L'EcoCronaca ‘A corpo libero, sia fatta la mia volontà'. La legge sul fine vita
La regione Lombardia, con Roberto Formigoni presidente, si rese protagonista nel settembre 2008 di un provvedimento che aveva vietato a tutto il personale sanitario locale di interrompere l'alimentazione e l'idratazione artificiali alla donna. In allegato una valutazione del dott. Mario Riccio sulla proposta di legge approvata in prima lettura alla Camera
Con una buona dose di lievità ed ironia l'ex barista toscano, Davide Trentini, cinquantatreenne affetto da 27 da sclerosi multipla, praticamente un'esistenza senza speranza e rimedi ma con molta sofferenza e disperazione, si è lasciato andare, ascoltando i Pink Floyd ed azionando la flebo che, in una clinica svizzera, ha posto fine ad un'esistenza invivibile.
Prima di lui, nella clinica “Dignity” nei pressi di Zurigo, aveva dato corso ad una scelta maturata da tempo il Dj milanese “Fabo”, trentaseienne cieco e tetraplegico a seguito di un incidente occorso tre anni prima. Ha lasciato il tunnel senza uscita di una vita di sofferenza “Qui senza l'aiuto del mio Stato”. Ed aggiungendo: «Ringrazio chi mi ha sollevato da questo inferno di dolore.
Ancora prima di loro aveva suscitato clamore il fine vita di Eluana Englaro, una giovane ventunenne, che, a seguito di un incidente stradale, donde aveva riportato lesioni craniche gravissime ed un'immediata paresi di tutti e quattro gli arti, fu mantenuta in vita (in una condizione meramente vegetativa) per quasi diciotto anni.
Già dalla fase iniziale delle terapie erano apparse evidenti, non solo l'incurabilità del caso, ma, soprattutto, l'irreversibilità con un portato di sofferenze insopportabili ed inutili.
Il SSN se ne chiamò fuori, come a quei tempi ed ai tempi attuali è uso fare in quanto l'irreversibilità conclamata pare non costituisca obbligo per la somministrazione di pratiche di accudimento.
Con l'impossibilità di gestione a domicilio, Eluana, che, poco prima dell'incidente aveva espresso a famigliari ed amici un'inequivoca volontà di rifiuto d'inutili accanimenti terapeutici ove se ne fosse presentata la congiuntura in specie, fu presa in carico, presso la casa di cura Beato Luigi Talamoni di Lecco, dalle suore Misericordine. Che, però, si rifiutarono di interrompere, come da volontà dell'interessata e del padre Beppino, l'idratazione e l'alimentazione forzate.
La determinazione di un uomo dalle idee ben radicate e dalla volontà ferma, come il padre, dette luogo ad una battaglia di civiltà, che avrebbe incontrato le solite resistenze degli ambienti cattolici ed un contenzioso, che, anche volendo prescindere dalla tragicità umana, direbbe da solo dell'assurdità dell'ordinamento giudiziario del nostro Paese.
Ricordiamo solo che, l'un contro l'altro armati, intervennero con sentenze e pronunciamenti avversi la Corte di Cassazione, la Procura della Repubblica e la Corte d'appello di Milano, il Consiglio di Stato, il TAR.
Nelle more interagirono anche il Governo centrale ed i Governi regionali.
Il 16 dicembre 2008, Maurizio Sacconi, ministro del welfare, emanò un atto d'indirizzo volto a vietare alle strutture sanitarie pubbliche e private convenzionate col Servizio Sanitario Nazionale l'interruzione dell'idratazione e dell'alimentazione forzate con la minaccia di escludere queste strutture dallo stesso.
La regione Lombardia, con Roberto Formigoni presidente, si rese protagonista nel settembre 2008 di un provvedimento che aveva vietato a tutto il personale sanitario locale di interrompere l'alimentazione e l'idratazione artificiali alla donna.
Per quanto la deterrenza, la tecnica dilatoria, l'evidente ostruzionismo, praticati con un evidente cinismo contrastante con la matrice cattolica che li ispirava, fossero palesemente strumentali e risultassero, nel prosieguo, rimossi dai successivi livelli di valutazione, la mission contro l'attuazione delle volontà espresse dalla diretta interessata e patrocinate dalla famiglia fu impalcabile.
