Come suggeriscono le evidenze, abbiamo dovuto, nelle ultime settimane, incanalare la scaletta editoriale dando priorità a temi che sono risultati non eludibili o rinviabili rispetto al baricentro sia delle attenzioni locali (No nuovo ospedale, No Impianto biometano, sanità) sia dell'evidenza nazionale e mondiale.
In ciò siamo stati aderenti al palinsesto del vecchio Eco di zanoniana memoria, in cui si miscelava l'attenzione alle questioni territoriali con la dorsale politica e militante.
Quest'ultima, per il venir meno del dante causa, uscita un po' dal nostro radar o comunque se non marginalizzata affidata ad un timing discontinuo.
L'argomento della sinistra e della questione socialista resta uno dei cardini del telaio della nostra testata. Lo riprendiamo qui con un recente editoriale del compagno Mauro Del Bue, rifondatore della prampoliniana e coeva testata.
L'editoriale di Mauro Del Bue. "Ottobre: il tempo delle scelte"
Abbiamo fondato l'Associazione socialista liberale e rilanciato La Giustizia per non essere solo una tendenza di un partito piccolo chiamato Psi. Abbiamo svolto un convegno a Montegrotto, cittadina termale veneta con guida socialista del nostro Riccardo Mortandello, per decidere cosa proporre. Un congresso, la fondazione di un nuovo partito, la confluenza in un altro? Ci siamo riservati di decidere tutti insieme ad ottobre. Dobbiamo ritesserarci al Psi? Facciamo allora il punto, il più possibile obiettivo della situazione. Sul piano interno dopo le epurazioni post elettorali di una parte cospicua degli esponenti autonomisti (cioè di coloro che non accettano un'opera di gregariato politico del Pd), si sono svolti i cosiddetti Stati generali del socialismo italiano, promossi dall'attuale gruppo dirigente del Psi. Questo evento, al quale non é stato invitato a parlare, o a coordinare i gruppi di lavoro, nessuno di noi, si é trasformato in una ennesima conferenza programmatica. Se gli Stati generali avevano il compito di formare un partito più grande, sono stati un fallimento giacché nessuna organizzazione socialista (circoli, associazioni, giornali, riviste) e nessuna personalità autorevole, nemmeno Valdo Spini, che aveva iniziato a frequentare il gruppo dirigente del Psi, ha aderito al progetto. Si é poi deciso di svolgere la festa dell'Avanti a Bologna, e anche in questa occasione nessun autonomista (cito assieme al sottoscritto Riccardo Nencini, Oreste Pastorelli, Enrico Buemi, Giovanni Crema, l'emiliana Rita Cinti Luciani, già vice segretaria del Psi, il segretario della Fgs Enrico Pedrelli, il vice direttore de La Giustizia Massimo Carugno, l'ex vice segretaria del Psi Francesca D'Ambra, la caporedattrice de La Giustizia Rossella Pera, Roberto Sajeva, redattore de La Giustizia, Gabriele Salerno, segretario del Psi piemontese o Aldo Repeti, segretario di quello toscano, nemmeno l'ex deputato modenese Paolo Cristoni e chiedo scusa ai non citati) é stato chiamato a partecipare a un dibattito o a presiederlo e neanche semplicemente ad intervenire per portare un contributo. L'unica soluzione sarebbe un congresso con tesseramento e norme concordate. Ma di questo nemmeno l'ombra. Anzi si continua a contestare il congresso dei socialisti veneti solo perché largamente vinto da Riccardo Mortandello e da Giovanni Crema. Mi chiedo quali spazi di manovra ci siano ancora. Perché se ne esiste uno anche ristretto io sarei per sfruttarlo. Anche a me come a tutti voi quel nome, Psi, suscita ancora una certa emozione. Assieme alla rabbia, ovviamente, che sia caduto così in basso. Sul piano esterno, si fa sempre più problematica un'intesa politica col Pd della Schlein sempre più orientata a dipendere dal duo di fuoco Landini-Conte. Se i riformisti di quel partito si trovano in difficoltà a rimanere, i riformisti che non sono nel Pd non possono trovare motivi per aderire. D'altronde il famoso Terzo polo, di ispirazione liberalsocialista, che pure aveva conquistato un buon risultato elettorale lo scorso anno, si é sfasciato per intolleranza dei due principali alleati, che ormai si sottraggono a vicenda i parlamentari in una gara un po' ridicola in stile quattro cantoni. Il progetto resta valido. E' l'unico sul quale i socialisti liberali possono convergere. Ma che fatica in Italia fare i riformisti… Di tutto questo dovremo discutere e saper affrontare i problemi per quello che sono: le nostre compatibilità e le nostre incompatibilità, in quel clima amichevole e di passione politica che ci ha contraddistinto. E che qualifica la vita della nostra associazione e del nostro giornale, composti da donne e uomini che intendono essere fedeli a una storia antica e fare del riformismo e del socialismo liberale una prospettiva del futuro.
