Quasi non si volessero staccare da lui e volessero prolungare il commiato, i numerosissimi estimatori, cittadini, amici, compagni si sono ininterrottamente recati nell'abitazione/studio di Via Chiara Novella per salutarlo, per testimoniare affetto e stima e per essere accanto alla figlia dottoressa Silvia ed al genero Bruno, ma, fino all'ultimo, soprattutto al personaggio che, particolarmente negli ultimi vent'anni, ha assunto il ruolo di riferimento per la città cui ha dato tanto nel suo lungo percorso umano e civile.
Le spoglie mortali erano state composte nella camera ardente allestita nell'atelier in cui Coppetti ha plasmato quasi tutte le apprezzate opere artistiche, contigue alle sale espositive in cui per decenni sono stati conservati (ed ammirati) i lavori, di cui era giustamente fiero ed a cui era particolarmente affezionato. Sono restati in sua compagnia; tranne quelli destinati ai numerosi committenti e quelli che lo scultore ha realizzato (e generosamente donato) con un gesto particolare, discendente dal suo idealismo civile e politico. Questi ultimi, come del resto tutti gli altri, espressione di una volontà sinergica di impegno e creatività, sono stati sparsi nei siti in cui l'artista ha ritenuto fosse utile dare segni plastici all'afflato idealistico che è stato la linea guida di una testimonianza largamente condivisa dai suoi numerosi estimatori.
Continuando ad ammirarli presso il Tempio dei caduti per la Resistenza, presso alcuni sepolcri privati e lungo il Viale degli Artisti al civico cimitero, nei giardini di piazza Roma, sulla facciata del vecchio municipio di Duemiglia, nel cortile del Liceo Scientifico, allo Stadio, Cremona difficilmente dimenticherà la sua lezione umana ed artistica.
Nessuna lacrima, ma molta consapevole commozione e, se è permesso, l'orgoglio di averlo conosciuto e di aver lavorato insieme.
Ci sia qui concessa una digressione, suggerita nelle ultime ore dalla lettura delle parole di un suo coetaneo, il ricercatore australiano David Goodall, che, a 104 anni, ha deciso di lasciarci (“infelice per i miei 104 anni. Sto bene, ma voglio morire”),
Niente e nessuno ci autorizza ad interpretare i pensieri e le volontà del maestro Coppetti. Ma abbiamo la fondata impressione che, se avesse potuto, non gli sarebbe dispiaciuto restare di qua, per continuare una tabella di marcia di iniziative ed attività, invidiabile anche per un quarantenne.
Anche se ai suoi più vicini collaboratori non sfuggiva che Coppetti avesse voluto, già da qualche anno, dettare il suo testamento morale e le modalità dell'estremo saluto (tra cui l'apposizione sul feretro di una vecchia e logora bandiera dei partigiani cremonesi).
Un testamento che quando non era reso esplicito da quel “questa è l'ultima cosa… prima di…” (esorcizzato da un fermo “ma va là, resterai ancora a lungo fra noi”, che nell'interessato raccoglieva un sorriso rivelatore dell'intimo piacere di sentirsi apprezzato ed ancora molto utile alla sua comunità) restava (per chi, come noi lo conosceva bene) tra le righe degli inesauribili progetti. Con cui desiderava porre sotto riflettore i segmenti della storia di cui fu per oltre un secolo partecipe e protagonista.
Parlandogli (con una cadenza quasi quotidiana, che ci dava l'impressione di venire testati sul piano dell'effettivo impegno a seguirlo nelle realizzazioni), si comprendeva facilmente che l'ansia di lasciare tracce feconde nel percorso della memoria, che avrebbe voluto lasciare alle nuove generazioni, non aveva praticamente confini.
Nel nostro lavoro pubblicistico non saremmo andati molto oltre una quasi burocratica trasposizione dalle fonti documentali e dalla bibliografia, se non avessimo beneficiato, in questi ultimi vent'anni, della sua guida e della sterminata messe di informazione a tradizione orale dispensate.
