Ci ha lasciati Giuseppe Morandi, fotografo, organizzatore di cultura, militante della sinistra
Memoir della figura a cura di Massimo Bondioli
Il 14 novembre è deceduto a Piadena all'età di 87 anni Giuseppe Morandi. È un altro pezzo di Piadena che se ne è andato, di quella Piadena che lui, insieme a tanti altri compagni e compagne, a cominciare dal Micio e dalla Lega di Cultura, e insieme a Gianni Bosio e Mario Lodi, aveva contribuito a rendere un luogo “mitico”, dove le classi impropriamente definite subalterne riuscivano a prendere coscienza della propria cultura e ad utilizzarla in chiave politica per il proprio riscatto.
Morandi, più di tutti, è stato capace, attraverso la fotografia e i film, di raccontare un mondo, quello dei paisan, che volgeva alla fine. Ma a quel mondo non è mai rimasto inchiodato. Con intelligenza ha saputo, nel corso degli anni, leggere le trasformazioni in atto, cogliendone limiti e potenzialità, al di fuori di ogni provincialismo, moda o compiacimento estetico.
Ricordare chi è stato Morandi significa ripercorrere gran parte della storia collettiva di Piadena a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, quando, nella Biblioteca Popolare di Piadena sotto la guida del maestro Mario Lodi, si cominciarono a produrre i primi Quaderni di Piadena, espressione della cultura “altra” delle classi popolari. Fu in quello straordinario laboratorio che Lodi avviò Morandi all'uso della cinepresa e della macchina fotografica. E fu sempre da lì che, sotto la spinta di un altro grande intellettuale, Gianni Bosio, prese avvio la ricerca sul campo dei canti popolari e di lotta e si diede vita al Gruppo Padano di Piadena e, per gemmazione, al Duo di Piadena. Ma anche, nel 1967, alla Lega di Cultura fondata da Giuseppe Morandi e Gianfranco Azzali (Micio) in contrasto con la linea politico-culturale della Biblioteca.
Sulla fotografia di Morandi e sulla Lega di Cultura di Piadena, artefice da quasi sessant'anni di innumerevoli lotte e iniziative culturali e politiche, è stato scritto e detto tantissimo. La loro importanza è attestata dalle mostre e dalle pubblicazioni che hanno fatto il giro del mondo, dall'interesse di università e intellettuali, ma anche dall'annuale Festa di Pontirolo in grado di richiamare da ogni dove centinaia di persone e gruppi musicali e di canto popolare.
Come molti hanno detto in questi giorni, Morandi è stato un organizzatore di cultura e un autentico intellettuale, ma è stato anche un attivista politico. Ha sempre fatto politica, anche quando documentava i riti della vita contadina, la vita dei bergamini e i migranti venuti a sostituirli. Ma chi l'ha conosciuto sa bene che non avrebbe resistito un giorno all'interno di un partito: troppo immediato, schietto, avulso dai rituali della politica, insofferente alla disciplina di partito. Eppure, la vita di Morandi ha annoverato anche l'appartenenza partitica e la militanza in senso stretto. La sua formazione politica meriterebbe un adeguato approfondimento che finora è mancato.
La richiesta di ricordarlo da parte de “L'Eco del Popolo”, la storica testata dei socialisti cremonesi, mi sembra la migliore occasione per un breve affondo proprio su quell'aspetto.
In Morandi, la formazione politica coincide con quella culturale ed entrambe segnano in qualche modo il processo di emancipazione dalla famiglia, l'ingresso nel mondo adulto, ben rappresentato dalla scelta di aderire al Partito Socialista in contrasto con l'appartenenza del padre al Partito Comunista. Naturalmente, l'influenza del maestro socialista Lodi, un “secondo padre” come dirà di lui Morandi, fu determinante.
Un primo esempio della cultura militante di Morandi è rappresentato dal Quaderno della Biblioteca Popolare Sciopero! Studio-inchiesta sugli scioperi dei contadini del 1948 e 1949. Presentandolo, Lodi dirà che fu
prodotto della tenace volontà di Giuseppe Morandi, che ha saputo far parlare i nostri piuttosto chiusi contadini. Mi pare una pubblicazione originale e coraggiosa”. Che fosse uno studio prezioso venne riconosciuto anche da Emanuele Tortoreto, dirigente milanese del PSI e studioso delle lotte del movimento operaio e contadino, che lo definì “forse l'unico, o uno dei pochissimi esistenti.
