La nostra affezionata lettrice/collaboratrice Clara Rossini ci ha inviato una lettera/riflessione su un argomento che ha tenuto banco nella cronaca del territorio viadanese: la coppia senza fissa dimora. La pubblichiamo e commentiamo.
Caro Direttore, scorrendo le varie notizie, mi sono soffermata sulla lunga incomprensibile vicenda della famiglia Kosovara che non ha ancora trovato dopo diversi anni una stabile collocazione nel nostro Paese. Come prima reazione verrebbe da spalancare le braccia, cercare una possibile via d'uscita alla triste situazione …ma poi leggo che già da tempo sono stati aiutati ed ospitati da un caritatevole parroco, da un sensibile sindaco che ha inoltre avviato a ben due lavori il capofamiglia. Inutilmente. Se ne vanno e tornano ancora nell'originaria situazione …e del loro problema riprendono a farsene carico un altro sindaco e via di seguito. Mi sovviene la considerazione che il vero aiuto viene da noi stessi, anche se inizialmente si può accettare la mano che ci viene tesa. Sono contraria all'assistenzialismo, offrire la possibilità di un impegno per uscire dall'inutilità del lo stare sdraiato su un divano, sì. Siamo però sicuri che in pratica non reputino il sopracitato e già sfruttato assistenzialismo l'aiuto più comodo per vivacchiare senza tanti pensieri, sfruttando l'impegno e il senso di responsabilità altrui? Rileggendo questa mia esternazione vorrei tanto definirmi egoista e un po' cinica, ma non vi riesco. Giudichi Lei, Direttore. Un cordiale saluto
Clara Rossini
…VA DOVE TI PORTANO L'ACCIDIA E IL PARASSITISMO
Avremmo titolato il pezzo se fosse stato farina del nostro sacco. Diciamo subito che condividiamo appieno la forma e la sostanza dell'argomentare della nostra lettrice. Anche se consapevoli del rischio di incorrere nelle sanzioni delle anime belle.
A loro modo a queste due persone fuggite dalle guerre, dalle dittature, dalle negate libertà sembrerà la loro situazione per niente dissimile da quella di molti altri rifugiati.
Si dà il caso fortunato che milioni di loro si sono impegnati, pur nella permanenza di significative eccezioni, o almeno tentano, nella ricerca di integrazioni, fondate sullo scambio tra accoglienza e autosufficienza da lavoro.
Come raccontano i Sindaci dei Comuni, in cui i coniugi (adottati inizialmente dal Parroco e dal Sindaco della località mantovana) hanno lasciato tracce di sé, la perseveranza non deve essere costante di questi eccelsi afflati umanitari. Si invitano in Italia i rifugiandi. Si appresta una prima accoglienza… e poi si accollano ai Pantaloni istituzionali. Hanno già percorso un tour di Comuni cui essere a carico. Sono stati decorosamente assistiti, anche con un lavoro. Ma, evidentemente, la loro visione dell'accoglienza deve essere diversamente tarata: mantenimento totale, tout court! I poverini non sanno che in Italia gli emuli autoctoni non mancano.
Mi sentirei di esprimere solidarietà ai Sindaci alle prese con casi di questo tipo. Se te ne capita più d'uno (ed è così veramente) conciliare, come si suol dire, il pranzo con la cena del bilancio corrente diventa un'impresa. Al punto da dover, negli striminziti bilanci, tagliare altre voci. (e.v.)