Volendo riflettere, avremmo potuto inquadrare questa triste notizia nella rubrica “dialetto e cultura popolare”, che costituisce uno dei perni della nostra testata. La scomparsa di Giampietro Tenca è una perdita umana, ma è anche una sottrazione alle risorse civili e culturali della comunità territoriale.
Sarebbe un grave errore catalogare il suo prezioso contributo prevalentemente nella fattispecie dell'impegno di un protagonista che comunicava il meglio di sé nella lingua dialettale, nella lingua dei padri, del territorio.
Anche se tale aspetto del suo profilo corrisponde alla realtà, l'approfondimento di tale circostanza deve necessariamente portare alla correlazione tra il senso complessivo della testimonianza ed il retroterra delle motivazioni delle radici popolari e della cultura popolare.
Giustamente, in queste ore, qualcuno l'ha definito “un gigante del dialetto casalasco”; una definizione forse, al di là delle intenzioni, un po' riduttiva.
Perché ad una persona che fornisce un contributo così vasto e così prezioso va riconosciuto il rango di operatore di cultura popolare a tutto tondo.
Già, la lingua del territorio, fortunatamente parlata correntemente nella quotidianità, sarebbe stata un po' più povera, un po' più negletta, se non ci fosse stato questo suo contributo, forte, convinto, virtuoso, durato decenni.
Ed approdato ad un traguardo di universale riconoscimento.
All'idioma locale ed al suo rapporto sinergico con la più ampia sedimentazione di cultura popolare negli ultimi anni si è riconosciuto un rango di non inferiorità ed irrilevanza, rispetto agli idiomi prevalenti nei contesti attuali.
Nel ricordare con deferenza Giampietro Tenca e nel partecipare al cordoglio della famiglia, degli amici estimatori e della comunità casalasca, vien d'obbligo l'esortazione a continuare nell'impegno che ne ha profilato l'intera esistenza.