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Sars-CoV-2 e Inquinamento Atmosferico

Contributo del Dott. Federico Balestreri, Presidente ISDE (International Society Doctors for the Environment) Cremona

  25/04/2020

Di Dott. Federico Balestreri

Sars-CoV-2+e+Inquinamento+Atmosferico

Da più parti è stata posta la legittima domanda se la altissima letalità dovuta al virus Sars-CoV-2 in Lombardia, ed in particolare nella provincia di Cremona, possa essere dovuta all'inquinamento atmosferico. La risposta al quesito è piuttosto articolata, ma cercheremo di semplificarla in modo comprensibile per i lettori, esclusivamente sulla base di dati scientifici certi. Uno studio dell'Università di Hefey (Cina) pubblicato il 15 aprile scorso, ha rilevato un incremento dell'incidenza a breve termine (tre giorni), dei casi di CoVID-19 dopo esposizione ad alte concentrazioni di PM2.5, PM10, CO, NO2 e O3. L'esposizione ad alte concentrazioni di SO2 è stata al contrario correlata, con un diminuito rischio di contrarre la malattia. Specifichiamo che gli acronimi SARS-CoV-2 e CoVID-19, stanno ad indicare rispettivamente il nome del virus e la malattia indotta dallo stesso. Gli autori concludono giustamente che sono necessari nuovi studi per capire il fenomeno. 

Sono anche stati diffusi recentemente un "position paper" della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) ed uno studio statunitense dell'Università di Harvard che hanno suggerito l'ipotesi che il particolato atmosferico possa veicolare il virus e ciò abbia contribuito alla sua diffusione. Questa notizia ha avuto ampia diffusione sui Media anche in questi giorni. Chiariamo subito che sul fatto che il particolato atmosferico (PM2.5 e PM10) sia in grado veicolare virus ed in particolare il SARS-CoV-2, la letteratura scientifica è lacunosa e non esistono attualmente lavori scientifici che dimostrino la presenza su campioni di particolato atmosferico, né di SARS-CoV-2 né di altri tipi di Coronavirus. Questi due lavori hanno sollevato molte perplessità nella comunità scientifica non solo dal punto di vista del metodo: tempo di osservazione troppo breve, lavori non sottoposti a peer-review (revisione scientifica tra pari), ma anche da quello del merito. La loro ipotesi (perchè di ipotesi si tratta, come specificato anche dagli Autori) si basa essenzialmente su di una correlazione statistica (incremento degli inquinanti/incremento diffusione dei contagi). Vuole dire che essi hanno verificato che al valore nel tempo di una variabile (il valore di PM misurato) è corrisposto un aumento proporzionale del valore dell'altra (il numero dei contagi). Se i valori delle due variabili cambiano proporzionalmente nello stesso senso si ha una correlazione diretta (coefficiente=+1), mentre se i valori cambiano proporzionalmente in senso contrario, (ossia uno in senso positivo e l'altro in senso negativo) si ha una correlazione inversa (coefficiente=-1).

Quando il coefficente di correlazione è pari o prossimo allo 0, non vi è correlazione.

