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71° della Repubblica: una festa feconda con le nuove generazioni

Opinione personalissima di chi scrive. Ormai, a seguito dell’avvitamento delle coscienze civili e dell’incoercibile impulso a strumentalizzare a scopo di parte qualsiasi ricorrenza investita da superiore valore comunitario, non c’è più niente (o quasi) che faccia delle ricorrenze un’occasione per rinsaldare i legami di identità e di condivisione

  03/06/2017

A cura della Redazione

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Opinione personalissima di chi scrive. Ormai, a seguito dell'avvitamento delle coscienze civili e dell'incoercibile impulso a strumentalizzare a scopo di parte qualsiasi ricorrenza investita da superiore valore comunitario, non c'è più niente (o quasi) che faccia delle ricorrenze un'occasione per rinsaldare i legami di identità e di condivisione.

Una deriva questa che è sempre nefasta per un Paese come il nostro a bassa intensità di coesione. Figurarsi poi, come nella temperie attuale, se alla sedimentazione degli effetti di una prolungata idiosincrasia ad identificare comuni radici e comuni percorsi si assommano le conseguenze di un devastante stordimento planetario.

Alle generazioni del secolo breve resta solo da gettare la spugna. Ma se resta, in chi è ancora pervaso da ansie civili, un briciolo di consapevolezza, allora la barra non può non essere diretta che nella direzione del recupero dei millenials (una leva che, da tale punto di vista, può essere considerata quasi completamente persa) ed, ancora molto di più, della crescita della generazione immediatamente successiva.

Hai voglia con le sfilate ai Fori Imperiali, con le Frecce Tricolori e, scendendo per li rami della Penisola, con le pur apprezzabili cerimonie di paese!

Si gonfiano i petti dell'orgoglio repubblicano e si placa la coscienza della testimonianza civile; ma non si va molto oltre il minimo sindacale.

La vera questione è costituita dalla consapevolezza di dover spostare il baricentro della memoria e della testimonianza dal bacino del passato/presente al futuro.

Intendiamo, si sarà capito, riferirci ad un forte recupero sul versante dei cittadini italiani che lo saranno pienamente tra qualche anno. Ma che, in nuce, lo sono già e per di più nella fase evolutiva.

Ed, in questo campo, diciamolo francamente, se la ricetta della crescita etico/civile comprende molti ingredienti, non c'è ombra di dubbio che la prerogativa determinante risiede nello sforzo educativo.

Se ci guardiamo all'indietro, non possiamo non certificare che l'istradamento civile della generazione dei baby boomers, esorditi alla vita nell'immediato secondo dopoguerra, fu compromesso da una infeconda sommatoria di concause. In cui spiccava quella sorta di neutralità di un sistema scolastico-educativo, reduce da un ventennio di fascistissima mission, che, per quanto ricollocato nel nuovo contesto liberaldemocratico, non si pose, in ossequio al conformistico assecondamento al potere politico prevalente, la priorità dell'edificazione della Repubblica attraverso la crescita dei cittadini repubblicani. Di gesti di educazione civile il sottoscritto ricorda ancora e solo le celebrazioni del ritorno di Trieste all'Italia nel 1954. E, molto dopo, l'impegno della scuola (ma a macchia di leopardo) per il Ventennale della Liberazione.

Se la retorica fosse il requisito per testare il tasso di identificazione delle consapevolezze, non ci batterebbe nessuno.

Ma la prova dei fatti si incarica di dimostrare amaramente che, da tale punto di vista, i settantun anni repubblicani si sono rivelati una quasi sine cura.

Se non si comprende che le sgangheratezze di questa Italia hanno il loro epicentro nel bassissimo tasso di coesione comunitaria, allora ci si consegna inevitabilmente alla definitiva resa della speranza, dei padri fondatori, che la Repubblica dovesse essere qualcosa di più di un ordinamento solo formalmente diverso dalla monarchia.

Essere consapevoli di ciò non è risolutivo, ma è già un buon punto di partenza, per almeno tentare una resilienza.

Che non può non affidarsi ai cittadini di nuova generazione.

