Rassegna della stampa correlata
Lo sciopero contro la morte, editoriale di Mauro Del Bue su 'La Giustizia' del 12 aprile 2024
Se lo sciopero generale di quattro ore dichiarato dal tandem Landini-Bombardieri, e al quale non ha aderito la Cisl, é stato organizzato contro la precarietà dei subappalti, contro l'insicurezza del lavoro, contro i troppi morti che si susseguono in varie parti d'Italia, é completamente giustificato. E se lo sciopero vuole essere una mobilitazione per sollecitare governo e parlamento ad approvare leggi in materia di sicurezza sul lavoro anche. Non ho ben capito però, visto che tale mobilitazione é stata promossa all'indomani della tragedia della diga di Bargi sul lago di Suviana, a cavallo dell'Appennino emiliano e di quello toscano, se Cgil e Uil intendano mettere sullo stesso piano le responsabilità accertate, che so, della strage di Brandizzo (Torino) in cui sono stati travolti e uccisi cinque operai che lavoravano di notte sulle rotaie tra un treno e un altro, e quelle del drammatico incidente avvenuto nella provincia di Bologna. A Brandizzo é indiscutibile che i cinque operai lavorassero in una situazione di pericolo evidente (il capo cantiere, salvatosi per un pelo, ha sommessamente ricordato di aver pronunciato questa frase: “Se vedete il treno buttatevi”). Giusto che la Procura di Torino abbia imputato Rfi e la ditta Sigifer. Le responsabilità paiono evidenti e accertate anche se il procedimento giudiziario non si é completato. Su Bargi sono stati recuperati ieri altri tre cadaveri che mancavano e portano a sette le vittime (si tratta del numero di morti più alto dalla tragedia della Tyssen). Non si capisce cosa sia avvenuto, non pare ci sia stato alcun subappalto e i sette erano o ingegneri o specialisti di ditte altamente qualificate. L'amministratore delegato di Enel Bernabei ha dichiarato che i lavori non erano “per riparare deficit di sicurezza o per far fronte a emergenze. Erano ampiamente pianificati”. E ha rivelato: “A dicembre del 2022 abbiamo fatto, in presenza dei rappresentanti sindacali come prevede la legge, una riunione su sicurezza, salute e ambiente relativa alle centrali idroelettriche di questa area d'Italia. La riunione si è conclusa con 11 pagine di verbale e in quel verbale il rappresentante sicurezza e ambiente della Uil si congratula e si dichiara soddisfatto del livello di attenzione dell'unità produttiva sulle tematiche relative alla sicurezza”. Invito la Uil a smentire Bernabei o a sconfessare questo suo rappresentante. Ma c'é di più. Landini ieri ha ricordato l'esistenza di un documento che avvertiva il pericolo. Perché non si é fatto nulla, allora, anche da parte sindacale? E perché, allora, se si denunciava un pericolo di tale natura non si sono fermati i lavori? Sono molte le domande da fare. Ma mi pare che abbia ragione il bolognese Pierferdinando Casini, ieri a Bargi, che ha sottolineato la necessità, per capire e poi per agire, di non far di tutte le erbe un fascio e, aggiungo io, che la distinzione é necessaria per procedere su singoli e troppo numerosi casi di incidenti sul lavoro ai fini di arrivare alle responsabilità. Questo dal punto di vista giudiziario, ma anche politico e sindacale. L'unica cosa che tutti questi drammatici incidenti accomuna é la tragedia per la morte. Ma si può fare uno sciopero, generico, contro la morte?
Forum dei lettori
il momento di non rassegnarsi
L'editoriale riguardante le morti sul lavoro, pubblicato su Eco del popolo, mi ha toccato anche il cuore. La passione e l'esposizione veritiera dei fatti mi ha coinvolto e portato ad una riflessione. Il lavoro è un diritto per tutti, le tutele e il giusto salario devono essere garantiti. Vero è che non succede: ogni giorno molti lavoratori, troppi, si recano al lavoro e non fanno più ritorno alle loro case. Tutti si indignano, i sindacati organizzano sciopero, i politici piangono i morti, ma riforme e controlli severi sui posti di lavoro sono insufficienti. Penso che sia arrivato il momento di non rassegnarsi, bisogna cercare più sicurezza sul lavoro con corsi specifici a preparare i lavoratori alle loro mansioni. Diciamo un forte "basta" ai subappalti e al gioco al ribasso del costo degli appalti, le ditte che vincono le gare non devono arricchirsi a danno di lavoratori senza dignità e nessuna tutela. Oggi piangiamo i nostri morti e consoliamo le loro famiglie e domani giriamo la testa dall' altra parte per non essere coinvolti. La vita umana è un dono per tutti e quando ci viene rubata e ' una perdita per l'intera società.