Quando incrociavamo, su libri e documenti, notizie poco interpretabili o ritenute meritevoli di incroci o di approfondimenti, sapevamo a chi rivolgerci. Con la sua scomparsa questa grande risorsa di trasmissione del sapere inevitabilmente finisce. Ma con Coppetti e grazie a Coppetti si sono (noi che qui scriviamo e moltissimi che come noi sono appassionati della salvaguardia delle fonti e della memoria) poste le basi per un approfondimento di alcuni segmenti del 900 politico cremonese.
Allo scultore/ partigiano va anche riconosciuto il merito, non solo di aver messo a disposizione di questo sforzo di approfondimento il proprio sapere e la propria esperienza, ma, in non pochi casi, di aver fornito le necessarie risorse per divulgare tutto ciò a mezzo stampa.
Citiamo come ultimo (in ordine di tempo, ma non nella gerarchia del valore culturale e morale) caso, la consulenza ed il contributo concreto dato alla tesi di laurea del ricercatore cremonese Mario Filippa su “Vicende artistiche e politica culturale a Cremona durante il fascismo”. In cui si intravide, oltre ad un gesto non esattamente frequente nelle abitudini comunitarie di generosità concreta, anche l'entusiasmo (in capo ad un ultracentenario che fu insegnante e testimone della storia) di garantire un supporto determinante allo sforzo di un giovane impegnato a ricostruire, con rigore storico, un segmento importante delle vicende cremonesi del ‘900.
In questi anni di feconda ed appassionata consuetudine di testimonianza e, anche se può apparire retorico, di militanza comune, non raramente siamo stati tranquillizzati sul reperimento delle risorse atte a fronteggiare gli impegni conseguenti.
Ultimo il progetto delle celebrazioni bissolatiane (gennaio 2019 il 130° della fondazione de L'eco del popolo e giugno 2020 centenario della morte). Chiedeva di essere ragguagliato anche nei particolari. Con lui si approfondiva e si discuteva. Si decideva una linea guida. Poi si partiva. Gli era restata una lucidità mentale impressionante (in senso assoluto e non relativamente alla condizione di ultracentenario). Il problema era rappresentato dallo stress fisico; perché, come si sa, il lavoro dello scultore (anche solo per modellare la creta, non certamente per l'uso del martello e scalpello) non è esattamente da centenario.
Ma, per quanto noi fossimo preoccupati per le conseguenze di un impegno sproporzionato alle sue possibilità fisiche e per quanto, pur essendo molto coinvolti nel progetto, ci saremmo fatti una ragione di una probabile prospettiva di incompletezza, sentivamo che (anche se restava reticente sui progressi del lavoro) procedeva.
Ne ebbi la prova qualche settimana fa in occasione del paginone con l'intervista rilasciata un mese fa a Gabriele Moroni sul quotidiano Il Giorno, che pubblicava la sua immagine alle prese con le conclusioni di un'opera che l'aveva molto assorbito.
In cui andava via via rivelando una sorprendente vitalità, di cui, tra l'altro, era segnalatrice la determinazione a non mancare all'appuntamento dagli intenti beneauguranti, auspicato dai ragazzi della curva e concordato con il presidente Paolo Rossi, con una partita primaverile della benamata Cremonese. Già, lo stadio Zini, che a dieci anni gli aveva scatenato una incontenibile passione per il calcio; praticata ininterrottamente per novant'anni, con trasferimenti casa-tribuna in autonomia (a piedi od addirittura in bicicletta, con sprezzo del disagio e dei rischi) e, negli ultimissimi anni, in car sharing (con Fiorino, Dario e me). Poi si era rassegnato, senza, però, rinunciare a tifare a distanza ed a lasciare di questa passione una traccia con la bellissima targa, dal grande significato simbolico, dedicata sollecitata dal Panathlon in occasione del 70° anniversario della Liberazione, al sacrificio del calciatore grigio-rosso Vittorio Staccione, internato come oppositore politico nel campo di sterminio austriaco di Gusen-Mathausen e lì morto col fratello Francesco.
