Il 9 maggio è dedicato alle vittime del terrorismo nero e “rosso” particolarmente da fine anni sessanta agli ottanta del secolo scorso. Oggi ne leggo ed apprendo da stampa, radio e tv e questo mi induce a dare un piccolissimo contributo, dalla nostra periferia provinciale di quella realtà. Per fortuna Cremona non fu allora direttamente colpita, come in Lombardia lo furono tragicamente realtà come Milano e Brescia. Ma generale fu l'angoscia che coinvolse anche noi. Ho messo sopra, tra virgolette, terrorismo “rosso” perché così facevo allora come esponente del PCI locale. Fin dai primi rapimenti e gravi attentati rivendicati con sigle rosse li consideravo (e spiegavo dentro il partito e fuori) come provocazioni di forze anticomuniste e fasciste, utili ai loro fini eversivi. Man mano crebbero riflessioni e vivaci discussioni nelle nostre file. Anche se in riunioni regionali da compagni della Direzione nazionale, come Pecchioli, ci venivano indicazioni diverse, per un po' prevalse tra noi una linea “maggioritaria” che considerava e manifestava, con massima determinazione, brigate rosse e simili come mascherati strumenti del nemico (semplifico all'estremo ma ricordo anche qualche misura disciplinare di partito in questo senso). Tutto sommato era una linea corretta nella sostanza, la condividevo, eravamo sul versante giusto contro il terrorismo politico. Ma aveva una grave falla che alcuni compagni, per un po' tra noi in minoranza, mettevano in luce. Questi gruppi terroristi “rossi” potevano certo essere infiltrati e strumentalizzati ma venivano dalla nostra storia e da nostre realtà e come tali dovevano essere da noi combattuti. Si arrivava a citare il Lenin di “estremismo malattia infantile del comunismo”, quindi i ben più attinenti testi di Togliatti e naturalmente quelli contemporanei di Berlinguer. Erano discussioni vivaci (all'epoca l'ideologia da noi in un modo o nell'altro non mancava mai) nel direttivo della Federazione del PCI cremonese, ricordo tra quelli particolarmente combattivi per la tesi che i brigatisti e simili erano tutt'altro che fascisti mascherati, compagni come Carlo Duca e Carmine Lazzarini insieme a qualche altro. Comunque il PCI a Cremona operò dalla parte giusta, senza esitazioni, senza ambiguità, in primissima fila contro ogni terrorismo. Vittime come Guido Rossa, Aldo Moro e le tante, troppe, altre furono nostre bandiere.
Un momento di, sia pur immotivato, incubo personale, ero allora segretario del PCI cremonese, fu anche quello della scoperta di un covo delle brigate rosse (ormai in fase di agonia) in via Volturno, a due passi dalla nostra sede del civico 38 di quella via. Non c'era motivo ma in cuor mio temetti strumentali supposizioni e congetture in merito. Devo dare atto che niente di tutto ciò ebbe neanche lontanamente luogo. Nella giornata del ricordo delle vittime del terrorismo in Italia rimane la solida partecipazione del PCI, anche da noi, a quei lutti ed a quella battaglia in difesa della democrazia frutto della Resistenza.