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Sempre a proposito di decoro urbano…

...e dignità civile

  11/06/2021

Di Redazione

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Per quanto sia amaro pensarlo e dirlo, l'impulso civile, che milita a favore del decoro urbano e della preservazione della monumentalità di valore storico, è una sorta di fiume carsico etico riemergente con la bella stagione. 

Certo che (fortunatamente) i testimonial degli spazi pubblici ben tenuti e delle vestigia preservate ci sono tutto l'anno (anche se riemergono significativamente quando, archiviate le brume, si costuma stare all'aria aperta, frequentare gli spazi comunitari e, volendo e potendo, ricordarsi dei cari defunti). 

Chi scrive, pauci-user della relazionalità e della convivialità, è, invece, un frequent visitor del cimitero civico (della comunità di adozione e della comunità delle radici). 

Credano i nostri lettori, fa bene ai sentimenti ed alla sostenibilità degli equilibri mentali, almeno alternare l'ansia della convivialità a pranzo e a cena e dell'happy hours con il contatto con il riposo dei defunti e, soprattutto, la riflessione indotta dall'epigrafe posta sui marmi del bel (anche se non esattamente giulivo) Angelone del Seleroni, avamposto della città dei morti che quasi un secolo e mezzo addietro iscrisse, con la fondazione della cremazione, una nuova cultura del culto dei trapassati. 

Il manufatto marmoreo e, soprattutto, la sua epigrafe trasmette più di quanto sia necessario un messaggio di consapevole saggezza, capace di far approdare sostanzialmente a destini unificati i credenti e i diversamente credenti. 

A sollecitare le coscienze, oltre che dei resurrecturis (assicurati per fede), anche di coloro che, essendosi negata la fede, possono solo, giusta l'epigrafe posta sull'Angelone del Seleroni, accontentarsi di vagheggiare. (il concetto di “quella vita migliore che il sentimento vagheggia e la fede assicura”). 

Via!, abbiamo detto, in breve, sia delle frequent visits sia del retroterra che le motiva. Ma saremmo reticenti se non affrontassimo adeguatamente le deduzioni visive di una location, entrata quasi nei percorsi quotidiani.  

Che iniziano dalla cappelletta di famiglia, per salutare i nostri cari trapassati e per abituarci alla meta finale (anche se non abbiamo fretta). E che ci inducono a passare per un breve saluto dalle parti dell'ultima dimoro delle persone che abbiamo incrociato in vita. Per esprimere gratitudine per l'indotto gratificante derivante dall'incrocio e per attualizzare il senso del loro insegnamento. Si aggiunge: senza riserve e in un senso assolutamente non partisan. 

Ma ciò che la consapevolezza aborre la vista ti impone di non negare. 

La fine della premessa e dell'inquadramento del tema ci impone di passare alla configurazione della denuncia. 

D'altro lato, diventa impossibile astrarci dalla realtà, rappresentata dallo stato della gradinata del “Chiesa” epicentro della “bianca città posta oltre strada ferrata” (come la definiva Emilio Zanoni”. Neanche i ciechi e gli orbi della proverbiale città negherebbero un'evidenza che sta oltre le facoltà umane. 

Ma il percorso della “vergogna” (termine che riprendiamo dall'eloquio del Vicesindaco, però riferito al degrado delle case popolari ricadenti nella giurisdizione comunale) é fitto di tracce di noncuranza. 

A campione ne segnaliamo, ben consapevoli dell'inefficacia del gesto, alcune. 

Ieri, incamminati per l'abituale saluto a Coppetti, Boldori, Ghinaglia, non abbiamo resistito al raccapriccio dello stato della tomba della famiglia Simoni-Broggi. Non abbiamo resistito e abbiamo strappato le erbacce infestanti il monumento. Per un impulso di decenza e per le consapevolezze derivanti dalla conoscenza del contributo dato a Cremona dai defunti che vi riposano per l'eternità: i coniugi Simoni Broggi e l'unico figlio Giannino caduto nella battaglia di Palestro. Alla memoria del loro unico figliolo partito volontario per la guerra di indipendenza dedicare un cospicuo patrimonio impiegato nel patrimonio dell'ECA e nella fondazione dell'asilo notturno. Presumibilmente la famiglia non ha più avuto eredi. In teoria erede di tanta munificenza dovrebbe sentirsi Cremona, beneficiaria di tanta generosità. 

Qualche anno fa erano intenzionati a revocare la concessione della sepoltura. Ma han fatto di peggio. Con l'incuria il bellissimo monumento opera di Monti sta diventando un rottame. Oltre che inefficienti, dimostrano totale ignoranza. 

Procedendo di solito ci inoltriamo negli androni ed in particolare in quello di Ponente, in cui aspetta la resurrezione la famiglia Garibotti.  

Il cui capostipite, Giuseppe, assessore comunale 1914-20, inventore delle municipalizzate, uno tra i maggiori esperti legislatori della sanità psichiatrica, deputato per due legislature, angariato dal fascismo insieme al leader delle Leghe bianche, Guido Miglioli. Fondò il sindacato e la cooperazione. Nessuno se ne ricorda. Lo stato della sepoltura lo dimostra. 

Lo screening del degrado che prima di essere fisico diventa insultante per la coscienza comunitaria, finisce qui. Vero che i cittadini spesso protestano ma non sono mai disposti ad avere parte attiva nello sforzo di decoro. 

Appartenendo alla categoria degli habitués della visita ai cari defunti, non possiamo, per quanto non apprezziamo una certa critica esasperata e per principio, considerarla completamente infondata. 

Il Cimitero reclama, da un lato, un organico progetto di riqualificazione (che richiede la scelta politica di spostamento di risorse non simboliche) e, dall'altro, la diversa consapevolezza di uno sforzo che non può approdare ad un generico decoro, compatibile con la spiritualità della struttura. 

Ma deve concorrere ad alzare il livello della conoscenza e della valorizzazione dell'eccezionale concentrazione di vestigia monumentali ed artistiche, la cui realizzazione è coeva al contesto dei fermenti e delle testimonianze di 140 anni fa. 

Nel 2007 avevamo scritto su Cronaca un parallelismo con il Verano. Peggio tenuto del nostro; ma organizzato per visite divulgative. La trascuratezza del governo comunale segnala decadenza civile e ignoranza. Ma interroga anche sulla ottusa neghittosità dei responsabili della macchina comunale a mettere in campo, di fronte alla limitatezza delle risorse, il valore aggiunto, ad esempio, del bacino dei percettori del reddito di cittadinanza e, se è permesso, degli “accolti”. 

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