Cda Padania Acque: tra Sindaci e Partiti
Il rinnovo del Cda di Padania Acque vede i Sindaci delle liste civiche, effettivamente tali, ancora una volta spettatori sulle indicazioni dei Partiti, divisi tra chi chiede il rispetto della scadenza e chi invece vuole rinviare le nomine a dopo le elezioni amministrative del 8-9 giugno.
Il ruolo delle forze politiche è importante, ma quando diventa strumentale e prevaricante, non andrebbe mai supinamente assecondato ma contrastato, avanzando motivazioni più riflessive e, nel caso specifico, rispondenti alla salvaguardia delle prerogative della società partecipata.
A questo proposito, l'area omogenea cremasca, ormai riconosciuta a tutti i livelli provinciali, potrebbe essere determinante sull'orientamento da assumere nella assemblea già convocata da Padania Acque per il prossimo 9 maggio, circa la elezione del proprio consiglio di amministrazione.
Una posizione unitaria dei cremaschi che ribadisca in premessa, come i Sindaci attualmente in carica, siano i più titolati ad esprimere un giudizio sulla attività svolta in questi anni da Padania Acque e quindi sulla opportunità o meno di confermarne gli amministratori uscenti, gioverebbe alla discussione anche nelle aree del cremonese e del casalasco.
Poiché sugli indirizzi societari, sulla competenza e disponibilità degli attuali amministratori, come del personale dipendente, esiste una generalizzata soddisfazione, oggettivamente pare del tutto strumentale il rinvio rinvio “etico” della votazione, a favore dei futuri sindaci.
La normativa vigente sulle società in house (legge Madia e Codice civile), in caso di mancato rinnovo del Cda alla scadenza naturale, prevede la prorogatio di massimo 45 giorni, nel corso dei quali si possono adottare solo atti di ordinaria amministrazione.
Tenuto conto dei tempi burocratici necessari per gli insediamenti delle nuove amministrazioni comunali, non pare proprio molto responsabile rischiare di portare alla decadenza il Cda in essere, (con le inevitabili ripercussioni ed incertezze gestionali), a causa della inosservanza dei termini sopra evidenziati.
Chi freme per il riequilibrio della rappresentanza politica territoriale negli Enti sovraccomunali, attenda pazientemente i risultati elettorali della tornata amministrativa 2024, e più motivatamente punti all'obiettivo cominciando dall'assetto della Amministrazione Provinciale, da rinnovare entro il prossimo mese di settembre.
Più che parole...musica per i miei orecchi! Ci sta tutto il ragionamento veramente autogestionario in capo ai veri soggetti che sono i protagonisti del territorio istituzionale. Ma questa storia è finita da più di 30 anni. Da quando sono subentrate le "ditte". Anzi, in questo caso, la super spectra. Nel 1954, quando su proposta del gruppo socialista in Consiglio Provinciale fu costituito il Consorzio Provinciale per gli acquedotti, c'era un Consiglio espressione dei Comuni, un presidente che era presidente della Provincia e un Segretario, che era il suo segretario particolare, preso tra i dipendenti della Provincia. Il capo tecnico era una dirigente della Provincia. Poi venne l'organico. Con un ragioniere e 4 o 5 letturisti. La sede in un'ala del palazzo di via Belfuso. Niente gettoni, niente Ufficio stampa, niente spese d'immagine. Eppure in meno di 15 anni fu dato l'acquedotto a quasi tutti i Comuni del territorio, che prima si approvvigionavano con improbabili pozzi singoli, contigui a fogne a cielo aperto. È stato fatto un grande lavoro. Ma il litigio tra le "ditte" è il portato della sopravvenienza della materia spartitoria. E non mi riferisco all'illecito di rilevanza giurisdizionale. Bensì solo all'aspettativa di intercettare il grasso che cola. Quel che appare certo è il fatto che una eventuale, probabile, giustificata riproposizione nella governance in fase di rinnovo, che spetta agli eventi ruolo, vale a dire all'assemblea delle istituzioni associate (questi! Non i futuribili che magari piacciano di più alla stanza dei bottoni della nomenklatura), non appare gradita (al di là delle suggestive mozioni degli affetti messe in campo, neanche da aventi titolo, ma addirittura a sussurrati candidati) alle strategie. Che non riguardano la programmazione gestionale straordinaria od ordinaria, già messa a punto secondo procedure congrue.
