Sulla spinta del proponimento di “tutto dovrà cambiare nel dopo” (che incorporava il dovere morale di dare concretezza al riconoscimento dell'”eroismo” degli operatori sanitari e del volontariato) ci troviamo, a pericolo parzialmente scampato, a gabbare il proverbiale santo.
Gli operatori ospedalieri stabili hanno ripreso il lavoro routinario, gravato dagli effetti dell'inseguimento di arretrati mostruosi; senza nulla vedere, se non briciole irrisorie, delle mirabolanti gratificazioni annunciate.
Quelli fuori sede si son trovati, pure in costanza di attività straordinaria, lo sfratto dalle locations messe a disposizione nella fase acuta della pandemia.
Sono rimasti accesi (ma solo per protrarre all'infinito una sovraesposizione esposizione mediatica capace di intercettare una facile audience nazionalpopolare) i riflettori sui protagonisti, su alcuni protagonisti dal profilo facilmente finalizzabile agli indotti della mediatization.
Dei grandi propositi di innesco di virtuose metamorfosi, resta sul tavolo un raccapricciante progetto incardinato su binomio destruens/costruens; la demolizione di un ospedale costruito ed entrato a regime mezzo secolo fa e la costruzione di un nuovo, moderno, megagalattico nosocomio.
Come sub-totale di questa riflessione avanziamo, incrociando le dita, il timore che una coda pandemica non ci faccia ripiombare negli scenari di qualche mese fa, in cui fummo costretti a votarci ad eroismi ed a proponimenti indefettibili.
Tra le virtuose testimonianze comunitarie stimolate dall'enormità dell'insulto pandemico, scaturigine di un diffuso sentiment ispirato a nobili idealismi, segnaliamo un gesto che, almeno per le dimensioni, ha avuto rari precedenti (se non in epoche molto lontane e per eventi straordinariamente complessi e gravi) ha consentito di scrivere una bella pagina nel libro delle peculiarità civili di Cremona.
Ci riferiamo alla campagna “Aiutiamo i nostri ospedali - #unitiperlaprovinciadicremona”; le cui caratteristiche hanno integrato, oltre al fondamentale appello alla solidarietà, una non secondaria correlazione tra il valore della coesione comunitaria posta di fronte ad un evento devastante e l'identificazione popolare come soggetto titolare della rete ospedaliera di tutto il territorio.
Ci sia concessa una digressione, che esponiamo ben consapevoli dei pericoli di incomprensione. Pericolo cui ci esponiamo per ragioni di chiarezza di fronte ad un argomento frequentemente assoggettabile a depistaggi e di fronte al fatto che, al di là di parlare al di fuori dal coro, ci siamo conquistati (con una donazione “importante”, almeno per la nostra consistenza) il diritto di tribuna.
Che ci autorizza ad esternare un sentimento che è misto di ammirazione per l'afflato umanitario, da un lato, e di sconcerto, dall'altro, nei confronti di una pratica che dovrebbe essere desueta in un Paese civile.
In un Paese, cioè, i cui i cittadini pagano (esose) tasse nell'aspettativa di veder riconosciuto il diritto alla controprestazione di servizi; specie nelle emergenze.
Ma, facemmo esattamente il contrario di Noè, l'establishment regionale, molto generoso con i partners privati (che generosamente assicurano il diritto di scelta tra pubblico e privato), si è trovato, al momento del diluvio, privo di arca.
Come direbbe Bush padre ed invitando i nostri lettori a guardare (virtualmente) le nostre labbra, in futuro, non aderiremo, in forza di quanto appena considerato, “mai più a sottoscrizioni il cui gettito sia destinato a sostituire i doveri pubblici”.
Ciò premesso, riconosciamo di buon grado la lodevole iniziativa assunta (come un sol uomo) dalla classe dirigente locale consapevole della gravità della congiuntura e propensa ad un gesto suscettibile di emulazione.
Un bravo in particolare al cavalier Arvedi, sempre in prima fila ai gesti di (concreta) generosità nel bisogno, un bravo alle associazioni categoriali, alle testate dell'informazione che hanno operato un'eccezionale campagna di informazione, un bravo alla cittadinanza. Che, in un momento particolarmente grave e denso di oscuri presagi per il futuro, non ha tenuto il braccio corto.
Sarebbe importante, e lo affermiamo senza intenti reconditi, che il board che si è sobbarcato l'eccezionale fundraising fornisca anche un sommario (dettagliato, sarebbe molto meglio) rendiconto del risultato della raccolta e dell'impiego della medesima.
Grazie.