Nel report SIMA, gli Autori hanno rilevato un coefficiente di 0,98, il che indica una  relazione diretta tra le due variabili. Ma  una correlazione statistica positiva non è sufficiente di per se stessa a stabilire automaticamente un rapporto "causa-effetto”. Spieghiamo meglio prendendo a prestito un esempio facilmente comprensibile dall'amico Carlo Modonesi, ricercatore dell'Istituto dei Tumori di Milano. Se correlassimo statisticamente l'incremento del consumo di gelato nella stagione estiva all'incremento del numero di persone abbronzate, potremmo giungere alla conclusione errata che mangiare gelato incrementa l'abbronzatura, e viceversa, invece che correlare i due parametri alle temperature più alte e al maggior grado di insolazione. Numerosi inviti alla cautela su queste affrettate conclusioni, che potranno rappresentare tuttavia una ipotesi di lavoro per il futuro, sono state espresse sia dalla Società Italiana di Aerosol (IAS) che dal documento redatto dalla Rete Italiana Ambiente e Salute (RIAS), oltre che dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e da ARPA Veneto. Pur riconoscendo ai PM la capacità di veicolare particelle biologiche (batteri, spore, pollini, virus, funghi, alghe, frammenti vegetali), appare poco plausibile che i Coronavirus possano mantenere intatte le loro proprietà infettive dopo una permanenza più o meno prolungata nell'ambiente outdoor. La carica infettiva dei virus difficilmente può conservarsi trasportata dal particolato su lunghe distanze e per tempi prolungati. Generalmente, sia per i virus influenzali che per i Coronavirus, una volta fuoriuscite dall'apparato respiratorio le goccioline (droplets) evaporano sottoposte agli effetti di temperatura, essicamento ed irraggiamento solare, che danneggiano l'involucro virale e quindi la sua capacità di infettare. E' invece riconosciuto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il ruolo delle goccioline respiratorie di maggiori dimensioni (respiratory droplets > 5 μm), nel contagio inter-umano negli ambienti indoor. Più incerto rimane il ruolo delle micro-goccioline (il cosiddetto bio-aerosol) che diversi studi hanno evidenziato essere prodotto  in associazione con tosse, starnuti e in condizioni di normale respirazione. Le dimensioni del bio-aerosol possono essere molto piccole (fino alle dimensioni del virus - tra 100 e 200 nm) e per questo può rimanere sospeso nell'aria per tempi lunghi, con  un tempo di vita medio del virus in sospensione mediamente di circa un'ora. Occorre ricordare tuttavia, che si tratta di prove effettuate in laboratorio con emissione di bio-aerosol prodotta artificialmente e non sono ancora del tutto noti diversi elementi di fondamentale importanza tra cui: il tempo di decadimento della carica virale in funzione delle dimensioni dell'aerosol, la sua relazione con le condizioni ambientali e soprattutto la quantificazione della carica infettante minima del SARS-CoV-2. Il problema del bio-areosol è di notevole importanza, ma soprattutto negli spazi chiusi dove frequenti sono le condizioni di sovraffollamento e dove le persone trascorrono, soprattutto nel periodo invernale, la maggior parte del proprio tempo. Tale aspetto ha particolare rilevanza in ambiente ospedaliero e ambulatoriale in relazione al trattamento di pazienti infetti. Se i Cambiamenti Climatici possano influenzare la diffusione e la patogenicità del virus è un'altro quesito importante che è stato posto. A questo riguardo riportiamo la posizione dell'OMS. Non vi sono attualmente prove conclusive che tempo e clima abbiano influenza sulla diffusione del virus (è stato trasmesso in tutte le regioni del mondo, sia in climi freddi e secchi che in quelli caldi e umidi). Se temperatura e umidità possono influenzare la sopravvivenza del virus al di fuori del corpo umano, la sua trasmissione resta essenzialmente dovuta al contatto interpersonale. I Cambiamenti Climatici potranno tuttavia influire indirettamente sia sulla diffusione, riducendo ad esempio le risorse di acqua disponibili per l'igiene personale (l'80% della popolazione mondiale è già soggetta a carenza di acqua), sia sulla risposta alla malattia, poichè essi minano già alla base lo stato di salute delle persone. Inoltre la maggior parte delle malattie infettive emergenti hanno origine dalla fauna selvatica, che a causa della pressione umana sull'ambiente naturale (deforestazione, allevamenti intensivi), vede sempre di più ridotto il suo habitat e la biodiversità. Per questo fondamentale obbiettivo di prevenzione sanitaria è di importanza fondamentale la conservazione degli Ambienti naturali.

Negli ultimi decenni, sono stati prodotti molteplici studi di letteratura scientifica (EPIAIR, ESCAPE, MED-PARTICLES), che hanno indagato lo stretto rapporto sussistente tra esposizione a inquinanti atmosferici ed effetti sulla salute umana. Molti studi epidemiologici hanno evidenziato come l'esposizione all'inquinamento ambientale possa giocare un ruolo significativo nell'incremento della suscettibilità del parenchima polmonare alle infezioni virali. E' stata indagata la relazione tra elevati livelli di O3 e suscettibilità alle infezioni respiratorie, attraverso lo studio dell'induzione della risposta infiammatoria e di variazioni della permeabilità dell'epitelio polmonare.