Bensì, si ha ragione di presumere o di temere, una discontinuità di asset. Che, azzarda qualcuno, vagheggiare lo stesso percorso impresso alla sorte delle municipalizzate del territorio. Finite, come si sa, nelle fauci della multi utility, controllata saldamente dal tandem Milano-Brescia.
Per queste ragioni e per queste preoccupazioni, bando alle ciance…i Sindaci pienamente in carica al momento dell'ASSEMBLEA procedano con animo tranquillo!
BiometaNO: una battaglia di alto valore civico
Il pronunciamento del Presidente del Comitato, alla vigilia dell'anniversario della Liberazione
Il Comitato BiometaNO Cremona ha annunciato in questi giorni la propria adesione al tradizionale corteo del 25 Aprile. Lo ha fatto raccogliendo l'appello che alcuni organi di stampa nazionali hanno lanciato nelle ultime settimane affinché alle celebrazioni sia garantita la più ampia partecipazione di tutte le forze democratiche che costituiscono la nostra società.
Da un anno a questa parte il nostro Comitato si è fatto promotore di una battaglia di alto valore civico, condotta all'interno di percorsi partecipativi a tutela dell'ambiente e dei beni comuni. Una battaglia che, al pari dei puntuali rilievi tecnici e amministrativi di lampante fondatezza, sta ponendo con forza anche una concreta questione democratica che non può e non deve essere espunta dal dibattito pubblico.
L'inidoneità del luogo individuato per la realizzazione dell'impianto di biometano in città, all'interno del Parco del Po e del Morbasco, a ridosso delle abitazioni di via Bosco, via San Rocco, dei quartieri Battaglione e Villetta e tutte le criticità ambientali connesse al più ampio piano di investimento che si profila all'orizzonte non si risolvono infatti solo nei tecnicismi in discussione al tavolo della Valutazione di Impatto Ambientale.
Numerosi studi scientifici certificano in modo inoppugnabile che il nostro territorio è uno dei più inquinati al mondo. In questo contesto la realizzazione di opere prive di qualsivoglia pubblica utilità che pregiudicano la qualità dell'ambiente e la salute dei cittadini e, come in questo caso, minacciano la destinazione urbanistica di un Parco la cui istituzione è connessa specificatamente alla salvaguardia di corridoi ecologici fondamentali, della qualità dell'aria e delle acque ed alla tutela della biodiversità, deve indurre a mettere in gioco valori etici molto più alti della mera tecnicalità.
Perché uno dei nodi della questione è precisamente questo: il progetto che incombe sulla città non è un'opera pubblica al servizio della collettività ma rappresenta semplicemente l'investimento speculativo di un'azienda privata che intende trarre il massimo profitto dalla vendita del metano prodotto anche attraverso la lavorazione degli scarti che in larga parte altre imprese profit dovrebbero gestire altrimenti come rifiuti, sostenendo costi maggiori. Il tutto avverrebbe caricando sulla collettività una quota consistente dei costi dell'investimento mediante l'accesso a fondi PNRR ed altri incentivi e scaricando sui cittadini i costi ambientali, sanitari e sociali dell'opera.
Inoltre, il tentativo di aggirare mediante il procedimento di autorizzazione unica i vincoli che, come rilevato dallo stesso ufficio tecnico del Comune di Cremona, sanciscono la non compatibilità urbanistica dell'opera non è una mera questione tecnica. Per decenni il Consiglio Comunale cittadino ha salvaguardato quel comparto senza modificare di una virgola i vincoli esistenti. Oggi, l'aggiramento del percorso partecipativo di variante mediante un escamotage burocratico che sposta altrove la responsabilità delle scelte pone un'ulteriore questione di enorme rilevanza democratica.