Questa iniziativa l'aveva molto coinvolto, artisticamente, culturalmente e moralmente. Perché quel suo gesto discendeva principalmente dalla volontà di sollecitare la coscienza dei giovani tifosi, spesso avulsa dai principi di lealtà e di reciproco rispetto nella pratica sportiva e da una più vasta visione dei valori della libertà, della democrazia, della solidarietà.
Con quella sua opera del grido lanciato dietro il filo spinato del lager Mario continuerà idealmente ad essere presente allo Zini, come testimone di verità e come tifoso.
Per quanto sia molto addolorato per la sua scomparsa, mi solleva la consapevolezza che il trapasso sia avvenuto nel modo che avrebbe voluto: senza agonia ed ancora, fino all'ultimo respiro ed all'ultima energia, alle prese con l'attività che aveva praticato per una lunga vita.
Ancora una volta applicato a dar forma al volto di quel socialista Bissolati che aveva, sin dalle percezioni dell'infanzia, incarnato l'idealismo di un riscatto dell'umanità diseredata, attraverso la democrazia e l'emancipazione civile.
Questo progetto verrà assolutamente portato avanti, grazie alla collaborazione della figlia e dei numerosi sodalizi, che in questi anni il professor Coppetti ha voluto e saputo coinvolgere nella sua appassionata testimonianza.
Oltre al progetto relativo alle celebrazioni bissolatiane lo scomparso era, nelle ultime settimane, particolarmente assorbito nei pensieri (e nelle discendenti iniziative) dalla precaria condizione in cui versa il Tempio dei Caduti per la libertà.
Presso cui, in occasione del 70° anniversario della Liberazione, aveva collocato la magistrale opera della “Pietà laica”, un'opera destinata a suscitare nell'immaginario quel misto di dolore e di orgoglio che solo le grandi consapevolezze sanno imprimere nei depositi della memoria.
Per questo progetto ci eravamo impegnati di fronte a lui, vivente. A maggior ragione ci riteniamo ancor più impegnati a qualche giorno della scomparsa.
La cerimonia dell'estremo saluto ha rappresentato un momento di tributo comunitario allo scomparso, ma anche un'occasione per cementare una forte volontà collettiva a tramandarne l'insegnamento. Che, d'intesa con la famiglia, verrà messa a punto in un breve prosieguo.
Tornando alle esequie, diciamo subito che centinaia di cremonesi hanno voluto presenziarvi con un lungo abbraccio che si è snodato dalla veglia nella camera ardente, alla cerimonia nella Chiesa di S. Agata, alla sepoltura nella cappella (ingresso Androne IV) condivisa con la moglie scomparsa meno di un anno fa e di fronte a quella del cognato Ruffini, esimio scultore cremonese.
Riposerà in un settore del civico cimitero (al cui decoro e valore tanti valenti artisti, come Coppetti e Ruffini, hanno fornito un importante contributo) che comprende, a breve distanza, le tombe di Attilio e Comunardo Boldori, di Ferruccio Ghinaglia, dei Sindaci socialisti Rossini, Botti e Feraboli, del deputato socialista Garibotti e dei deputati costituenti e partigiani matteottini come Caporali e Pressinotti. Come matteottino era stato il penultimo dei partigiani scomparso due anni fa, Pino Rossi, cui Coppetti restò legato da una forte amicizia.
Ma prima di giungere lì a Coppetti la sua città, consapevole del dono di una lunga sollecitudine di generosa testimonianza civile, ha tributato l'onore e l'omaggio capace di condensare la spiritualità religiosa e l'idealismo laico.
Di fronte ad una partecipazione vasta e consapevole, espressione di tutti gli strati sociali, di tutte le sensibilità, del ceto dirigente ed istituzionale.
