Inutile girarci attorno con ghirigori semantici. Perché, tanto per essere essenziali e diretti, l'obiettivo dell'interrogazione in realtà era meno generalista. Riguardava e riguarda la fattispecie della violazione dei praticanti, come asseriscono i diretti interessati, “la libertà di culto” nei confronti dei “caduti della RSI”. Che null'altro è se non la reiterazione di praticare, ogni 28 aprile, gesti collettivi di apologia neofascista, espressamente vietati dalla legge, perseguibili d'ufficio e, volendo essere precisi, negati ex ante, in quanto correlati ad un'autorizzazione preventivamente negata.
Una procedura autorizzazione recentemente deliberata dal Consiglio Comunale; ma, nonostante i tempi recenti di entrata in vigore e la declaratoria difficilmente equivocabile, tenuta nel conto in cui in passato vennero tenuti la legge Scelba e successive.
Se non si fosse capito, il rifiuto di sottoporsi al regolamento comunale coinciderebbe con la preventiva accettazione del divieto di manifestare apologie in contrasto con la Repubblica, nata dalla Liberazione.
È quanto a Cremona avviene dal 28 aprile 1964 ogni anno. E sul punto, dato che si sanno bene le cose, la facciamo corta per evitare che precisazioni troppo particolareggiate e e ribadite non sortiscano l'effetto di accarezzare l'aspettativa di chi vorrebbe ricavare vantaggi mediatici (dato che lo scopo del “culto dei defunti” è esattamente questo).
“nel manifestare e ribadire, rispetto al lamentato episodio, gli stessi convincimenti espressi da tutto le sensibilità democratiche” l'interogante Consigliera Stella Bellini, chiedeva che Il Sindaco ufficializzasse nella sede istituzionale “le ragioni per cui il Comune di Cremona non ha rilasciato l'autorizzazione per una manifestazione per cui mancavano i requisiti formali e morali”.
Presupposti questi riconosciuti dal Sindaco che, nella risposta all'interrogante, ha definito l'annuale richiesta di autorizzazione “inguardabile e provocatoria”, ma non di meno presupposto propagandistico ed operativo per reiterare intenzioni apologetiche e testimonianze, non autorizzate e, soprattutto, in violazione di leggi.
Sul punto va anche riconosciuto lo sforzo del Sindaco di addentrarsi in un terreno di denuncia politica “Questi non sono più rigurgiti ma segnali del riaffacciarsi dei neofascismi”.
L'assessore Bona ha aggiunto una rassicurante notizia: “l'anno prossimo organizzeremo il viaggio di cento giovani tanti quanti sono stati i partigiani cremonesi della Brigata del Lys.
Sarebbe solo il caso di annotare che, nell'apprezzamento della risposta del vertice comunale al motivo dell'interrogazione, la conseguenza pratica di ciò appare molto generica ed impalpabile. Dal punto di vista della deterrenza nei confronti del probabile proposito di violare la legge all'infinito.
Comunque sia va riconosciuto a Bellini il merito di averci provato, con la denuncia della violazione e, se è consentito, con la testimonianza del rifiuto di un antifascismo lasciato galleggiare sulla convenzionalità.
Di più, soprattutto nella constatazione di un riserbo marcato sul cortocircuito relazionale tra Comune, che nega l'autorizzazione, ed organi preposti all'ordine pubblico, che continuano ad accompagnare gli eventi con una tattica “flessibile”.
Se la pur feconda interrogazione non dovesse sturare un percorso di impegno convergente tra Comune e organi preposti all'ordine ed alla giurisdizione (che non meritano neppure una dettagliata citazione, considerando le prestazioni under minimo sindacale), ci troveremo a protestare (per un perverso e sterile gioco delle parti) il 28 aprile dell'anno prossimo e dei successivi.
P.S. Ciò pensiamo e scriviamo con buona pace dell'antifascismo del giorno dopo e delle sensibilità che lo manifestano toccando più le corde dei dogmatismi e del politacally correct resistenziale.
Ci riferiamo alle recenti “fatiche” degli antifascisti della domenica che non hanno trovato di meglio (forse nel sincero ma inutile e controproducente proposito di ribadire la Resistenza e la Liberzione) di rendere cogente una sorta di vice inno nazionale. Quale dovrebbe essere “Bella, ciao”.
D'altro lato, la nervatura della proposta è insita nel profilo di alcuni parlamentari proponenti (una sorta di compagnia di giro sempre impegnata ad intercettare dividendi di esposizione mediatica).
Di questo diversivo, che accentuerà il versante rissoso, non si sente proprio il bisogno. Sia per l'inutilità di un gesto che non aggiunge niente al valore permanente della Liberazione. Sia per il fievole valore aggiunto di ordine storico-culturale.
Quando non per la controfattualità del significato di un motivo canoro musicale ormai definitivamente approdato alla fattispecie del genere “musicarello”.