La militanza socialista durò diversi anni. Un trafiletto de “L'Eco del Popolo” del 14 luglio 1962 sull'attività della Federazione Giovanile Socialista lo indica, insieme a Sergio Lodi, tra i giovani che presero la parola a una riunione del Direttivo provinciale aperta agli attivisti.
Sempre dalle colonne del periodico socialista cremonese, si apprende che nel luglio dell'anno successivo Morandi, in rappresentanza della FGSI, si fece promotore a Piadena, insieme alla FGCI, di una articolata manifestazione per la pace della durata di tre giorni con proiezione di film, una festa danzante, una partita di calcio, comizi e una marcia di protesta.
Il 1963 vide anche il sequestro per oscenità dei Quaderni di Piadena, il volume, a firma Lodi e Morandi, uscito alla fine del 1962 per le Edizioni Avanti! dirette da Gianni Bosio, che raccoglieva i primi quaderni della Biblioteca Popolare. Come risposta al sequestro, il 30 gennaio, la sezione socialista organizzò una partecipata assemblea al Cinema Italia nella quale venne espressa la solidarietà agli autori e agli amministratori comunali denunciati e ribadito il diritto alla libera espressione.
All'inizio degli anni Sessanta vi furono, per Giuseppe Morandi, altri due fondamentali incontri, quello con Gianni Bosio e, in seguito, con il giovane bergamino Gianfranco Azzali, per tutti il Micio. Il primo contribuì ad accrescere la consapevolezza del significato politico del lavoro culturale che si stava sviluppando a Piadena, il secondo spalancò a Morandi le porte a una visione più profonda della cultura contadina.
Gli stimoli offerti da Bosio e i mutamenti in atto nel quadro politico in quel periodo, con l'avvicinamento dei socialisti all'area di governo insieme all'avversario storico, portarono Morandi su posizioni sempre più critiche verso la linea del Partito Socialista.
Un disagio, quello della base, che era stato acutamente registrato nel quaderno n. 16 della Biblioteca Popolare La via italiana al Socialismo uscito nel giugno 1963, frutto di interviste realizzate da Giuseppe Morandi e Aldo Tonini a una quindicina di iscritti a PSI e PCI sulla situazione politica del momento e sulle prospettive di cambiamento.
Il Quaderno suscitò grande interesse tanto da meritare una recensione sul n. 50 di “Rinascita” del 21 dicembre 1963 a firma m.m. (probabilmente Miriam Mafai). L'articolo si concludeva con questa riflessione:
Se incertezze e confusione ci sono dunque, e si rivelano anche in queste interviste raccolte dal Quaderno, non c'è dubbio che da Piadena ci giunge, con queste voci di operai e di contadini comunisti e socialisti, un invito ad approfondire il dibattito e soprattutto la manifestazione di una volontà di azione e di rinnovamento di cui anche i promotori di un “centro-sinistra” addomesticato dovranno tener conto.
Di fronte al progredire della politica del centrosinistra, nel gennaio del 1964 si consumò la scissione che portò alla formazione del PSIUP. Morandi aderì da subito al nuovo partito. È interessante notare che fu una scelta del tutto autonoma, che lo distinse da Bosio, che lasciò il PSI senza aderire al PSIUP, e dai fratelli Lodi che rimasero nel Partito uscendone soltanto nell'ottobre del 1965. L'anno dopo Lodi aderirà al Movimento dei Socialisti Autonomi, una minuscola formazione costituita da un gruppo di fuoriusciti della sinistra socialista che non condivise la riunificazione con il PSDI. A livello nazionale le figure di maggior spicco furono Luigi Anderlini e Tullia Carettoni, a livello locale Silvano Meazzi, già vicesindaco di Cremona e segretario della Federazione socialista.
