Considerata la profonda stima che ho sempre avuto nei confronti di questa persona aperta al mondo, ho ringraziato Enrico dell'invito ed ora adempio al suo desiderio con molto piacere.
Inizio col dire che non mi ricordo più quando ebbi la fortuna d'incontrare don Vincenzo per la prima volta. Già ero in amicizia con suo fratello Rodolfo, altra bella testa d'uomo e d'intellettuale, preside allora dell'Istituto Magistrale di Cremona. A quel tempo ero pure in rapporto stretto con Renzo Bodana, che curava la pagina del dialetto su Mondo Padano, ma che di tanto in tanto inviava pure pezzi a La Vita Cattolica. Ero pure in amicizia col maestro di musica Vincenzo Maris e con sua moglie Giovanna Gregori, incaricata di mettere a puntino, allora, le pagine culturali del settimanale cattolico.
Quando Giovanna morì nel fiore degli anni maturi, don Vincenzo, in un momento per me indimenticabile, mi chiese se fossi disponibile a sostituirla nell'incarico. Risposi ringraziandolo molto, aggiungendo che l'offerta mi aveva emozionato e riempito di gioia, ma alla quale, con dispiacere, dovevo rinunciare, perché non avevo proprio il tempo di garantire la continuità settimanale della collaborazione, considerati i miei impegni di direttore della Scuola Edile.
Di tanto in tanto però avrei potuto inviare al giornale qualche contributo sui miei interessi culturali e delle mie serali ricerche sulla storia medioevale (in particolare su Matilde di Canossa), sul dialetto e sul folklore locale. E così è stato fino all'ultimo numero del giornale firmato da don Vincenzo, sul quale egli ha pubblicato un mio articolo sul folklore dei giochi invernali dei bambini di una volta.
Dirò di più. Durante l'estate, in un tardo pomeriggio, con mia moglie Rosella avevamo incontrato don Vincenzo a passeggio sulla ciclabile che unisce Cremona a Bosco ex Parmigiano. Lì, senza che gli avessi chiesto nulla, mi disse:<>. E la promessa, come sempre, egli l'ha mantenuta.
Ora penso alle altre moltissime persone con le quali avrà mantenuto le promesse fatte; persone che gli sono ancora grate. Insieme a queste persone, penso ai giornalisti e ai lettori del settimanale cattolico. E credo che gli siano molto grati e riconoscenti pure i lettori dei suoi libri, scritti con la penna e col cuore, al pari dei suoi pacati, lucidi, vividi articoli di fondo.
Non posso altro che augurare ogni bene possibile a don Vincenzo, ora in quiescenza come direttore del settimanale cattolico locale, ma non certo in quiescenza come prete e come uomo. Sono convinto che egli saprà mettere in evidenza, sui nuovi percorsi che gli si pongono dinnanzi, tutte le qualità e il carisma della sua personalità. Da parte mia, ricorderò sempre l'opera intelligente di questo serio professionista della carta stampata, di questo entusiasta e capace operatore della comunicazione sociale, di questo amico, e la sua “misura” - per utilizzare un termine caro a Giorgino Carnevali - così come la sua apertura, nei termini di sereno confronto, con le varie componenti culturali che sono fiorite sulle radici dell'Europa cristiana.