giustificare approdi anche diversi dalla sua coerente fedeltà agli ideali socialisti; oggi confinati, sia pure a sinistra, nell'apartheid se non dell'irrilevanza sicuramente di un peso molto relativo nelle vicende della sinistra (o di quel che resta).
Fatto questo che, in una personalità come la sua propensa a privilegiare la coerenza a danno dell'ambizione, non ha inciso nella determinazione di rappresentare la cultura politica del riformismo in un'ottica difforme dalla lettura “bipolare” e maggioritaria.
Nelle non infrequenti riflessioni su questa anomalia, che, nella rappresentazione dogmatica di coloro che, senza soluzione di continuità, sono transitati dal PCI ai nuovi contesti pur continuando ad esercitare la pretesa di omologazione, ci collocherebbe automaticamente “fuori dalla sinistra”, decidevamo di non curarci di loro, ma…
Infatti, a dimostrazione della continuità del titolo di rappresentatività, la lista civica di Pesenti (giustamente ampliata ad altri apporti nell'ultima tornata) ha dimostrato che il centro-sinistra, se voleva essere tale a Pizzighettone, non poteva prescindere dal confronto e dalla collaborazione con quella cultura politica di stampo riformista. Che egli ha rappresentato per tutta l'intera sua testimonianza pubblica.
Questi sono, una volta vinta la commozione, i sentimenti di vicinanza che vogliamo esprimere a Rosanna, a Mirco, a Gigi. Ma sono anche le riflessioni attorno al senso di una testimonianza, capace, per la sua coerenza, di trasmettersi nel tempo.
E.V.