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Referendum Besostri

  19/07/2024

Di Redazione

Referendum+Besostri

Io voglio scegliere

In un recente discorso il Presidente Mattarella ha invitato a non contentarsi di una democrazia a “bassa intensità”, né di arrendersi al crescere dell'assenteismo dei cittadini di fronte ai temi della cosa pubblica, ma piuttosto di adoperarsi concretamente affinché ogni cittadino sia posto nelle condizioni di poter appieno prender parte alla vita della Repubblica.

Una premessa calzante a supporto della necessità di intervenire sulle norme della legge elettorale vigente, grandemente limitante ed irrispettosa della volontà degli elettori che non hanno alcuna possibilità di esprimere una preferenza tra i candidati, che non possono differenziare il voto tra la lista proporzionale e il candidato uninominale, che vedono il voto per il proprio Partito, automaticamente trasferito, ad altre liste collegate, con candidati per nulla graditi.

Dopo anni di ingannevoli impegni da parte delle forze politiche per il superamento del cosiddetto Rosatellum, la promozione di un Referendum abrogativo di alcune parti della legge elettorale è l'unico strumento democratico per uscire dallo stallo esistente e finalmente restituire il diritto di scegliere i propri rappresentanti, ma non solo.

E' tempo di annullare il voto congiunto, vale a dire il trasferimento del voto dato ad una lista plurinominale al collegato candidato uninominale e viceversa, di cancellare le soglie di sbarramento nella ripartizione dei seggi, di porre tutti i soggetti politici sullo stesso piano circa gli adempimenti fissati per la presentazione delle liste al Parlamento, di superare le liste bloccate con l'introduzione della preferenza, singolarmente prevista in tutte le elezioni degli Enti locali fino a quelle europee, tranne che per il Parlamento Italiano.

Tra i promotori del referendum c'è piena consapevolezza delle difficoltà di raccogliere, entro il 20 settembre, le 500.000 firme previste per avviare la procedura verso l'indizione.

Il difficile contesto sociale e le tante preoccupazioni che investono, oggi, cittadini e famiglie, non facilitano certamente il raggiungimento dell'obiettivo, ma lo sforzo dei promotori, di varia estrazione culturale e politica, merita di essere sostenuto e finalizzato per riportare in Parlamento gli eletti dai cittadini e non, come ora, i nominati dai vertici dei Partiti.

 Le possibilità per la sottoscrizione dei moduli predisposti per la raccolta delle firme, sono diverse e maggiori dettagli sono riportati sul sito iovoglioscegliere.it.

Virginio Venturelli
Virginio Venturelli

Si può firmare anche online

Carissimi,
molti di noi sono impegnati nella campagna referendaria per abrogare l'attuale legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum.
Dobbiamo raggiungere in poco tempo, entro il 15 settembre, 500.000 firme.

I quesiti, ispirati alle idee e alle lotte del nostro amico e compagno Felice Besostri, hanno come obiettivo quello di restituire ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti modificando quelle norme che sostanzialmente attribuiscono alle segreterie dei Partiti il potere di scegliere i parlamentari fra persone che non conosciamo e non ci conoscono.
Per facilitare la raccolta delle firme, che si raccolgono su moduli cartacei, SI PUÒ FIRMARE ANCHE ONLINE con SPID o CIE entrando in questo link:
www.iovoglioscegliere.it/prima-di-firmare

Roberto Biscardini
Roberto Biscardini

Il primo passo di una lunga marcia

Informiamo che è nei proponimenti della riserva dei nativi socialisti di scendere in campo a sostegno del referendum abrogativo, i cui sostenitori hanno dedicato al nome e alla testimonianza di Felice Besostri. Eco ha dato ampio spazio all'iniziativa, nell'auspicio che possa attecchire e svilupparsi anche localmente. Il profilo della mobilitazione è, al di là merito, ispirato da una visione super partes. Nella consapevolezza delle difficoltà insite nelle "spalle" organizzative dei promotori del referendum, gioverebbe molto un atteggiamento di comprensione e di accompagnamento da parte della nuova Consiliatura. Di tutti i Comuni, in particolare del Capoluogo, di Crema e delle maggiori Municipalità. Soprattutto, per quanto si riferisce al gesto di incardinare concretamente presso i competenti uffici comunali la filiera operativa preposta al deposito delle firme di adesione dei cittadini che lo vorranno. A nome della testata e della Comunità Socialista ringraziamo sin d'ora per tutto ciò che si porrà concretamente nella direzione di tale auspicio.

Zaia e la divisione in guelfi e ghibellini

Poiché il dibattito politico in corso ha un'importante pagina aperta sul tema istituzionale (l'Autonomia differenziata), pubblichiamo un'importante riflessione di Domenico Cacopardo.

Autonomia scelta ineludibile. È il referendum contro che rischia di spaccare il Paese», titola il Corriere della sera, sopra a una fotografia di Luca Zaia. Un paradosso certo, che mi ha spinto a infliggermi la punizione di leggere l'intervista al presidente della Regione Veneto, di cui avevo avute notizie romane non esaltanti rispetto alla sua esperienza di ministro dell'agricoltura dal 2008 al 2010, anno in cui viene eletto all'incarico che ancora oggi ricopre.

E in effetti il titolista del Corriere ha riportato con esattezza il ribaltamento della realtà realizzato -secondo gli usi della casa- dal predetto Zaia.

Il ragionamento -se di ragionamento si vuol parlare e non di propaganda politica- si sostanzia nell'affermazione che l'Italia con il referendum non sarà più la stessa visto che si tratterà di una guerra tra guelfi e ghibellini o meglio di italiani contro italiani. Il che da un lato rappresenta una distopica valutazione del peso della Lega che, dell'autonomia rafforzata s'è fatta alfiera, utilizzando il suo determinante peso della coalizione di governo per costringere Fratelli d'Italia e Forza Italia a sostenere con il loro voto il relativo disegno di legge.

