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La sinistra e la questione socialista

Con i contributi di Paolo Carletti, Virginio Venturelli e Tommaso Anastasio

  15/01/2020

Di Redazione

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Se non proprio come dato incontrovertibile, ma come supposizione non lontana dalla verosimiglianza, l'intensificazione del confronto sullo stato agonico della sinistra italiana e sul modo di sormontarlo può aver preso spunto dal portato di emozioni umane e di riflessioni razionali scaturente dalla ricorrenza del ventesimo anniversario della scomparsa del leader socialista Bettino Craxi.

"There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about" (bene o male, ma parlatene, esortava Oscar Wilde).

Si sta facendo largo in questi giorni impulso, non dichiarato acquisito almeno sub liminalmente, a prendere spunto dalla larga messe delle riflessioni e delle simulazioni (e se ci fosse ancora lui, come starebbe andando?) per archiviare le demonizzazioni e gli ostracismi e per collocare la manifesta inadeguatezza del nostro campo (la sinistra riformista, che è l'unico modello sostenibile) di fronte all'imperativo di arrestare il default ed invertire la rotta (che non porta da nessuna parte).

Sul fronte della “ditta”, tutto, ad eccezione di improbabili “seminari” (ci sarebbe piaciuto essere il proverbiale uccellino per ascoltarne i conversari), è, sul profilo anzidetto, fermo ma non silente (perché quanto a specch loro non li batte nessuno).

Forse incoraggiati dal portato di (inaspettato) interesse attorno ad una discussa figura e al ciclo (politico e progettuale), correlato e (come il suo massimo leader) fagocitato e rottamato, i socialisti sembrano voler gettare il cuore oltre l'ostacolo.

Almeno tentando di sollecitare la riapertura di un confronto. Che si aggiungerebbe alla testimonianza ideale e pratica dei non molti che hanno avuto il pudore di non reinventarsi second life in plastico contrasto con la cultura politica socialista e che non hanno girato (o piegato) la schiena.

È servito? Servirà? Senza diritto di tribuna mediatica, senza mezzi, senza legittimazione di appartenenza alla comunità politica, c'è più di un motivo di vederla brutta.

Ma, il fatto stesso che alcuni non pentiti, vincendo i frizzi e i lazzi quando non gli sputacchiamenti di qualche anno fa, stiano ancora sul pezzo e sollecitino un confronto ampio ed impegnativo è rivelatore di una precisa volontà edificante.

D'altro lato, uno dei leit motiv, anzi la road map di questa testata che lo scorso 4-5 gennaio ha compiuto 131 anni, è rappresentato dalla permanente sollecitazione del confronto sui cardini teorici ed associativi del socialismo.

Questa edizione dedica l'aggiornamento sulla questione socialista e sulla sinistra italiana alla luce dei recenti avvenimenti e si avvale del contributo di Paolo Carletti, presidente del Consiglio Comunale di Cremona, di Virginio Venturelli, coordinatore della Comunità Socialista Cremasca con un riconosciuto passato di amministratore comunale e di Tommaso Anastasio, insegnante con trascorsi sindacali nella UIL ed attualmente coordinatore della Comunità Socialista Cremonese.

Ça va sans dire: il confronto è aperto. E proseguirà, auspicabilmente! (e.v.)

PD or not PD?

Siamo entrati nel PD da un anno pensando che avesse bisogno di un radicale cambiamento, e non possiamo che leggere con piacere l'intervento di Zingaretti a favore di una fase nuova del PD.

Il PD ha fallito la propria missione di pacificazione sociale, il sogno del PD veltroniano è crollato anche e soprattutto per i suoi propri limiti e per una naturale confusione sulla propria identità, d'altronde un Partito che più o meno andava dalle Tute Bianche a Adinolfi che identità stabile e che sogno a lungo termine poteva avere?

Né si può sostenere come si legge da alcuni commentatori locali che il PD abbia perso negli anni la propria spinta riformista semplicemente perché, al di là delle parole, non ha mai perso l'occasione di smarcarsi coi fatti da quella tradizione: basti ricordare che tra l'alleanza col socialista Boselli e quella col giustizialista Di Pietro, il PD di Veltroni scelse senza alcun indugio la seconda.

Negli ultimi anni però, complici le sconfitte elettorali, nel PD sta crescendo la presa di coscienza di una identità autenticamente riformista, ben lontana, per intendersi, da precedenti forme di identità fondate su una tanto asfissiante quanto presunta superiorità morale.

Il PD sta cambiando pelle, tante voci critiche si alzano libere al suo interno e dev'essere aiutato ad accelerare la progressiva trasformazione in un partito laico, riformista, socialdemocratico e libertario, nel Paese come a Cremona e per questo ha bisogno di forze nuove che si mettano in gioco.

Per intercettare nuovi consensi non serve scendere in piazza con un megafono, serve far politica senza pregiudizi, a fronte alta con spirito più garibaldino, serve avere il coraggio di scegliere, serve avere voglia di dire da che parte si sta, serve insomma dare alla gente quel che la gente chiede dalla politica: prospettive.

Serve essere franchi e dire che i decreti sicurezza, da Minniti in poi, vanno in una direzione di gestione della materia lontana anni luce dalla nostra;

Serve dire che la riforma della prescrizione ci allontana dall'essere uno Stato di Diritto, se con ciò si intende uno Stato che non può far ciò che vuole dei cittadini;

Serve parlare di lavoro: porre mano alla ragnatela di tutele dei lavoratori  che da vent'anni si va progressivamente ad assottigliare, con la convinzione che l'arretramento delle tutele dei lavoratori non aiuta affatto la piccola media impresa;

Serve progettare una riforma degli enti locali che garantisca una reale rappresentanza dei territori negli enti superiori, mica seguire la canea populista del taglio della rappresentanza, se è giusto tagliare tagliamo i privilegi, non il numero dei privilegiati.

Dar prospettive vuol dire anche riconoscere che l'aumento esponenziale della produzione e dei consumi non può essere infinito a fronte di un Ambiente impoverito dove si fatica a vedere un domani e pensare a strumenti di politica sociale conseguenti.

Serve una attenta ricognizione degli sprechi laddove miliardi si perdono quotidianamente nei meandri paludosi della burocrazie e delle consulenze.

IL PD però per cambiar pelle dev'essere aiutato da tutte le coscienze civili e progressiste del Paese, anche perché non si deve far politica a servizio della propria idea, ma anche e soprattutto a servizio della società e pur con tutti i limiti che abbiamo citato, il Partito Democratico è la sola formazione che raccoglie intorno a sé gli spiriti innovatori della società e può influire su di essa mitigandone gli squilibri.

Noi ci siamo!

PAOLO CARLETTI

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