Worker lives matter. Il lavoro serve rper vivere... non per morire
Umanesimo del lavoro
Come scrivo sull'argomento da anni (scusandomi ancora per l'eccesso introspettivo, incomprimibile), mi porto nel cuore e nella mente lo stigma percettivo del significato della “morte bianca” da un caduto sul lavoro di prossimità. Parlo di un accadimento di primissimi anni 50 (del 900). Operaio della fabbrica-paese Pirelli, la sua famiglia abitava in un cortilone popolare, contiguo all'abitazione dei miei nonni, suo figlio era pressappoco mio coetaneo. Per farla breve, era stato officiato della manutenzione dei bacini idrici sospesi della fabbrica. Una fabbrica, che, già di suo e coi suoi quasi 1500 dipendenti non largheggiava in prevenzioni, forniva, insieme alla sindrome solfurocarbonica dispensata a larghe mani, diciamo, un notevole bacino infortunistico.
Per farla breve, il papa di Roberto (per cause non particolareggiatamente sondate all'epoca e catalogate tra l'accidentalità) cadde da un'altezza di almeno una cinquantina di metri. Con le conseguenze immaginabili.
Che pesarono nel prosieguo sulla formazione cognitiva di chi scrive qui.
Vabbé nel corso dei decenni il contatto con le morti bianche sarebbe stato meno traumatico negli esiti letali. Ma qualche braccio finito nelle macchine della ritorcitura era frequentemente segnalatore di una diffusa infortunistica.
La morte bianca nella forma subdola del solfocarbonismo apparteneva ad una percezione soft; ma non di meno era ben presente nelle consapevolezze della fabbrica-paese.
Se indulgessimo ad una postura populistica, potremmo dire nihil novi sub soli.
Volendo, invece, essere obiettivi, ci viene da dire che nel corso di quasi tre quarti di secolo sono stati fatti progressi. Ma non quanto basta; se è vero che nel 2023 ci sono state 2041 morti da lavoro.
Un dato intollerabile!!! Che stride con l'evidenza di un paese modernizzato.
La reazione del mondo del lavoro e delle organizzazioni che lo rappresentano è, quindi, più che giustificata.
Nei giorni scorsi abbiamo dato notizia dello sciopero proclamato da CGIL e UIL, che si è svolto anche a Cremona.
Purtroppo, in un contesto caratterizzato dall'auspicabile assenza di piena condivisione.
Per uscire dalla metafora, in un contesto di contrapposizione, tra i due Sindacati che hanno proclamato lo sciopero e la CISL che ha attuato una forma diversificata di mobilitazione.
Il suo segretario, Sbarra, ha confutato: la CISL ha attuato 4 ore di sciopero nazionale lavoratori ENEL, di tutte le categorie private della provincia di Bologna e un presidio alla sede ENEL
Sbagliato mettere contro i lavoratori nelle fabbriche su un tema come sicurezza e morti sul lavoro. Il jobs act è stata una riforma non perfetta ma ha impostato una visione aggiornata delle tutele necessarie nel mercato del lavoro. Le priorità sono prorogare e rendere strutturale la riduzione del cuneo fiscale, tagliare IRPEF a lavoratori, pensionati, ceto medio e famiglie, rinnovare i contratti, finanziare sanità, scuola, politiche sociali, riformare il sistema pensionistico.
Se ci è consentito, siamo in presenza di un baricentro di testimonianza sindacale e di rappresentanza del mondo del lavoro più aderente alla cultura riformista del movimento sindacale. Più coerente con la tradizione riformista della lunga storia della CGIL da Di Vittorio in poi e della CISL e UIL, che non alla regressione radicale della stagione di Landini. Massimamente interessato ad attestare il sindacato sui paradigmi populistici. Ci permettiamo di esortare il sindacato tutto a ridurre il gap almeno in previsione della festa del 1 maggio. Nella consapevolezza che la sostenibilità residua del modello di giustizia sociale ha come cardine la cultura dell'” Umanesimo del lavoro”