Ecco perché l'impresa non può che essere trasmessa allo sforzo sinergico del sistema educativo, delle famiglie, delle istituzioni locali a più diretto contatto con la realtà.

Stante la premessa, abbiamo in questi ultimi anni salutato ogni sforzo attraverso cui questo combinato ha operato in direzione della conoscenza e dell'elaborazione critica dei processi storici, presupposto degli scenari repubblicani.

Dalla premessa della testimonianza antifascista e partigiana al passaggio con cui la nuova Italia intese affidare alla Repubblica il proprio riscatto ed il proprio ritorno al novero delle nazioni avanzate.

Scrivevamo due anni fa, quando iniziò il fecondo ciclo dell'Associazione 25 Aprile, che la conoscenza della Costituzione costituisce premessa indispensabile per la formazione della cittadinanza, perché ogni persona possa viverla, praticarla, esigerne l'attuazione. D'altro lato, il motto del progetto risiedeva nel binomio “Conoscere la Costituzione Formare alla Cittadinanza”.

Il progetto si è sviluppato in una fase di formazione “dei formatori”, vale a dire del ceto docente chiamato nella prima linea dello sforzo di far conoscere la Costituzione ed in una serie di apprezzabili eventi coerenti con la crescita di nuove generazioni. Cui ogni tanto bisognerebbe insegnare che le basi di formazione delle consapevolezze del cittadino risiedono nel binomio diritti/doveri.

Senza di tale binomio il già infragilito (da una mission politica non pienamente condivisa) equilibrio dell'impianto repubblicano non ha retto e non reggerà.

Ciò premesso in generale, diamo qui una breve cronaca dell'evento che, a celebrazione del 71° della Repubblica, ha portato nella piazza maggiore della città oltre un migliaio di studenti/scolari, insegnanti, genitori, amministratori locali, semplici cittadini.

A rendere particolarmente solenne l'evento comunitario, aperto dal contributo del presidente dell'Associazione 25 aprile sen. PG Bergonzi (che riproduciamo integralmente) ha contribuito la massiccia presenza dei vertici istituzionali, rappresentati dal Sindaco Galimberti e dal Presidente della Provincia Davide Viola.

Si è trattato del traguardo del progetto definito “Il sentiero della Costituzione”.

Con cui è approdato lo sforzo di conoscenza particolareggiata e, per quanto ovviamente lo può essere per l'età adolescenziale, critica dell'intera intelaiatura della Costituzione. È approdato, bisognerebbe doverosamente aggiungere, in grafica, parole, musica, canto. E, soprattutto, se rapportato alla presente temperie scoraggiante, con festoso entusiasmo. Che, insieme all'approfondimento delle edificanti finalità del progetto ed alla cornice festosa, hanno contribuito ad attenuare il nostro scetticismo ed a guardare con maggior fiducia al futuro.

Se è permessa una finale chiosa/esortazione ai 1200 studenti/scolari provenienti dalle diciassette scuole: Ragazzi studiate, approfondite, appropriatevi dello spirito e della lettera della nostra Carta. Solo così acquisirete pienamente il titolo di cittadinanza. Solo così vi sarà consentito di esercitare pienamente i vostri diritti parallelamente all'osservanza dei vostri doveri.

Poi, potrete partecipare come noi (auspicabilmente meglio di come abbiamo fatto noi!) alla discussione sul modo migliore di preservarla o di aggiornarla ai tempi nuovi. Ma nella consapevolezza critica che solo la conoscenza può garantire.

E, se ci è consentita un'appendice ispirata a realismo e fiducia, osiamo esortare a mantenervi, in questo sforzo di conoscenza e di testimonianza, sempre aderenti ad un sicurvia interpretativo.

Costituito dal cuore dell'intervento di J.F.K al momento del suo insediamento, il 20 gennaio 1961 al Campidoglio: "Ask not what your country can do for you; ask what you can do for your country".

La traduzione non è a vostro beneficio (conoscete la lingua inglese molto meglio di noi), ma a beneficio della nostra generazione: "Non chiederti cosa può fare il tuo paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese").

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