L'ECORICORDI MARIO COPPETTI AD UN ANNO DALLA SCOMPARSA
Ci sono delle immagini destinate, per la loro carica simbolica, a durare nel ed oltre il tempo e a rendere più di ogni altra il significato di una testimonianza.
Una di queste è lo scatto fotografico che riprese Mario Coppetti, intento, poche settimane prima della scomparsa, a dare gli ultimi tocchi al calco del volto con cui avrebbe voluto consegnare il profilo di Leonida Bissolati alla sua Città, in occasione della celebrazione del 130° anniversario della fondazione de L'Eco del Popolo ed, un anno dopo, del centenario della scomparsa del grande uomo politico cremonese.
Nella tarda mattinata del 26 aprile di un anno fa lo scultore/partigiano vi aveva apportato un ritocco perfezionista e sulla sua ultima creatura artistica si era addormentato serenamente, accommiatandosi da una lunga e feconda esistenza, degna di non essere persa di vista da posteri.
Una esistenza, lunga ma non esattamente lineare e monotona, sin dalla gioventù, in cui avrebbe incardinato una base idealistica priva di deroghe e di sconti. Cui sarebbe stato fedele per 104 anni ed oltre, se si pensa alla ricca eredità di ideali e di testimonianze artistico/didascaliche destinate ad arricchire i depositi civili della città, che con molta dedizione e per tanto tempo servì nell'ambito politico-istituzionale.
Negli ultimi dieci anni, almeno, Coppetti si era applicato, con gesti di generosità concreta (che continueranno e si espliciteranno nel corso del tempo, grazie alla dedizione della figlia Silvia e del genero Bruno) ad organizzare il senso della trasmissione ai posteri della testimonianza che l'ha visto fecondamente e coerentemente impegnato.
Negli ultimi due anni, lucidamente consapevole dell'ineluttabilità dell'esaurimento del percorso esistenziale, aveva ordinato la scansione della sua eredità morale ed artistica. Con lucidità e razionalità. Incoraggiando, ad esempio, l'approfondimento storico di segmenti della vita cremonese a lui più cari e sponsorizzandone la concreta traduzione editorialistica, in modo da consentirne una permanente divulgazione. Indicando all'agenda della vita culturale cittadina spunti meritevoli di rappresentare una sorta di sicurvia civile per il futuro.
Sarà difficile che tali spunti possano essere persi di vista nel prosieguo. Sia per la caratura del personaggio sia per la circostanza rappresentata dalla fisicità della sua testimonianza. Con cui ha voluto, attraverso il suo talento artistico, contrassegnare con bronzo e marmo le tracce di questo percorso ideale.
Quattro anni fa, approssimandosi il settantesimo anniversario della Liberazione, uno snodo storico che ha rivestito una priorità assoluta nella sua gerarchia valoriale, aveva accelerato la fusione della bellissima Pietà (nella versione laica del termine), con cui aveva arricchito il tempio dei caduti.
Già dallo scoprimento dell'opera, aveva confessato agli amici, ai vertici comunali, ai dirigenti delle associazioni partigiane un certo scoramento nella constatazione di un certo degrado a carico della cappelletta, in cui sono raccolti, dall'estate del 1946, i resti mortali dei caduti nella guerra di Liberazione. Già allora aveva disposto (a proprie spese) un intervento di ripristino, che oltre che fisico assume, ad un anno dalla sua scomparsa, un valore morale.
Tra qualche giorno parteciperemo alla celebrazione del 74° avendo ben presente nei nostri pensieri questa impegnativa eredità civile e spirituale, che Mario Coppetti ha impostato nella sua lunga ed edificante esistenza.
Nel suo nome, come abbiamo avuto modo di anticipare nell'anno che è trascorso e come avremo modo di aggiornare costantemente, si sta dispiegando un impegnativo programma teso a rendere concrete le sue ultime volontà, tutte nel segno dell'amore verso la sua Cremona.