E' noto dalla Letteratura che gli inquinanti alterano la prima linea di difesa dell'organismo (l'epitelio ciliato delle alte vie respiratorie) e predispongono allo sviluppo di patologie respiratorie croniche. Lo stato infiammatorio cronico favorisce anche in soggetti giovani e sani, la penetrazione di agenti infettivi e riduce d'altra parte le capacità di performance respiratoria. Il ruolo dell'inquinamento atmosferico per le attuali conoscenze scientifiche, più che azione di trasporto (carrier) della pandemia ha invece quello di amplificatore (booster) degli esiti sanitari. L'Agenzia Europea per l'Ambiente (EEA) ha recentemente introdotto un indice di qualità dell'aria (Air Quality Index) basato sulle rilevazioni orarie in oltre 2.000 centraline degli inquinanti più comuni: PM10, PM2.5, O3, SO2 and NO2

L'Indice riflette il potenziale impatto sulla salute di questi inquinanti nelle diverse regioni europee. Lombardia ed Emilia Romagna risultano essere le Regioni più inquinate in Italia (e fra le più inquinate in Europa). Nelle popolazioni più esposte è di grande rilevanza l'età media della popolazione stessa, che comporta molto spesso la presenza di patologie concomitanti. Le patologie cronico-degenerative, l'età avanzata e lo status socio-economico sono variabili considerate fondamentali nell'aumentare la vulnerabilità dei gruppi di popolazione più fragili. 

In Italia l'età media dei casi è di 62 anni. Il 31,4% dei casi CoVID-19  presenta almeno una patologia prima della diagnosi, e il 61% dei decessi per i quali è disponibile la cartella clinica presenta 3 o più patologie preesistenti (Epicentro aggiornamento 10 aprile 2020).

Sono numerosi gli studi che supportano l'ipotesi che SARS-CoV-2 sia in grado di alterare il sistema Renina- Angiotensina (RAS), un meccanismo ormonale che regola la pressione sanguigna, il volume del Plasma circolante e la  contrazione delle arterie. Infatti è stato  individuato l'enzima ACE2 (Angiotensin Converting Enzyme 2) come il recettore cellulare per l'ingresso del Coronavirus SARS-CoV-2 nelle cellule umane. 