Eluana sarebbe stata mantenuta allo stato vegetativo per diciotto anni.
L'edificante spettacolo (se aggettivo e sostantivo fossero congrui al drammatico e disumano contesto descritto) si dilatò senza che il soggetto veramente deputato a farlo, il potere legislativo, assumesse le proprie responsabilità.
Entrambi i rami del Parlamento italiano si limitarono, infatti, a votare la promozione di un conflitto di attribuzione contro una sentenza dell'ottobre 2007, nel convincimento che il pronunciamento giurisdizionale costituisse “un atto sostanzialmente legislativo, innovativo dell'ordinamento normativo vigente”
Anche lo scemo del villaggio si sarebbe chiesta la ragione per la quale deputati e senatori, fermamente convinti dell'arbitraria supplenza legislativa da parte di organi giurisdizionali, non avessero fin lì adottato “un atto sostanzialmente legislativo, innovativo dell'ordinamento normativo vigente” per il quale avevano ed hanno un'indiscussa attribuzione.
Per essere stringati, ci riferiamo al diritto, legislativamente e praticamente, come abbiamo visto, fin qui negato, alla libertà di scelta del malato cosciente di rifiuto o di sospensione delle terapie e, soprattutto, di opposizione all'accanimento clinico.
Tanto tuonò che piovve! Le aule parlamentari sono giunte, in materia, ad un epilogo che dire minimalissimo è eufemistico.
Come tipico della tradizione legislativa italiana, produttrice di strumenti sempre tardivi e non chiari allo scopo di renderne impossibile o difficoltosa l'attuazione, è in dirittura finale l'iter del cosiddetto Biotestamento.
Si tratta di un topolino prodotto da una montagna di ipocrisie e di lesioni alle prerogative del potere legislativo.
La cui facciata dice che il malato terminale potrà rifiutare l'accanimento. Ma nella realtà, tale indirizzo, tardivo, incongruo ed incoerente appare, come sempre quando si tocca il nervo scoperto dei “valori non negoziabili”, congegnato proprio per non essere attuato o quanto meno per essere sottoposto, nella sua attuazione, ad una sorta di percorso di guerra.
Che, anche sotto questo punto di vista, l'Italia continui a detenere un sinistro primato di arretratezza civile, che ha come retroterra una condizione di ordinamento a sovranità limitata, per effetto del millenario patronato cattolico, sarebbe ormai cosa nota. La politica, da tempo, litiga su tutto. Ma, quando si tratta di “valori non negoziabili”, range degli schieramenti è immancabilmente compreso tra la sottomissione senza se e senza ma alla “cathedra” ed una testimonianza civile di facciata, sostanzialmente succubi se non proni ai poteri ecclesiali.
Lo diciamo con franchezza, senza nulla concedere alla circospezione: questa legge è assolutamente inaccettabile.
Noi rivendichiamo per ragioni di umanità e libertà il pieno diritto di scelta di come e quando por fine ad una vita non vivibile, con dignità e senso. Anche attraverso il suicidio assistito.
Possiamo comprendere che chi crede nella non disponibilità della propria vita possa essere di avviso opposto. Ma non possiamo assolutamente accettare che costoro decidano per noi che non crediamo.
Denunciamo, altresì, che è manifestamente in corso una manovra, a vasto raggio, di ostacolo al riconoscimento di nuovi ed irrinunciabili diritti civili e di lesione a quelli nel recente passato strappati da vaste testimonianze popolari.
L'Eco del Popolo, in coerenza con 128 anni di battaglie laiche, apre una nuova fase di impegno per mobilitare le coscienze contro la riscrittura dei diritti civili.
Per questa ragione, abbiamo molto apprezzato la scelta del PSI di rendere centrale nel proprio recente congresso “aperto” il contributo del dott. Mario Riccio, medico impegnato nella Consulta Bioetica.
Per questa ragione abbiamo dato la nostra adesione al convegno di venerdì 21 aprile sul tema “A corpo libero, sia fatta la mia volontà”.
Ben consapevoli della delicatezza di un tema che va affrontato, pur nella riaffermazione di radicati convincimenti, con senso di tolleranza e di rispetto.