Dice della condivisione di questo afflato la partecipazione del Sottosegretario e deputato Luciano Pizzetti (con cui in questi ultimi anni lo scomparso ha mantenuto un rapporto intenso), del Presidente della Provincia Davide Viola, del Sindaco in carica Galimberti e dei predecessori Corada, Perri e Bodini, del consigliere regionale e segretario del PD Piloni, del vicesindaco Maura Ruggeri, dell'Assessore Rosita Viola, dei consiglieri comunali attuali Simona Pasquali, presidente del Consiglio Comunale, Luigi Lipara, Giovanni Gagliardi, Ferruccio Giovetti, Rodolfo Bona, del sindaco di Persico Fabrizio Superti e del vicesindaco Monica Zelioli, di numerosi assessori e consiglieri comunali del passato, degli ex Consiglieri della Regione Lombardia Abeni ed Azzoni, del Sindaco di Bozzolo on. Giuseppe Torchio, del già presidente Galli di Autostrade Centro-padane (di cui Coppetti fu, dopo la scomparsa del fondatore comm. Maffei, presidente della fase di conclusione dei lavori e dell'attivazione dell'esercizio), del Segretario della UIL Mino Grossi, del presidente dell'Associazione Mazziniana Giuseppe Ghizzoni, del segretario dei radicali cremonesi Ravelli, di una folta rappresentanza dell'ANPI (tra cui il presidente Corada, i dirigenti delle sezioni cremasca e di Isola Dovarese e di Cremona Laudadio, Serventi, Luzzini, Bonetti) e dell'Associazione Partigiani Cristiani, guidata dal presidente sen. Angelo Rescaglio, dal vicepresidente prof. Verdi e da Graziano Bertoldi (negli ultimi anni particolarmente vicino allo scomparso sia come collega che come amico personale), della coordinatrice della rete scolastica per i viaggi della memoria Ilde Bottoli, dell'educatore dello sport Pierluigi Torresani, del presidente dell'Associazione DI.DI.APSI Rita Balsamo ed, ultimi ma non certamente ultimi, del presidente della Società Filodrammatica Cremonese Giorgio Mantovani (di cui Coppetti fu attivissimo e generoso socio), del direttore dell'emittente televisiva Cremona1 Mario Silla, del dott. Agostino Melega (uno dei più stretti collaboratori degli ultimi anni) e dell'Associazione Zanoni, con la presidente Clara Rossini ed i consiglieri Bellisario, Carletti Beppe, Beluffi, Piccioni, Panni, Bravi, Leva.
Abbiamo lasciato per ultima, per un dovere di etichetta, la menzione della partecipazione della comunità socialista, particolarmente provata dalla dipartita del suo massimo testimone, che resterà per il futuro un suo forte riferimento ideale.
I socialisti, guidati dal segretario provinciale e consigliere comunale di Cremona, avv. Paolo Carletti e dal coordinatore della Comunità Socialista Cremasca Virginio Venturelli, erano rappresentativi di tutta la realtà provinciale.
Concludiamo questa cronaca e questo approfondimento della figura di Mario Coppetti, pubblicando integralmente i saluti del Sindaco prof. Galimberti e del Presidente dell'ANPI prof. Corada. Il cui linea-guida ha voluto restare aderente allo spirito dell'omelia di uno dei celebranti, don Mario Aldighieri capace di contemperare nella figura dello scomparso la spiritualità e l'idealismo laico.
Prof. Giancarlo Corada:
“Caro Mario, quanto ricordi si sono affollati nella mia mente in questi giorni! Da quando, a me giovanotto, cominciasti a raccontare di grandi cremonesi come Dante Bernamonti, Ernesto Caporali, Gino Rossini, Rizzi e tanti altri. Che io conoscevo solo attraverso i libri e i documenti e tu hai conosciuto di persona. E di ancor più grandi protagonisti della storia italiana, come Guido Miglioli ed i fratelli Rosselli, che pure hai frequentato. A quando, in un giorno assolato di qualche anno fa, mi facesti da guida, in questo nostro quartiere ed in centro città, narrandomi le storie di vie e palazzi. Da quando inaugurammo il busto di Bissolati, nel giardino del Liceo Scientifico. Al più recente incontro, in occasione della consegna del busto di Attilio Boldori in Provincia.