Nei giorni scorsi, affrontando il tema di un insediamento commerciale a Picenengo, il Presidente di una importante associazione di categoria cittadina non ha esitato a definire “immorale” quella scelta urbanistica che avrebbe occupato circa un quarto del suolo vergine che verrebbe devastato dall'impianto voluto da A2A. Che dovremmo dire, quindi, dell'operazione in atto che per stessa ammissione dei suoi sostenitori prevede ampliamenti successivi oggi non dichiarati a progetto (impianti fotovoltaici, impianto algale, ulteriori co-generatori, altro?) mirando a trasformare in una sorta di immenso polo industriale un'area molto più vasta di quella attualmente in discussione?
Come non eccepire, inoltre, una questione democratica nel momento in cui i promotori del progetto, forti del proprio strapotere economico, cercano di screditare i cittadini e le Amministrazioni che vi si contrappongono tacciandoli con arroganza di non volere l'impianto “nel proprio giardino” ed ostentando un supponente approccio “padronale” nei confronti del territorio e delle sue risorse?
Come non ribellarsi, infine, alla logica delle finte opere di mitigazione (i prati fioriti su cui espandere gli impianti) e delle opere compensative che altro non sono se non ulteriori infrastrutture funzionali agli impianti stessi?
Per tutte queste motivazioni, a meno di un mese dalla Conferenza dei Servizi che condurrà alla fase decisoria, chiediamo a chi vorrà di aderire di accodarsi al nostro gruppo per testimoniare con la propria presenza assieme a noi l'alto valore civico dell'impegno che condividiamo con i Comitati e le Amministrazioni di mezza Italia contro il dilagare di logiche predatorie e speculative che contrastano con i valori della tutela dell'ambiente, della salute pubblica e della difesa di quei beni comuni che proprio la Costituzione repubblicana ci sprona a salvaguardare come patrimonio indisponibile.
A proposito di monumenti nazionali...
Il tre aprile scorso la Camera ha approvato una norma che attribuisce lo status di “Monumento Nazionale” a oltre 400 teatri italiani. Per la provincia di Cremona sono stati identificati il teatro Ponchielli e il Teatro Sociale di Crema. Quest'ultimo però non esiste più da quasi cent'anni.
Per questo ho segnalato la cosa ai nostri Parlamentari per chiedere loro di modificare il riferimento del Teatro Sociale di Crema con quello di Soresina, che ha oltre 180 anni ed è attivo. Anzi, attivissimo.
Quanto sopra è ciò che abbiamo letto nell'aggiornamento Whatsapp del sempre attivo Consigliere Regionale del territorio, Matteo Piloni. Ci sembra utile postarlo (considerando ormai di evidenza pubblica) e dedicargli un commento.
In teoria ci sarebbe anche il teatro Filodrammatici. La cui Società (privata) fu costituita nel 1802. Per impulso del ceto aristocratico e borghese "illuminato" e, volendo essere esaurienti, per “imbeccata” del nuovo contesto napoleonico. Non ne approfondisco il valore del software gestionale, che, anche volendo sta schiss, è qualcosa di più di un miracolo. E non aggiungo altro (anche a costo di sfavorire gli inconsapevoli e gli immemori). Mi limito all'aspetto hardware della questione. Al "contenitore" che continua, a dispetto delle due anzidette categorie (antropiche, sarebbe esagerato dire), a rappresentare un "gioiello" storico-monumentale. Sopravvissuto alle sine cure di chi dovrebbe agire concretamente ma solo promette (copyright Don Camillo) e ai mutevoli tempi. Poco inclini a farsi carico di queste "pratiche". Di cui, invece, si occupa da decenni un asset societario che non gira le spalle al dovere di posture civiche di elevato rango. Per farla breve, il "Filo" (da considerare a pieno titolo il patriarca del cittadino patrimonio teatrale) continua (nonostante le amnesie ministeriali, regionali e cittadine) ad essere un "gioiello”, il pezzo pregiato dell'offerta di cultura, sapere, arte della città. E, si parva licet, di evidenza monumentale. Mantenuta ed elevata, grazie alla dedizione societaria e, soprattutto, alla lungimiranza/abnegazione del suo presidente Giorgio Mantovani. Per dovere di completezza, non ho difficoltà a riconoscere "l'accompagnamento" (in termini di sinergie) dell'attuale Assessore alla Cultura Burgazzi. Ma occorrerebbe ben altro (in capo a consapevolezze strategiche, in capo alla sala bottoni del governo comunale). Per essere espliciti, la valorizzazione (come ad nauseam proposto) del contesto urbanistico e monumentale dell'affaccio "piazzetta". Fa piacere ed incoraggia l'attenzione del Consigliere Regionale nei confronti delle evidenze, trascurate da superiori giurisdizioni, non si sa se più distratte, ignoranti o matrigne verso un territorio così pervaso da eccellenze. Un territorio, però, la cui rete istituzionale (a mente della sconcertante vicenda, a trazione trigemellata, del riconoscimento di Città della Cultura) si dimostra vieppiù inadeguata. Quanto meno a mettere in mostra la propria ricchezza artistico-monumentale diffusa in tutto il territorio. Ad offrirla, quanto meno in par condicio, ad una visione generale obiettiva.
