Come annunciato nei giorni scorsi, si è svolta ieri l'inaugurazione della mostra dei più significativi lavori dell'artista cremonese, scomparso, come si ricorda, quattro anni fa alla veneranda età di 105 anni.
Prestigiosa la location del Palazzo dell'Arte, presso cui resterà aperta fino al 29 maggio; prestigiosa la partecipazione all'evento inaugurale. Che ha visto la presenza del vertice del governo comunale, istituzione alla quale lo scomparso dedicò energie ed appassionato idealismo civile, e una folta partecipazione di appassionati di arte e di sodali dell'idealismo praticato per tanti decenni.
Avevamo scritto, presentando l'evento, che le idee e l'esempio delle elette esistenze sopravvivono all'implacabilità del trascorrere del tempo solo nella dimensione della memoria storica. In questo caso l'impegno coerente con questo obiettivo in questi anni si è avvalso della determinazione della figlia dottoressa Silvia e del genero Bruno, che hanno apprezzabilmente voluto istituire una fondazione vocata alla figura del prof. Coppetti.
La mostra avrà sicuramente un effetto potenziato in termini di approfondimento della vicenda umana e artistica di una figura che ha lasciato alla sua amata città una profonda eredità di valori e di azioni.
Sentimenti questi raccolti tutti negli interventi dei protagonisti dell'evento inaugurale: dalla figlia Silvia, al Sindaco Galimberti, all'assessore Burgazzi, al critico d'arte Rodolfo Bona, curatore dell'esposizione che raccoglie oltre 90 pezzi.
Un'esposizione che si avvale di una presentazione suggestiva, rappresentata dalla trasposizione dell'atelier fisico in cui Coppetti ha operato artisticamente. Con gli attrezzi da lavoro e il tavolo. A fianco dei quali i visitatori della mostra, specie gli amici più assidui dello studio-abitazione non faticheranno, non faticheranno a ricordarlo, intento nei gesti artistici ma anche nel confronto ideale.
Come si sa, la “livella” è democratica e non risparmia nessuno. Con Mario Coppetti è stata benevola. Sia perché gli ha consentito una lunga vita arricchita da invidiabile lucidità e consapevolezza, anche nella parte finale.
Sia perché lo ha colto nell'atelier di Via Chiara Novella, ricostruito all'inizio del percorso espositivo, nella posa che aveva praticato per decenni. Aveva dato l'ultimo tocco al volto al “cavaliere dell'ideale” Leonida Bissolati, al cui culto civile la famiglia l'aveva educato sin dall'infanzia.
Ognuno dei 90 lavori esposti ha il valore, oltre che artistico, anche di eredità ideale. L'ovale del volto di Bissolati, più degli altri.
Lo scultore-antifascista l'aveva realizzato in previsione del centenario della morte, caduto nel maggio di due anni fa. La doppia versione in bronzo, generosamente fatta realizzare dalla figlia, aveva come destinazione la facciata del palazzo di corso Vittorio Emanuele (angolo via Ettore Sacchi), location dell'osteria della Marcella, “covo” del nascente socialismo cremonese e della testata bissolatiana L'Eco del Popolo, e la tomba di famiglia al Pincetto del Verano.
Queste sarebbero le destinazioni congrue a far vivere in una dimensione vissuta la figura dell'apostolo cremonese dell'emancipazione delle plebi e la figura dell'artista che più di ogni altro ne è stato il cantore.
Una seconda opera dal forte significato evocativo da collocare alla fruibilità della città sarebbe “la morte bianca”; nel contesto più congegnale che è, appunto, il largo Coppetti. Tendenzialmente un piccolo museo d'arte capace di far ricordare e di orientare le coscienze. Non certamente di continuare ad essere quello sconcio che è ormai diventato (anche con scarso rispetto per la figura cui lo spazio, di sosta e di raccoglimento, era dedicato).
L'altra opera fortemente evocativa, avvicinandoci al 77° della Liberazione, è “la pietà laica”, che Mario Coppetti aveva realizzato e donato per il tempietto dei caduti per la libertà.