Quanti ricordi!
E quanti insegnamenti lasci a me e a tutti coloro che vogliono avere l'umiltà di ascoltarli!
Anzitutto l'amore per la libertà, un dono grande che spesso sottovalutiamo, come se fosse acquisito una volta per tutte e non fosse costato tanta fatica e dolore.
E subito dopo l'ansia di giustizia, di equità, che può perfino essere pericolosa senza la libertà; ma che con essa, la libertà, è fonte di crescita civile e premessa di dignità.
Il libero sviluppo della personalità di ciascuno ti è sempre stato a cuore ed anche la tua arte ha saputo unire impegno e creatività.
L'ANPI ti rende oggi omaggio con commozione ed esprime alla famiglia il più sentito cordoglio degli antifascisti cremonesi. Siamo anche orgogliosi di averti avuto presidente per dieci anni, dal 1996 al 2006. E di averti avuto fin dall'inizio militante presente ed attivo.
Sei stato “infaticabile Resistente,” come in una lettere ti ha scritto qualche anno fa un altro grande cremonese, don Luisito Bianchi. Che aggiunge, a proposito di alcune tue ricerche sulle vittime cremonesi del nazifascismo, con spirito profetico: “c'è sempre del sangue gratuitamente sparso che grida perché qualcuno ne faccia memoria; e lei ne ha udito il clamore ed è corso a raccogliere la Parola che pronunciava”.” Noi cercheremo, caro Mario, di proseguire il tuo impegno e di dare ascolto a quelle voci che da lontano ci parlano.”
Prof. Gianluca Galimberti:
“Ho qui un libro che parla di te, maestro Coppetti socialista, partigiano, amministratore, professore, artista. Hai attraversato un secolo. Ho avuto la fortuna di conoscerti di persona solo gli ultimi anni e ne sono profondamente grato.
Porto questo ricordo di te:
- quel tuo gesto: nonostante qualche acciacco, ti alzavi in piedi sempre prima di parlare e lo facevi da solo; era tua abitudine stare in piedi di fronte alle cose e alla storia, assumendoti le responsabilità
- quel tuo camminare lento negli ultimi tempi; ma in realtà andavi più forte di tutti noi, nel pensiero, nel parlar chiaro, nella tua esperienza di vita che ti ha reso maestro, non solo nell'arte
- quel tuo sorridere dolce e accogliente, perché se le lotte per la giustizia non si trasformano in umanità accogliente nell'incontro forse diventano infeconde
Ieri un bambino alla manifestazione dei caduti di Bagnara ha detto che occorre distinguere il bene dal male, la democrazia dalla dittatura, il fascismo dalla democrazia, l'odio dalla convivenza civile, senza astio o arroganza.
Le tue opere sono opere di bellezza. Ora possiamo dire che la tua vita, nella sua complessità e varietà e certo anche nei suoi limiti, è stata un'opera d'arte. Quella a cui è importante che noi guardiamo.
La persona che ieri ha ricordato la tua morte ha pianto e si è asciugato una lacrima. Tu hai commosso, hai messo insieme le coscienze. Mamma mia che cosa bellissima! Hai messo insieme le coscienze e continui a farlo. È la tua vita che ci emoziona, non la tua morte.
Ecco so che hai aspettato ad iniziare il tuo nuovo viaggio dopo il 25 aprile. Hai voluto viverlo. Sicuramente, lì dove sei continui a vivere un 25 aprile eterno. Lì dove sei che cosa siano liberazione e libertà è chiarissimo, sei certo nel segno della libertà. Noi siamo ancora qui. Tocca a noi continuare a vivere il 25 aprile in ogni giorno della nostra vita. Guardiamo alla tua opera d'arte. Ci dai ancora fiducia e speranza.
Grazie, maestro Coppetti, la tua città ti ringrazia e si impegna a continuare la tua testimonianza.”
Cremona 28 aprile 2018
In allegato "Ciaoo Mario"