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100rio Attilio Boldori

Riflessioni dei nostri lettori

  12/01/2022

Di Redazione

100rio+Attilio+Boldori

Caro Direttore, seguo la testata bissolatiana nel format on line, che consente anche ai cremonesi trapiantati altrove, di non perdere il contatto con le proprie origini e con i fermenti storico culturali che ancora contraddistinguono il contesto. 

Negli ultimi tempi ho seguito particolarmente gli articoli dedicati al Centenario della morte di Attilio Boldori e agli approfondimenti sull'epopea partigiana. Ho trovato tutto molto interessante, specialmente sotto il profilo storico. Mi ha commosso l'esortazione di Teresa, moglie di Boldori, che ignora le provocazioni e invoca una manifestazione di dolore ed indignazione non violenta. Il suo è un perdono velato; ma i suoi ideali restano fermi e vanno portati avanti con coraggio e determinazione. Del resto anche oggi ANPI ha creato una all'alleanza per la Costituzione e cerca con forza la soppressione di qualsiasi movimento con ideali fascisti e antidemocratici. Ci sono rigurgiti camuffati dal simbolo della libertà, ma quella vera ha un altro valore.  

C.L. Vicenza, 8 gennaio 2022 

Con siffatti riscontri epistolari (che, oltretutto, certificano il rapporto fecondo tra testata e lettori), anche volendo, non affievoliremmo tanto facilmente sia la “postproduzione” delle celebrazioni di Boldori sia, più in generale, l'evidenza che L'Eco intende mantenere sulla testimonianza dei valori antifascisti e della storia partigiana. 

La nostra corrispondente (compagna di studi) probabilmente deduce questa centralità editoriale dalla conoscenza della circostanza della militanza di chi scrive nelle file dell'ANPI. 

Per quanto non abbia mai smesso di testimoniare con coerente fermezza gli ideali antifascisti, non sono più iscritto dal 1965 all'ANPI. Una scelta dolorosa e forse poco meditata (capita quando si è diciottenni) motivata da percezioni di un clima non consono e aderente ai principi fondanti dell'Associazione. Tra cui il fatto che il presidente dell'epoca, non raramente tra il serio e il faceto, esortava noi giovani resistenti a integrare nella loro formazione gli elementi della clandestinità tra cui l'uso delle armi. Dopo una vita trascorsa a praticare un antifascismo intransigente ma diretto ad includere anche gli agnostici, apprezzo e sostengo la testimonianza dell'associazionismo partigiano (rosso e cristiano). Non casualmente la nostra testata ospita sia la comunicazione ufficiale sia i singoli contributi dei dirigenti dell'Associazione. Ho un dovere di chiarezza, suggerito dalla riserva che un così ampio e convinto trasporto verso la testimonianza partigiana finisca per iscrivermi d'ufficio all'associazione. Diciamo che per oltre mezzo secolo sono stato e sono “simpatizzante”, dell'ANPI e dell'ANPC. Se fosse prevista la fattispecie dell'iscritto-simpatizzante, sicuramente ne farei richiesta alle due Associazioni. Come attestato di stima e riconoscenza dell'importante contributo di testimonianza, divulgazione, approfondimento e per profonda stima che nutro nei confronti dei loro dirigenti. Così come riserbo un grato ricordo dei loro predecessori; in particolare i presidenti Scala, Dolci, Coppetti, Pino Rossi (per citarne alcuni dell'ANPI) gli attuali prof. Rescaglio, Verdi dell'ANPC. 

Sarei reticente, però, se mi astenessi dall'esprimere un mio personalissimo (e simpatizzante) punto di vista sul profilo “militante” dell'associazionismo. Che, secondo non disinteressate narrazioni, avrebbe da tempo dovuto chiudere i battenti contestualmente alla cessazione in vita dei Partigiani. Una conclusione apparentemente logica, se l'associazionismo non avesse voluto sopravvivere, strictu senso, alla vicenda esistenziale dei suoi protagonisti. 

Ed è giusto e sacrosanto il fatto, che, dopo aver fondato perno della sua testimonianza al richiamo di quell'epopea che rese possibile la fine della ventennale dittatura e della guerra, si continui ad attualizzarne la cifra etica, idealistica e morale nei successivi contesti. 

A pochi giorni dalla celebrazione del Congresso Provinciale, cogliamo l'occasione per formulare l'auspicio che questo impegni continui ancora a lungo e che l'associazionismo antifascista tragga nuova linfa vitale dal riscontro delle nuove generazioni. 

Ma. dicevo, sarei omissivo se non esternassi (da “simpatizzante”) alcune considerazioni sul raggio d'azione e sull'impronta della mission, che non può perdere di vista la centralità. Ho serie perplessità in ordine agli sconfinamenti in terre non esattamente pertinenti: l'esercizio delle trivelle estrattive, l'obbligo di “accoglienze” illimitate, riforme istituzionali che non replichino pedissequamente il com'è e in toto la più bella costituzione del mondo (anche in aspetti, come il sistema elettorale e il cameralismo). Questo profilo “militante” della testimonianza antifascista, che dogmatizza segmenti non strutturali, può fungere da piombo nelle ali dell'idealismo e da elemento controproducente e discriminatorio nei confronti dei legittimi convincimenti su materie importanti ma non implicanti l'essenza dell'antifascismo. Si può essere antifascisti anche se non si criminalizza l'estrazione degli idrocarburi; se si opta per il monocameralismo ad elezione maggioritaria; se si pone la questione del presidio dei confini nazionali e continentali e il controllo e la programmazione dei flussi migratori in termini razionali e compatibili. 

Sarebbe anche un modo per mettere al riparo il contributo delle Associazioni Partigiane dalla pervasività delle risse politiche. (e.v.)

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