Il riscontro alla segnalazione di Piloni (provvidenzialmente intercettata in un aggiornamento whattsapp) induce ad allargare lo sguardo all'eccezionale patrimonio di tutto il territorio provinciale, ricco di “contenitori” teatrali impareggiabili e di relative gestioni, miracolosamente mantenute, a dispetto della ristrettezza finanziaria, a livelli più che decenti.
Se le superiori istituzioni (Ministero e Regioni) fossero un po' meno matrigne nei confronti dei territori periferici e marginalizzati (con danno alle comunità in essi insediati, ma anche ad una vasta e congrua consapevolezza del valore complessivo del patrimonio nazionale, tutto! e non solo delle realtà protegge), le opportunità di valorizzazione e di intercettazione del relativo indotto aprirebbero ben altri scenari.
La rete istituzionale locale dovrebbe essa stessa, però, rimboccarsi le maniche! Fornendo un quadro generale di coordinamento dell'evidenza monumentale e della qualità della programmazione
La garbata segnalazione (denuncia, sarebbe eccessivo, data la sintassi messa in campo) di Piloni può diventare un gesto resipiscente di consapevolezza e di concreta testimonianza civile?
Il rimando è quanto meno d'obbligo. Si tratta di un rendering che ritocca la piazzetta Filodrammatici, che ospita nella quinta non rimaneggiata dal piccone degli anni 50 e 60 (che diedero luogo all'edificazione del “grattacielo” affacciante su piazza roma e del “carullona”) uno scenario monumentale di altissimo rango. Con il teatro Filodrammatici e Palazzo Ariberti. La piazzetta è in realtà, a dispetto di tutto questo ben di dio, il ricettacolo delle funzioni degli affaccianti. Da anni, Giorgio Mantovani e i dirigenti della Società, ne perorano una riqualificazione. Suscettibile di favorire oltre che una riqualificazione del decoro, anche un uso fecondo a progetti artistici.
Tavolo di lavoro... che non dimentichi il tema cronicità
Arrivano tardi il candidato Virgilio e il consigliere regionale Piloni a proporre un “tavolo di lavoro...che non dimentichi il tema cronicità ”, capitolo scientemente ignorato dalla politica locale sponsor del progetto Nuovo Ospedale, progetto di muri e funzioni perché “prospetta un modello assistenziale ad oggi non esistente” che scarica su un territorio non attrezzato volumi importanti di assistenza quali 25.000 giornate di degenza per acuti, l' hospice, la prevenzione e pure la cronicità che nel Cremonese ha visto un +13,5% dal 2012 al 17 e un +8% rispetto alla media lombarda, in una provincia con percentuali di popolazione anziana superiori a quelle re-gionali/nazionali con il previsto raddoppio, a 15 anni, degli ultra-85enni (Piano SSReg.). Arrivano tardi Virgilio e Piloni perchè sabato 20/04 il dr. Agnoletto in un intervento 'di scuola' sul tema sanità pubblica nel convegno "Salute, lavoro, democrazia” ha illustrato la nuova gestione del capitolo cronicità'. Arrivano i 'gesto-ri', ha spiegato, con una lettera indirizzata ai pazienti cronici con cui si chiede una firma che li consegna a una struttura privata preordinata e li accompagna fuori dal sistema pubblico. E, per sollecitare le adesioni, si sono coinvolti i medici di base.
