Abbiamo dedicato molte energie ad una degna rivisitazione, in occasione del 70° anniversario, delle vicende che portarono, con la sconfitta del fascismo e la fine del conflitto, alla costruzione dell'Italia democratica e repubblicana.
È ora la volta della celebrazione del giorno della Repubblica. Che avviene in una temperie decisamente poco esaltante, per un Paese che sembra aver smarrito quel filo che ha scandito una lunga e fortunata stagione di ricostruzione materiale e morale.
Ma è proprio in frangenti critici come quello che stiamo vivendo che le riserve spirituali e civili dell'Italia devono riannodare la loro testimonianza a quei principi e valori permanenti che ispirarono la transizione alla Repubblica ed alla sua costruzione concreta.
Occorre aggiungere che, nonostante un endemico collettivo smarrimento di quella tensione ideale e nonostante la rarefazione di quel sicurvia democratico che è stato l'associazionismo politico di massa, la celebrazione della Liberazione e della repubblica ha in qualche modo dato l'impressione di voler invertire un clima, durato troppo a lungo, di stagnazione e di neghittosità.
Insomma, senza che si possano temerariamente azzardare parallelismi con la portata celebrativa del passato, non si può neanche sostenere che gli anniversari siano stati fagocitati dall'impulso a dedicare la festività civile ai “ponti” vacanzieri.
Dal punto di vista, non già di un ritorno acritico ai “fasti” celebrativi di una stagione destinata a non tornare, bensì di un approdo a celebrazioni più congruenti coi tempi di una coscienza comunitaria matura e laica, però, secondo chi scrive, resta ancora molto da fare.
Osservavamo, nell'approfondimento dedicato di recente al centenario dell'entrata nel primo conflitto mondiale dell'Italia, che un portato inequivocabilmente positivo di quell'immane tragedia non può non ritrovarsi nell'espressione dell'attuale Capo dello Stato: “La coscienza nazionale, fino ad allora appannaggio ristretto delle élite intellettuali, si allargava e consolidava nelle trincee”.
Che, ben consapevole della insufficiente coesione nazionale, ha, in occasione del 2 giugno, soggiunto: “L'Italia, nella sua storia recente, ha superato molte gravi difficoltà, quando è stata solidale, oltre le necessarie divisioni politiche…, la ricostruzione dopo la guerra, l'impegno contro il terrorismo, l'ingresso in Europa, le tante catastrofi naturali affrontate”. È, questo, il cuore della riflessione/esortazione che il capo dello Stato Mattarella ha dedicato alla festa della patria.
L'efficacia di questa riflessione, per non essere circoscritta ad un celebrativo éspace d'un matin, deve indurre a consapevolezze più profonde e ad impulsi più vasti ed inclusivi.
In allegato:
-testo completo articolo
-testimonianza di Ennio Serventi