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Un Odissea Partigiana di Mimmo Franzinelli e Nicola Graziano

Nelle prossime settimane, lo storico Mimmo Franzinelli presenterà il proprio lavoro a Cremona

  20/02/2015 14:45:00

A cura della Redazione

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Per capire il senso e circoscrivere l’area di interesse dell’importante lavoro di ricerca e di approfondimento, compiuto dallo storico Mimmo Franzinelli e dal magistrato Nicola Graziano, non c’è miglior cosa che affidarsi preventivamente alla patella del volume edito da Storie Feltrinelli. Dove anche i lettori neghittosi troveranno ben delineato il contesto cui si riferisce l’importante contributo.

A ridosso della Liberazione la magistratura processa centinaia di ex partigiani, accusati di gravi reati commessi durante la lotta clandestina e nell'immediato dopoguerra. Sono perlopiù imputazioni relative a casi di "giustizia sommaria" contro persone sospettate di spionaggio, coinvolte nell'apparato repressivo fascista o comunque invise ai patrioti. Per diverse decine di imputati la strategia difensiva -impostata da Lelio Basso, Umberto Terracini e da altri avvocati di sinistra - punta a mitigare le pene mediante il riconoscimento della seminfermità mentale. Quando poi, dall'estate de11946, l'amnistia Togliatti apre le porte alla grande massa dei fascisti condannati o in attesa di giudizio, anche i partigiani benefici ano del provvedimento, dal quale è tuttavia esclusa la detenzione manicomiale. Ex partigiani perfettamente sani di mente devono dunque adattarsi alla detenzione in strutture dove gli internati non hanno diritti e sono sottoposti a quotidiane vessazioni. All'esterno le famiglie, i comitati di solidarietà democratica e singoli militanti cercano -con esiti alterni -di mantenere i rapporti con i parenti o i compagni di militanza politica. In alcuni casi la macchina manicomiale mina la salute mentale degli ex partigiani e li porta alla tomba anzitempo. Tornano finalmente alla luce -dai documenti inediti custoditi all'Opg di Aversa, dove i partigiani internati furono aiutati dal giovane attivista comunista Angelo Jacazzi -oscure vicende della lotta di liberazione e della guerra civile, affrontate dalla magistratura (passata indenne dal regime fascista a quello democratico) con estrema severità e quindi coperte dal velo dell'oblio, e si ripercorrono problematici itinerari individuali dentro le carceri e i manicomi, nell'Italia della Guerra fredda. Quella dei partigiani in manicomio era rimasta una pagina sconosciuta della storia italiana nel secondo dopoguerra, fino a oggi.

Amnistie ed indulti aprono le porte alla massa dei fascisti, a quelli già condannati come ai tanti in attesa di giudizio; anche molti resistenti beneficiano del provvedimento, che tuttavia esclude la detenzione manicomiale. Negli anni cinquanta, i “pazzi per la libertà” sono pertanto rinchiusi in strutture opprimenti, privati di diritti e sottoposti a ordinarie vessazioni”.

In estrema, ma efficace sintesi, tale è il perno che fa muovere la ricerca su vicende quasi interamente dimenticate e riferite alle code della guerra civile. Conclusa nell’aprile del 1945, ma destinata a proiettare dolorose conseguenze ben oltre.

Con il che non ci riferiamo alla striscia delle vendette protestate dal campo di coloro che avevano blindato l’Italia in un regime autoritario e totalitario per vent’anni, l’avevano condotta ad un insensato e disastroso conflitto e praticato il genocidio a base razziale. Quelli avrebbero ben presto schivato le pesanti responsabilità, beneficiando dell’amnistia e, diciamolo pure, di una certa benevolenza da parte della magistratura (la Corte di Cassazione avrebbe annullato oltre il 90% delle condanne inflitte nei primi due livelli di giudizio a carico). La casta giurisdizionale, pesantemente compromessa col regime, avrebbe, invece, applicato una severità più simile alla ritorsione ed alla persecuzione in danno degli ex partigiani (2189 processati, di cui 1007 condannati).

Il saggio di Franzinelli e Graziano coinvolge anche la realtà cremonese. Uno dei partigiani condannati, su cui la ricerca fissa il riflettore, fu Guido Acerbi, un “garibaldino” diciottenne, coinvolto, forse suo malgrado, in oscure trame dell’immediato contesto post-bellico.

L’affaire Piccoletti, dal nome della “vittima” di un delitto che, a ridosso del voto cruciale del 18 aprile 1948, aveva provocato un clamoroso botto nello scenario pre-elettorale, ha in comune con gli altri messi in luce dal saggio il modulo della procedura giudiziaria e dell’approdo carcerario.

Ma, indubitabilmente, presenta, anche per l’appartenenza ad un contesto già abbastanza distanziato dall’epilogo della guerra civile, una sua specificità.

Che avremo modo di approfondire alla vigilia della conferenza che porterà, nelle prossime settimane, lo storico Mimmo Franzinelli a presentare il proprio lavoro a Cremona

1° Foto: Mimmo Franzinelli e Prof. Coppetti

2° Foto: Mimmo Franzinelli ed Enrico Vidali

3° Foto: Guido Acerbi

In allegato le viografie degli autori

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