Nell'ambito del sistema RAS è stato dimostrato che l'esposizione al PM provoca una alterazione dei geni ACE e AT1R a livello del tessuto polmonare, inducendo una  sovrapproduzione di molecole infiammatorie. È plausibile ipotizzare un'interazione molecolare tra PM e SARS-CoV-2 che confermerebbe la possibile azione di cofattore del PM nel sostenere il processo di infiammazione indotto dal virus, portando agli esiti fatali. Dopo Piacenza (258,5/100.000ab) e Bergamo (255,9/100.000ab.), Cremona è al terzo posto in Italia per tasso di mortalità per CoVID-19 con 247,4 morti/100.000ab., ma al primo posto per rapporto contagiati/popolazione1,62% (Piacenza 1,25%, Bergamo 0,98%). L'elevato indice di vecchiaia della nostra Provincia 188,9 (rappresenta  il rapporto percentuale tra il numero degli ultra-sessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni:  nel 2019 l'indice di vecchiaia per la provincia di Cremona dice che ci sono 188,9 anziani ogni 100 giovani) rispetto a quello nazionale 173,1 (che è comunque uno dei più alti in Europa) e a quello della Lombardia 165,5  può essere verosimilmente il primo fattore determinante nell'altissimo prezzo di letalità che il territorio sta pagando al  SARS-CoV-2. L'inquinamento atmosferico costante della Pianura Padana per quanto scritto sopra, potrebbe essere identificato come il secondo fattore, considerando che Regioni come Liguria (255,8: indice di vecchiaia più alto in Italia) e Molise (217.15 al secondo posto), hanno tassi di mortalità di molto inferiori. Un terzo fattore, ultimo ma non meno importante, potrebbe essere identificato nel gran numero di Residenze Sanitarie per Anziani (RSA) presenti nel territorio cremonese. Sono oltre 4.000 i pazienti ricoverati in queste strutture che hanno pagato un altissimo prezzo di mortalità. Prezzo sul quale non possiamo esimerci dal far notare, come abbiano inciso anche le carenze evidenziate da questa emergenza nella Sanità Lombarda. Nei decenni precedenti le improvvide politiche Regionali di privatizzazioni, tagli di posti letto e personale nelle strutture pubbliche hanno fortemente depauperato il Sistema Sanitario pubblico di risorse preziose. Risorse che si è cercato di ricostituire parzialmente in tutta fretta nell'emergenza, interpretando la situazione esclusivamente nel senso di un'emergenza intensivologica (anche con scelte strategicamente errate vedi Ospedale di Milano Fiera), quando in realtà si tratta di  un'emergenza di Sanità Pubblica. La gestione confusa nelle prime fasi della Pandemia della realtà delle RSA e dei centri diurni per anziani, Il ritardo nella fornitura dei presidi di protezione individuale agli ospiti ed al personale sanitario delle RSA stesse, denunciato pubblicamente anche dal Presidente Montini, è stato probabilmente un determinante importante sull'esito di mortalità non solo dei ricoverati, ma anche dei colleghi medici. Lo storico ridimensionamento dei Servizi di Prevenzione Primaria, la pressoché totale assenza delle attività di Igiene Pubblica (mancati isolamenti dei contatti, mancata esecuzione di tamponi sul territorio a operatori sanitari, malati e loro contatti), ma soprattutto il drammatico depotenziamento  subito dalla Medicina di Base, nel corso degli anni, hanno costituito criticità fondamentali. La scarsa per non dire nulla, assistenza ricevuta dai Medici del territorio nelle fasi iniziali della Pandemia (mancata fornitura di presidi di protezione individuale, mancata esecuzione dei tamponi agli operatori stessi, mancanza di protocolli di terapia domiciliare) ha rappresentato un ulteriore rischio di involontaria diffusione del contagio, determinato dall'esigenza di trattare a domicilio pazienti che, ordinariamente sarebbero stati inviati in ospedale, ma non hanno potuto essere accolti per saturazione dei posti letto. Anche a questo si deve il considerevole tributo morti e malati che la classe medica ha dovuto pagare. Infine la scelta di puntare sulla politica del ricovero dei malati (il 60% in Lombardia contro il 20% del Veneto), invece che affidarli alle cure domiciliari con adeguati supporti, ha verosimilmente trasformato le stesse strutture sanitarie in amplificatori del contagio. Queste criticità sono state denunciate da tutti i Presidenti della "Federazione Regionale Degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia", in una dura lettera all'Assessore Gallera ed al Presidente Fontana. Non è comunque nostro scopo fare dietrologia in questa emergenza drammatica, che richiede la collaborazione di tutti, ma indurre delle riflessioni costruttive per il futuro. Ci auguriamo che i decisori politici facciano tesoro dei loro errori passati per non ripeterli nel futuro perchè,  citando Sant'Agostino: "Errare humanum est, autem perseverare diabolicum".

Il tempo del SARS-CoV-2 purtroppo non è quasi finito. E' appena iniziato e sono ancora troppe le lacune conoscitive su questo virus che da quando è comparso ha già subito oltre trenta diverse mutazioni nel suo genoma. I ricercatori hanno bisogno di tempo per rispondere a quesiti ancora irrisolti:  chi sono i più suscettibili al Covid-19?, come si evolve nel tempo il pool dei suscettibili? come si spiega il ridottissimo numero di casi Covid-19 nella popolazione infantile? Quali saranno gli effetti positivi della diminuzione dell'inquinamento sulla salute della popolazione affetta da Covid-19?. Ma soprattutto: esiste una immunità duratura alla malattia? ci saranno focolai di riaccensione alla apertura della fase 2 o nella stagione autunnale?. Sono già stati segnalati casi di reinfezione, anche se con decorso più lieve in pazienti guariti, sia in Cina che in Corea. 

Non abbassiamo la guardia! e manteniamo l'isolamento personale, che al momento appare essere l'unica misura preventiva realmente efficace di protezione.

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