Not in our name
L'incipit della seguente chiosa alla bellissima riflessione del direttore della gemella testata prampoliniana trae, anche graficamente spunto, da un proposito che non modificheremo nemmeno sotto tortura.
Un congresso, la fondazione di un nuovo partito, la confluenza in un altro? Ci siamo riservati di decidere tutti insieme ad ottobre. Dobbiamo ritesserarci al Psi?.
Pur condividendo appieno la realistica e severa analisi del compagno Del Bue sullo stato dell'arte cui si è ridotto il socialismo militante /e cinicamente manovriero), l'interrogativo non rientra nel ventaglio delle opzioni realisticamente possibili e giustificabili, ma, essendo chiamati ad esprimere un'opinione diffusa nella comunità socialista cremonese, chiariamo che quello del rientro (a valere ovviamente per le militanze di ultima generazione) nel PSI o in qualsiasi altra militanza equipollente non ci riguarda. E non solo per la perentoria esclusione di un precedente focus in cui alcuni nostri lettori si interrogavano ("Che vale una tessera? La tessera: un sistema superato") e per l'irrevocabile giudizio sui percorsi dell'aggregato socialista in tutto l'arco della seconda repubblica (e dell'ultimo ciclo in commentabile). Semplicemente perché costituirebbe errore esiziale associare l'apprezzabile generosa volontà di riprendere la testimonianza socialista facendo astrazione da tutto quanto è avvenuto e sta avvenendo nello scenario generale della sinistra socialista lato sensu e di quella riformista in particolare.
E, se è consentito aggiungere, facendo astrazione, in particolare da una controindicazione dirimente: far partire l'impresa per una convergenza trascurando la priorità di uno sforzo di riordino e di armonizzazione dell'apparato teorico e insistendo pregiudizialmente sulla prima casella che continua ad essere l'incardinamento nella forma partito.
Come è risaputo, negli ultimi 30 abbiamo vissuto e operato (ci pare di dover aggiungere, fattivamente) anche senza tessera. Anzi è stata proprio la mancanza di tessera a proiettare il nostro, visto che abbiamo agito insieme ad altre compagne e compagni, impegno in una visuale più vasta e consapevole. In una prospettiva di resilienza del valore del socialismo liberale e laburista, nel vasto contesto della sinistra riformista.
La didascalia tratta da una vecchia tazzina, che abbiamo preso come apparato iconografico, sostiene che “una casa è fatta di amore e di sogni”.
Forse più adatta a griffare una tazzina che non a motivare la collateralità dei percorsi di appartenenza e di testimonianza. L'interrogativo di Del Bue sul percorso che il popolo socialista dovrebbe intraprendere in questo ottobre già abbondantemente avviato, appare, per tutte le controindicazioni considerate, più retorico che realisticamente percorribile.
L'unica strada, se si punta ad ripristinare una testimonianza minimamente dignitosa dell'aggregato teorico pratico del socialismo e utile allo scopo di influenzare un processo di armonizzazione e convergenza della sinistra liberale e riformista, è quella dello sforzo di messa in sintonia e cooperazione dell'ancora significativo humus rappresentato da circoli, associazioni, giornali, riviste, che si ispirano agli ideali socialisti e che vengono citati da Del Bue come perni di un possibile rilancio.
Ovviamente queste riflessioni, riferite ad una visuale di carattere generale, devono essere calate nell'ottica territoriale. In cui emergono significativamente gravi claudicanze in capo al senior partner del centro-sinistra che il PD.
Rilievo questo che, anche prescindendo dalla nostra estraneità a qualsiasi logica e pulsione nei confronti di prerogative di governance, non può non indurre a qualche riflessione.
Il PD ha recentemente fatto la punzonatura del proprio vertice territoriale. Al quale rivolgiamo più che felicitazioni, auguri per il rinnovo di un mandato, che, nelle condizioni date, assomiglia a un castigo biblico. Non vogliamo gufare. Ma dirigere un partito come il PD appare improbo, forse inutile. Il fatto che ci siano state disponibilità alleggerisce la cappa del pessimismo-realismo. Da appartenente al bacino della sinistra riformista, se ne avessimo avuto titolo, avremmo partecipato come alle primarie e avremmo in posizione dialettica esortato il maggior partito di centrosinistra ad interrogarsi sulla propria adeguatezza al ruolo e agli appuntamenti alle viste. Gli ultimi 10 anni di governance locale hanno fatto tabula rasa di qualsiasi proposito di buon governo, per non parlare di incidenza strategica. Specie nel Capoluogo, nessuna linea guida progettuale, nessuna leadership di riferimento, un tirare a campare con le quattro paghe per il lesso degli apparatchik, ognuno per sé e dio per tutti nella speranza/convinzione di mantenere il posto. Per quanto ci riguarda, come testata e comunità socialista, non faremo mancare (come peraltro stiamo facendo) il nostro apporto dialettico. Impegnati a dimostrare che si può essere utili alla vita politica, pur privi di una forma partito.