Aggiungiamo una nota di fastidio nei confronti del pericolo di vedere correlato lo sforzo di consegnare anche solo frammenti di una grande testimonianza civile, quale sono stati il contributo partigiano e la successiva narrazione, alla banalità tanto in voga (anche a sinistra), dimostrata da questi incontenibili pulsioni “divulgative”.
Tra l'altro la banalità del messaggio (al di là della buona fede degli aficionados) è insita nel testo.
Ma dai, se fosse vero che la voce narrante si sia accorta dell'invasore, all'improvviso, appena alzata, dovremmo concludere che la lotta resistenziale fosse affidata a menti incapaci di percepire e anticipare la realtà. Come Zanoni, nostro maestro, non amiamo il complesso di rumori molesti (il canto e la musica). Ma, dovendo soccombere alla logica simbolica, la nostra colonna sonora della lotta partigiana é "fischia il vento, infuria la bufera...". Nessuno probabilmente ebbe tempo in montagna e negli appostamenti urbani, in cui si rischiava (e si perdette) la voglia di cantare. Sicuramente nessun partigiano combattente cantò Bella ciao.
Elevarla al rango di inno della Resistenza/Liberazione è manifestamente un falso storico. Peggio ancora, se elevata al rango di vice-inno nazionale.
Se è permessa un'esortazione al campo della testimonianza antifascista, di cui siamo convinti partecipi, appare molto più congruo sintonizzare la divulgazione e la testimonianza sulle consapevolezze scandite da percezioni inquietanti sulla tenuta delle acquisizioni liberal-democratiche
Illustrissimo Signor Sindaco, alcuni giorni addietro si è ripetuta, con le medesime modalità del passato, una vistosa violazione del divieto di apologia del fascismo, per rafforzare il quale è stata attivata, per impegno di alcuni Comuni e delle Associazioni antifasciste, una proposta di legge di iniziativa popolare.
Lo stesso nostro Consiglio Comunale, con una significativa maggioranza, aveva recentemente approvato un Regolamento, finalizzato a determinare come requisito determinante ai fini autorizzativi di pubbliche manifestazioni la dichiarazione di appartenenza ai valori liberaldemocratici sanciti dalla Costituzione.
Ciò premesso, la manifestazione, non autorizzata ma consentita, motivata come gesto di liberta di culto, reiterando la volontà di esaltare, in antitesi ai perni su cui fonda la Repubblica, scaturita dalla Resistenza e dalla Liberazione, appare intollerabile, in quanto non solo ha violato la Legge Scelba ed il Regolamento Comunale, ma si è posta su un terreno di disprezzo della volontà e degli auspici del Consiglio Comunale.
ed essendo, altresì evidente la volontà di depotenziare quando non di insolentire l'indirizzo del massimo organo comunale.Essendo evidente che non di cerimonia religiosa di suffragio si tratta (e si trattò sempre nel passato), bensì di reiterazione di una testimonianza storico-politica, rivolta a rinverdire le gesta dei “trucidati” (alias i caduti della RSI e i giustiziati per reati non esattamente amnistiabili)
Non appare neanche il caso di manifestare anche in questo caso lo sconcerto per questo ulteriore episodio con cui viene reiterato un incoercibile pregiudizio contro un'auspicabile convergenza verso i valori e le garanzie liberaldemocratiche, suscettibili di consolidare la base fondante della Repubblica in cui si riconosca tutto il popolo italiano.
, di cui ha fatto giustizia la Liberazione. Le cui conquiste, che hanno permesso oltre 70 anni di libertà collettive e ed individuali e di diffuso benessere, non possono in alcun modo essere sottoposte a costante stressamento, pena la tenuta del sistema in contesti generali già indeboliti dalle calamità in atto. opposte ragionicampi e le opposti Mentre, invece, è stata reiterata pubblicamente la volontà di ribadire un'inaccettabile equivalenza tra gli
l'assuefazione ai traumi, alle “discontinuità”, il ripiegarsi nel proprio particolare, il deporre gli strumenti della comune testimonianza civile. Tutti gesti che svuotano la democrazia e la libertà e rendono, alla distanza, sempre più vulnerabile il sistema per il quale, settant'anni fa, l'Italia, umiliata da una guerra assurda e da vent'anni di dittatura, si batté e vinse.Cui fanno da alimento
Ciò premesso, nel manifestare e ribadire, rispetto al lamentato episodio, gli stessi convincimenti espressi da tutto le sensibilità democratiche, si chiede che la S.V. ufficializzi nella sede istituzionale le ragioni per cui il Comune di Cremona non ha rilasciato l'autorizzazione per una manifestazione per cui mancavano i requisiti formali e morali.
Parimenti si chiede che venga ribadita una presa di distanza dai motivi ispiratori di una gestione flessibile dell'ordine pubblico di una manifestazione non autorizzata.