Il gruppo dei socialisti piadenesi usciti dal Partito si riunì il 20 febbraio per costituire la sezione locale del PSIUP di cui Antonio Cantoni divenne segretario e Morandi responsabile dell'organizzazione.
Il successivo quaderno della Biblioteca Popolare, il n. 17 del febbraio 1964, dal significativo titolo Parla la base, originò una dura critica da parte del PCI cremonese per la penna di Gianfranco Carnevali, responsabile del settore stampa e propaganda:
È quindi abbastanza strano e contraddittorio che nella lettera che accompagna la raccolta di interviste e nell'auto-intervista dell'intervistatore, compagno Morandi, si insista nel sottolineare una assurda contrapposizione tra partiti operai e base. È un atteggiamento sotto ogni aspetto negativo, che inficia il carattere costruttivo dell'iniziativa nel suo complesso.
Ma non è questo il rilevo critico principale [...] Conoscere il pensiero dei militanti dei partiti operai è importante, ma non basta. Bisogna avere consapevolezza che tale pensiero spontaneo deve trovare una sua sistemazione razionale e scientifica, perché si trasformi in idea-forza, in azione, in lotta [...]
Fu forse quella la prima volta che emerse in modo chiaro una netta divergenza non tanto sulla linea politica, quanto su come intendere l'azione politica, sul rapporto tra la politica organizzata nei partiti e la classe operaia e contadina e gli spazi di autonoma iniziativa di quest'ultima.
Indubbiamente, la lezione di Bosio era stata assimilata in profondità da Morandi. E quando l'intellettuale acquanegrese lanciò l'iniziativa delle leghe di cultura, Morandi e il Micio lo seguirono costituendo la Lega di Cultura di Piadena.
Non sappiamo fino a quando durò l'iscrizione di Morandi al PSIUP, quasi certamente pochissimi anni. Sappiamo però quale posizione assunse Morandi in vista delle elezioni comunali del novembre 1964. Di fronte a una tensione molto alta tra una parte della sezione socialista e una parte del PSIUP, tensione che rischiava di impedire la formazione di una lista di sinistra, Morandi si prodigò per convincere i suoi compagni del PSIUP a mantenere l'unità con i socialisti. La lista unitaria si fece, ma quella volta venne sconfitta.
A partire dal 1967 la Lega di Cultura divenne il centro del suo interesse e di ogni sua attività, con una intensificazione delle iniziative culturali, la pubblicazione dei Quaderni della Lega di Cultura e la partecipazione alle lotte nelle fabbriche e nelle campagne della zona. Un'attività che andò di pari passo con una sempre più marcata autonomia dai partiti della sinistra, sia quella storica sia quella delle nuove formazioni scaturite negli anni della contestazione studentesca e nella grande stagione delle lotte operaie.
Pur nella diversificazione dei percorsi politici, un dato interessante che accomuna Morandi, Lodi e Bosio è il non avere mai aderito al PCI. Nessuno dei tre fu mai anticomunista, anzi furono sempre schierati a favore dell'unità della sinistra. Conservarono tuttavia quella matrice libertaria e antidogmatica che rendeva loro impossibile accettare i rigidi vincoli di disciplina e osservanza ideologica richiesti da quel partito. Ma c'era di più. C'era in tutti e tre la convinzione che i partiti non dovessero e non potessero sostituirsi alla classe, che questa dovesse mantenere un suo spazio di autonomia e che ciascun individuo dovesse essere riconosciuto come un protagonista libero e consapevole all'interno di una storia di lotte collettive. Era, in fondo, ciò che facevano sia Bosio come storico delle prime forme di autorganizzazione delle classi proletarie o come raccoglitore di canti espressione di lotte e vicende comuni, ma arricchiti dalle infinite varianti dei loro interpreti, sia Morandi con le sue fotografie in grado di accendere i riflettori su un mondo di fatica e sfruttamento attraverso i volti singoli e irripetibili degli uomini e delle donne appartenenti a quel mondo, e infine Lodi attraverso una pedagogia antiautoritaria e liberatrice che partiva dal riconoscimento dei diritti dei bambini e delle bambine e della piena dignità della cultura di cui erano portatori.A mio avviso, anche la capacità riconosciuta a Morandi da amici e avversari di saper costruire relazioni umane, di smussare con un sorriso situazioni difficili, di porsi empaticamente, prima ancora che politicamente, dalla parte delle vittime, degli sfruttati e degli emarginati, affondava in parte le radici, oltre che nel suo carattere, in quella giovanile formazione politica che ebbe, come si è visto, in Lodi e Bosio punti di riferimento fondamentali.