Che costituiscono profilo fondamentale dei testimoni del relativismo e del pensiero critico.
Evidentemente siamo in compagnia di pochi.
Se chi in forza di un magistero, che, pur lasciando pochi spazi alla ragione ed al pensiero critico, non dovrebbe essere avulso alla comprensione, perde il controllo.
Eh sì, con la new entry al vertice ecclesiale cremonese di un tipico esponente della nuova leva del papato che viene da lontano, si ritorna alle intemerate.
Nella piazza e nella Cattedrale, in cui magisteri ispirati da dogmatismo ed oscurantismo non furono poi rarissimi, è riapparsa, con la predica del Venerdì Santo, una manifesta volontà di alzare i toni.
Monsignor Vescovo, praticamente marginalizzando “la passione”, molto ha concesso ad un fuori tema.
Rappresentato da una sorta di criminalizzazione preventiva del convegno organizzato dalle forze laiche. E, perché il senso della campagna di intolleranza non passasse inosservato, ne ha divulgato l'intero testo scritto.
“Non vi nascondo una spina che in questi giorni porto dentro di me. E che voglio condividere senza alcun spirito di polemica. Ormai avete capito che non sono un vescovo da crociate e che desidero il rispetto e il dialogo con tutti”, ha esordito mons. Napolioni. Se non un' evidente ipocrisia, quanto meno un'eterogenesi degli intendimenti.
Cui si è aggiunto un monito, quanto meno incongruo rispetto ai fatti, circa una precisa volontà di comportamento dialettico “ Non dobbiamo scendere in piazza”.
Ma come, se solo tre domeniche fa hanno (pacificamente, va ammesso) le truppe speciali hanno presidiato la piazza su cui affaccia il palazzo vescovile per testimoniare (legittimamente) tutta la loro intransigenza!
Monsignor Vescovo vuole “dialogare con tutti, annunciare a tutti che Cristo è morto per ciascuno e risorge davvero nella carne piagata, sofferta, di chi, però, si apre alla carezza dei fratelli” ed inizia, peraltro in un'occasione spiritualmente significativa, a protestare un particolare che costituirebbe, semmai, prerogativa degli organizzatori di un libero convegno. “Quel titolo non mi va giù. una spina che in questi giorni porto dentro di me”.
Ma, toh, a saperlo i laici avrebbero potuto tranquillamente limare qualcosa in quel titolo. Tipo: “A corpo imprigionato. Sia fatta la volontà (come negli ultimi duemila anni) della Chiesa”.
Magari, anziché un presidio delle “sentinelle in piedi” separato rispetto al convegno, si sarebbe potuto concertare un evento a reti unificate.
Magari sotto la regia, dato che c'erano ad ascoltare l'omelia della Passione, del Sindaco Gianluca Galiberti insieme al consigliere Luca Burgazzi. Il cui Partito, il PD, ha, solo qualche tempo fa, consentito l'approvazione delle Unioni Civili e, nella settimana in corso, avviato l'epilogo della pur insoddisfacente legge del Biotestamento.
Rebus sic stantibus, la testata socialista rivendica la piena legittimità etico-morale in capo alla volontà di testimoniare da liberi cittadini e da libere associazioni i valori della libera scelta esistenziale (anche nel suo epilogo).
L'intento di delegittimazione preventiva non può rientrare né nelle consuetudini del libero confronto né, si parva licet componere magnis, nella predisposizione a dialogare con tutti, ad annunciare a tutti che Cristo è morto.
Osiamo sperare che a Monsignor Napolioni sia scappata la frizione. Se vorrà ascoltare e considerare con rispetto le ragioni dei laici e dei liberi, saranno sempre possibile il dialogo (a distanza od in vicinanza, come è stato in un recente passato) e la comprensione. Diversamente, su temi così ricchi di significato, si arrischierà lo smarrimento. Ritrovi, più Lei che ha celebrato la Pasqua cristiana di noi che cerchiamo di non smarrirla mai, la chiave della comprensione reciproca. Diversamente, vista quasi omonimia con il Corso, attenda che le passi.
Pubblichiamo in allegato una valutazione del dott. Mario Riccio sulla proposta di legge del fine vita.