Se dopo la pandemia da coronavirus, “nulla sarà più come prima”, compito primario di tutti non può che essere quello di contribuire alla costruzione di un futuro migliore del contesto che ci ha portato alla situazione attuale.
L'indice del prodotto interno lordo (PIL), non è sufficiente per determinare il benessere di una società civile e avanzata, perché non misura l'equilibrio, tra vita lavorativa, affettiva e culturale dell'essere umano, la salute o la qualità dell'ambiente.
Sul piano sociale e politico, diversamente andranno affrontati i problemi della globalizzazione, gli scarti della società consumistica, gli interessi contrapposti, tra capitale e lavoro, tra i paesi ricchi e quelli più poveri, tra il pensiero liberista e quello socialista.
Le filosofie appena citate, nel contrasto al contagio Covid-19, ma soprattutto nelle scelte in itinere adottate per riprendere il cammino, hanno evidenziato limiti e riconsiderazioni.
Un po' ovunque, le misure seguite, specialmente in Europa, segnano un riscatto dei tratti distintivi del socialismo democratico, in senso lato, rispetto alle linee guida dei fautori di più mercato e meno Stato.
In Italia, netta è la rivincita della sanità pubblica su quella privata, dell' intervento statale nel settore produttivo e nel sostegno alle persone in stato di disagio.
Una politica socialista liberale, richiesta innanzitutto dai nostri cultori del liberismo moderno, dopo aver spazzato via i partiti storicamente espressione delle tradizioni culturali citate, da decenni ormai ininfluenti sulle sorti del Paese.
La distribuzione a pioggia dei sussidi, previsti nel decreto “rilancio”, senza alcun impegno alla attuazione di un organico piano di riforme, a breve dimostrerà la sua insufficienza per la “ripartenza”, nonché il bisogno di una alleanza tra socialisti e liberali autentici.