In un bellissimo filmato di Pierluigi Bonfatti Sabbioni, durante un'intervista alla Festa di Pontirolo del 2003, tra una marea di persone che mangiano, cantano e ballano, Morandi afferma:
Questa festa è troppo bella, troppo vera, c'è una partecipazione vera della gente, è questo che mi emoziona, questa umanità vera, non ideologica.
Credo che in queste parole ci siano tutta l'umanità di Giuseppe Morandi e il suo insegnamento più profondo: la lotta di classe e l'azione politica sono condizioni irrinunciabili per modificare i rapporti di potere, ma le persone vengono prima di tutto e non si possono calpestare in nome di un partito o di una ideologia.
Cos'altro aggiungere (oltre al dispiacere umano per la scomparsa) al completo ed efficace profilo umano e testimoniante fatto d Massimo Bondioli, che ringraziamo molto. L'autore ha tratteggiato efficacemente un percorso esistenziale dedicato, attraverso la cultura e l'arte per immagini, agli “ultimi”.
Del valore ne siamo stati consapevoli dall'inizio degli anni 60, quando approdammo alla comune militanza politica. Poi, come succede nelle vicende della vita, le consuetudini si smagliano e non ci si incrocia più. Avevamo incrociato Morandi, anni fa, quasi occasionalmente, quando diretti a Mantova, avevamo sostato all'edicola di Piadena, per acquistare l'edizione della sua (di allora) ultima fatica. Al di là delle differenziazioni, auspichiamo che la testimonianza di Morandi e di tutto l'aggregato di testimonianza civile, sociale e storica resti nelle consapevolezze della comunità.
Ciao. Luciano
Ieri è mancato il Dott. Luciano Bolzoni, amico fraterno. Imprenditore, Socio API Cremona, assumendone poi la presidenza Provinciale ed in seguito Nazionale; presidente OCRIM; consigliere di amministrazione di A2a; Socio e poi Presidente Canottieri Bissolati; incarichi di prestigio che riteneva secondari al confronto con la sua laurea in Filosofia, che rimpiangeva di non averla potuta professare. Da una vita Socio e vice Presidente del "Filo". La sua assidua presenza al Circolo, nel tempo libero, significava che per Luciano era di più di una seconda casa. Le sue capacità progettuali ed ideative sono state sempre importanti nella concretizzazione delle iniziative del Sodalizio - 2007 "Cremona in Poesia" - 2010 ricordo di Ugo Tognazzi per i 20 anni dalla sua morte, e moltissimi altri importanti contributi. Il suo sorriso sardonico, i suoi scatti di indignazione morale, quando discutevamo degli attuali problemi politici e sociali, la sua calda e spontanea amicizia, vivranno sempre con noi. La sua bella intelligenza, la sua raffinata cultura, ma sopratutto ricorderemo lo straordinario garbo, il signorile riserbo e la sua generosità che solo le persone profondamente buone ed oneste possono avere, La sua scomparsa lascia, in tutti noi del "Filo", un grande vuoto. Il nostro pensiero più affettuoso va alla moglie Lidia, alle figlie Eliana e Roberta, a tutti i famigliari, affinché possano trovare conforto nel calore e nella stima delle persone che hanno condiviso con lui passioni e pensieri. Sei nei nostri cuori e non ci lascerai mai. Giorgio Mantovani. Presidente Società Filodrammatica Cremonese.
Come testata e a titolo esclusivamente personale, ci associamo sia al cordoglio per la scomparsa di un amico, incrociato direttamente negli ultimi vent'anni, comunque utili per feconde iniziative comuni, sia per il profilo biografico sapientemente tratteggiato da Giorgio Mantovani