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Pizzighettone. Cittadinanza onoraria al Duce (postilla)

L’amichevole sollecitudine di Gianfranco Gambarelli, di cui preannunciamo un’ulteriore fatica editoriale sulla storia pizzighettonese del ‘900, ci impone una postilla al testo giù pubblicato sulla recente campagna per la revoca della cittadinanza onoraria al Duc

  14/04/2018

A cura della Redazione

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L'ECOSTORIA  Pizzighettone CITTADINANZA ONORARIA AL DUCE   (postilla)

L'amichevole sollecitudine di Gianfranco Gambarelli, di cui preannunciamo un'ulteriore fatica editoriale sulla storia pizzighettonese del ‘900, ci impone una postilla al testo giù pubblicato sulla recente campagna per la revoca della cittadinanza onoraria al Duce.

Che, come abbiamo scritto, ha recentemente interessato anche Pizzighettone.

Si deve a Gambarelli il rinvenimento del verbale della seduta Consiglio Comunale che, in materia, costituiva un'appendice a quella in cui era stato deliberato il conferimento.

Lo stralcio del documento rintracciato fornisce ulteriori interessanti aggiornamenti delle vicende di novantaquattro anni fa sulle sponde dell'Adda.

Al Consiglio Comunale, riunito in sessione ordinaria, “viene data comunicazione del ringraziamento che S.E. Mussolini ha inviato per la sua nomina a cittadino onorario ed il Consigliere Ardemagni  propone che sia inviato un telegramma a S.E. Mussolini di fede e solidarietà in questo momento in cui le opposizioni, in seguito all'esecrando delitto (ndr di Giacomo Matteotti, avvenuto contestualmente al rapimento il 10 giugno dello stesso anno a Roma  in Lungotevere Arnaldo da Brescia la cui matrice si era rivelata fine dalla prime battute inequivocabile) a scopo ambizioso di arrivare al potere adoperando qualunque mezzo pur di arrivare allo scopo”.

La maggioranza fascista del consesso municipale definisce esecrando delitto un fatto che inizialmente si era interessatamente tentato di consegnare ad una ricostruzione dagli approdi ben differenti dalla realtà.

Come era noto già da allora, Giacomo Matteotti uno dei più autorevoli esponenti del socialismo turatiano ed uno dei più irriducibili testimoni dell'opposizione democratica alla definitiva consegna del precipitato eversivo alla stabilizzazione totalitaria ed autoritaria, aveva denunciato nel corso della seduta del 30 maggio, con uno intervento di rilevanza storico, il clima di violenze e di intimidazioni che aveva viziato le garanzie di legalità della tornata delle elezioni parlamentari svoltesi il 6 aprile 1924. Nel primo pomeriggio del 10 giugno (aveva da poco compiuto 39 anni) Matteotti, laureato in giurisprudenza, giornalista, deputato per tre Legislature, era diretto all'aula parlamentare dove avrebbe pronunciato, dopo le denunce dei brogli elettorali, una clamorosa denuncia del pieno coinvolgimento dei vertici del regime e della dinastia sabauda in clamorosi fatti corruttivi collegati alla concessione in itinere ad una compagnia americana dell'esclusiva per lo sfruttamento di giacimenti petroliferi in Italia.

Come è noto, la manovalanza per l'esecuzione dell'orribile delitto fu reperita dalla macchina organizzativa del PNF. Mentre l'assunzione della responsabilità politica e morale, per alcuni mesi respinta dal vertice fascista e dal governo autoritario non ancora diventato totalitario, sarebbe stata rivendicata (in tono di sfida motivato dall'esplicitazione dello snodo autoritario ormai ampiamente in essere) da Benito Mussolini nel noto intervento parlamentare del gennaio 1926. E tanto perché non ci fossero dubbi sull'interpretazione autentica degli scopi, delle dinamiche e delle responsabilità del delitto, la guida del collegio di difesa degli imputati, su richiesta del principale imputato Dumini, sarebbe stata guidata (nonostante la laurea farlocca emersa a seguito dello scandalo di un istituto bancario con sede a Parma)  da Roberto Farinacci, a quel tempo segretario nazionale del Partito Nazionale Fascista.

Stanti tali premesse, è evidente che il battage della cittadinanza onoraria al duce a nient'altro era finalizzato se non al depistaggio dell'opinione pubblica dalle criticità gravanti in quel momento sul vertice fascista. Ed in prospettiva in chiave di fidelizzazione delle masse al regime ed alla figura del capo supremo.

Gli zelanti presidente dell'assemblea, del consigliere anziano, del segretario comunale certificano che nei confronti di detto verbale, pubblicato domenica 24 luglio 1924, “non vennero prodotti reclami”.

In questo aggiornamento forniamo altresì un'immagine di Luigi Vidali, esponente pizzighettonese del movimento migliolino, che si era esposto, come abbiamo osservato nel testo, nel contrasto all'insorgente fascismo locale.

Il consunto reperto fotografico, probabilmente scattato nella seconda metà degli anni trenta, lo ritrae davanti alla “privativa sale e tabacchi” di Largo della Vittoria. Che, come si nota con qualche difficoltà, erogava anche benzina.

In allegato l'estratto di una seduta del Conisglio Comunale  di Pizzighettone  del luglio 1924

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