Ma così cambiano molte cose di non poco conto. Si negano al paziente libertà di scelta e diritto a vedere ri-spettata la continuità di cura, si trascura l'investimento in fiducia su cui poggia ogni percorso di salute ma soprattutto, surrettiziamente, si scarica la cronicità dal treno della sanità pubblica sul binario a gestione pri-vata cui, senza clamore, si cede una fetta importante di utenti fragili. E si gabba pure la normativa vigente, perché è ancora legge l'assistenza sanitaria pubblica per tutti, come è legge il diritto di ogni italiano, per pre-stazioni incluse nei Lea non erogate in tempi utili (vedi liste di attesa), di farsi curare dall'estero con rimborso. Ora se siamo liberi di farci curare all'estero, perché non restare liberi di curarci qui scegliendo a chi dare fi-ducia?
In vista poi della riforma dell'autonomia differenziata che blinda gli Italiani nella regione di residenza, non si credano fortunati i Lombardi in fatto di sanità. Agnoletto ci dà un dato terribile: considerata come uno stato a sé la Lombardia sarebbe all'8° posto nel mondo per morti da pandemia. Ci salverebbe solo una sanità territoriale pubblica diffusa. E sono certe nuove ondate pandemiche, come è certo che la prima causa di morte nelle pandemie è quel deserto sanitario territoriale che qui ognuno di noi sperimenta.
Si dica no dunque agli ospedali 3.0 e al nuovo ospedale perché costoso e inutile ma soprattutto perché apri-rà praterie al libero galoppo della sanità privata. E sarà privato puro, modello Usa, se già dal 1°aprile vige il taglio anche del 70 % dei rimborsi alle strutture convenzionate che scivoleranno nel privato puro.
Invitare come fa Virgilio, in continuità con l'Amministrazione di cui è parte, ad ”accompagnare la costruzione del nuovo ospedale, condividere i servizi...senza dimenticare la cronicità” ('La Provincia'21/04) è non fare i conti con i dati di fatto e ignorare la ratio del progetto. E scoprire ora che “governare è partire dalla voce di chi è portatore di esperienze...e chiede una sanità più vicina” è un tardivo vano 'miracolo elettorale' perchè fino a ieri lui e la sua Amministrazione hanno scelto di sentire solo la voce dei portatori di interessi econo-mici e di settore.
Lanciare poi “un tavolo che coinvolga gli operatori sanitari territoriali” è insistere a evitare il confronto con i veri referenti che sono i cittadini che lo hanno delegato a rappresentarne interessi e istanze e che sono de-stinatari, mandatari e finanziatori insieme del Servizio Sanitario.
Qualche buona notizia da Agnoletto? Si può ignorare la lettera, non firmare, dire di no agli inviti del medico e, a firma già data, forse fare dietrofront. Con l'impegno che sia solo il primo passo di un lungo percorso di esercizio di quella cittadinanza attiva senza la quale si perdono anche i diritti che la Costituzione definisce 'fondamentali' come quello alla salute, “fondamentale” e quindi direttamente “tutelato dalla Repubblica” (art. 32) e non affidato alla gestione interessata di un privato imprenditore.
Rosella Vacchelli, Gianluca Franzoni
Ospitiamo di buon grado la puntualizzazione dei due attivi partecipanti al Coordinamento del Movimento per la Riqualificazione dell'Ospedale. Il loro scritto opportunamente induce a riflettere sulla vera scaturigine della materia questo importante movimento di cittadinanza attiva attorno alle sorti del nosocomio cittadina. Scaturigine che non può non rinviare l'attenzione prevalente al perno centrale rappresentato del progressivo svuotamento del diritto alla salute.