Tra le persone normali si chiamerebbe ricatto, in politica si tratta soltanto dell'incasso del prezzo della propria essenzialità per la sopravvivenza della coalizione di governo.
L'incarico che dà a Zaia una importante parola in proposito, la presidenza della regione Veneto, ha la sostanza che deriva dal verificarsi di una successione tra i partiti che rappresenta un caso di scuola.

Il Veneto era una marca democristiana, un'area nella quale s'era realizzata una perfetta fusione tra le esigenze dei ceti produttivi e delle loro rappresentanze con la classe politica dello scudo crociato, nata e cresciuta intorno alle parrocchie, ma capace di essere al contempo forza di governo nazionale e di governo locale, con la conseguente e coerente gestione di tutti i centri di potere esistenti nel territorio. Mariano Rumor (più volte primo ministro oltre che segretario della Dc), Flaminio Piccoli, Gianni Fontana e soprattutto Antonio Bisaglia i più noti e importanti esponenti veneti e, a livello regionale, Carlo Bernini (1936-2011), un personaggio dogale che aveva reso Palazzo Balbi, sede della regione, un luogo di fervida attività politica, il motore della crescita del territorio che amministrava. Con alcuni di essi ho avuto a che fare come presidente del Magistrato alle acque di Venezia (1977-1978) e debbo testimoniare di non avere mai subito una pressione o una raccomandazione e di essere stato sostenuto nella gestione delle criticità che avevo incontrato. Segno questo non di indifferenza ma di un controllo del territorio e del tessuto imprenditoriale pronto a segnalare loro qualsiasi politicizzazione partitica (ero iscritto al Psi) del mio ruolo istituzionale.

Insomma, l'autonomia non nasce con Zaia, ma di essa Zaia è l'ultimo e attuale gestore, erede del kombinat tra società civile e politica che è stato il segreto del successo di alcuni suoi predecessori.

Ora il presidente Zaia si trova alle prese con una legge che consente, a determinate condizioni, di realizzare un'autonomia rafforzata introdotta in Costituzione nel 2001, allo spirare della legislatura.

Alcune forze politiche, parti rilevanti della società civile, consapevoli dei rischi che essa fa correre all'unità nazionale, sembrano orientate a proporre un referendum: un istituto di democrazia diretta che in Italia è stato più volte utilizzato senza che gli italiani si siano trasformati in guelfi e ghibellini -e se lo si sono c'è stata una ampia ibridazione tra schieramenti partitici e lo scontro è durato poco, il tempo necessario per vincere o perdere la competizione-. E proprio una questione delicata come l'autonomia rafforzata di alcune regioni, fatalmente a scapito delle altre, di tutte le altre, postula una consultazione referendaria, che, di suo mette le questioni nelle mani dei cittadini-elettori, fuori cioè dagli accordi variamente motivati e realizzati tra i gruppi politici presenti in Parlamento. Del resto (dati Camera dei deputati 2022) la coalizione di destra-centro o, se preferite, di destra-destra, ha conseguito il 43,79% dei voti espressi dal 63,9 degli elettori, il che significa che rispetto alla platea totale ha ottenuto il 39,67% dei consensi che ha determinato la conquista del 58% dei seggi alla Camera dei deputati. E la Lega che ha voluto la legge di attuazione dell'autonomia rafforzata, ha conseguito un consenso che, rapportato al complesso dell'elettorato non raggiunge il 7%. Questi numeri fanno riflettere sulla natura della legge elettorale in vigore e sulle sue storture che inficiano gravemente la democraticità del sistema. E propendere per la necessità di un referendum. E sulla natura di una decisione voluta da coloro che rappresentano in sostanza meno del 7% degli italiani aventi diritto al voto.

Zaia e i suoi colleghi non fanno un buon servizio a questa autonomia tentando di imporre al governo di concederne l'immediata attuazione, prima che sia chiaro se ci sarà o non ci sarà un referendum. Si tratta del tentativo di far trovare gli italiani di fronte a un fatto compiuto non accettato, a oggi, da una parte rilevante di essi.

Del resto, il partito, Fratelli d'Italia che esercita nella coalizione la primazia derivante dall'essere stato il più votato nel 2022, difficilmente potrà accettare che il Paese sia diviso tra una sua parte largamente minoritaria (Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Veneto) cui sarebbe destinato un trattamento istituzionale privilegiato e il resto della Nazione, fermo allo stato attuale e impossibilitato a giovarsi di una congiuntura politica difficile ma suscettibile di importanti sviluppi. Basti pensare alla pretesa (che è nello schema di autonomia rafforzata) di ottenere la competenza esclusiva in materia di commercio con l'estero, come se i produttori, per esempio, di vino delle tre regioni fossero cosa diversa, autonoma e magari ostile rispetto agli altri produttori di vino.

Insomma, il privilegio economico di cui già dispongono le 3 regioni, ottenuto anche in tempi di autonomia ‘normale' dimostra come l'allargamento dei poteri di queste regioni non potrà che realizzarsi a scapito di tutte le altre.

Un ragionamento capzioso e insostenibile regge questo appello di Luca Zaia agli italiani. L'unica risposta corretta che gli si può dare è che il referendum se ci sarà stabilirà i torti e le ragioni in questa delicata materia e sui rischi connessi alla nuova disciplina. E che esso è strumento irrinunciabile di democrazia in un Paese che subisce le storture di leggi elettorali che hanno allontanato sempre di più il Paese politico dal Paese reale.

Domenico Cacopardo
Domenico Cacopardo

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