La Città, che gli diede i natali e che lo vide impegnato in un ininterrotto e generoso contributo civile, ha mostrato, specie negli ultimi dieci anni, nei suoi confronti grande deferenza e gratitudine.
Dopo la sua morte ha attivato due scelte dal grande valore simbolico destinato a mantenere costante il ricordo nel tempo. La prima riguarda l'autorizzazione a collocare il suo autoritratto bronzeo in quel Viale degli Artisti del Civico Cimitero, di cui ha realizzato oltre la metà del busto dei colleghi artisti defunti e ricordati dalla città.
L'altra riguarda l'intitolazione al suo nome del largo di Via Goito, conseguente alla demolizione dell'ex sala Supercinema.
Si tratta di una piccola porzione urbanistica che non ha preteso azzardi toponomastici, ma che, per la sua centralità rispetto alla quotidianità delle frequentazioni, del domicilio e della dislocazione di significativi esemplari della sua ricca attività scultorea, ripercuoterà una forte e permanente efficacia del suo ricordo.
Che, va decisamente precisato, non si esaurisce qui; in quanto la Civica Amministrazione ed i sodalizi in cui fu sempre attivo hanno in serbo per il futuro adeguati progetti celebrativi.
Già a partire dalla vigilia dell'anniversario della Liberazione. Per venerdì 26, infatti, l'ambiente socialista aveva programmato di rendergli omaggio presso la cappella che condivide con la moglie, la sorella ed il cognato Ruffini, esimio scultore del 900.
L'iniziativa si ritiene unificata con l'analoga di cui ha preso (lodevole) iniziativa il Sindaco di Cremona, prof. Galimberti, che ha dato appuntamento all'ingresso principale del Civico Cimitero alle ore 11.
I socialisti cremonesi ci saranno sicuramente, recando i rossi garofani, simbolo della comune militanza nel segno della libertà, democrazia e giustizia sociale.
Diamo qui anticipazione di un'altra iniziativa celebrativa. Che si svolgerà probabilmente nel pomeriggio del giorno 17 maggio presso la Sala Conferenze della Società Filodrammatica Cremonese, di cui Coppetti fu per tanti anni uno dei più autorevoli Soci.
L'evento ruoterà attorno ad una docu/intervista raccolta dall'operatore culturale Bonfatti Sabbioni e prevalentemente indirizzata alla messa a fuoco della testimonianza di Coppetti a fianco dei Fratelli Rosselli propugnatori dell'antifascismo e del socialismo liberale.
Lo scultore cremonese, espatriato a metà degli anni trenta per un perfezionamento artistico e per alleggerire l'attenzionamento della Questura fascista (di cui la mostra curata dal ricercatore Giuseppe Azzoni e dalla Direttrice dell'Archivio di Stato Emanuela Zanesi offre inoppugnabile dimostrazione), avrebbe incrociato Carlo e Nello Rosselli a Parigi, dove i due esponenti antifascisti trascorsero un significativo periodo, dopo una pausa della partecipazione alla guerra civile antifranchista e nell'intento di riorganizzare le fila di un ficcante lotta al regime fascista.
Mario Coppetti li salutò qualche sera prima della partenza verso la località in cui sarebbero stati trucidati. Una decina di giorni dopo il giovane artista socialista cremonese avrebbe loro tributato l'estremo saluto partecipando all'imponente funerale. Quasi sicuramente è stato l'ultimo testimone sopravvissuto nel terzo millennio di quel grande abbraccio popolare nel segno della volontà di non sottomissione al dilagante nazifascismo. L'intervista, l'ultima delle tante rilasciate negli ultimi anni, a Bonfatti Sabbioni, che si sofferma sull'intenso rapporto di testimonianza e militanza di Coppetti con la figura dei Fratelli Rosselli e con l'eredità del movimento di Giustizia e Libertà ed in generale del socialismo liberale, cui resterà legato per tutta la vita, fornirà spunti fecondi alla conferenza
Cui fornirà un importante contributo l'on. Valdo Spini, presidente della Fondazione e del Circolo Fratelli Rosselli.