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L’archivio di Franco Dolci pezzi di storia e di vita della nostra terra

Così il curatore Giuseppe Azzoni ha efficacemente definito l’operazione di catalogazione delle carte che il compianto protagonista di tante vicende sociali, politiche ed istituzionali

  30/04/2017 16:21:00

A cura della Redazione

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Così il curatore Giuseppe Azzoni ha efficacemente definito l’operazione di catalogazione delle carte che il compianto protagonista di tante vicende sociali, politiche ed istituzionali, scomparso un anno fa, ha puntigliosamente raccolto e che la famiglia, rappresentata all’evento dal figlio Massimiliano e dalla nipote, ha generosamente destinato, dopo il prezioso lavoro propedeutico senza del quale sarebbe stato un inservibile ammasso di oltre 140 faldoni, all’Archivio di Stato.

Il valore dell’iniziativa non risiede solo nell’impulso fecondo a non vanificare la lungimiranza di chi conserva, a beneficio del proprio sapere e a futura memoria e a beneficio dei posteri, scritti e carte dei propri percorsi civili e culturali, ma anche nella corresponsione, da parte delle istituzioni, a tale edificante testimonianza di servizio al sapere.

Alla dott.ssa Angela Bellardi va riconosciuto il merito di aver, da tempo, operato un’apprezzabile allargamento della struttura che dirige; in modo che l’Archivio di Stato non solo accolga e renda fruibili le fonti documentali non soggette agli obblighi, ma costituisca uno dei punti di sensibilizzazione e di sollecitazione ai conferimenti. Che restano, comunque, di proprietà degli aventi titolo.

Le risultanze dell’impulso di certi posteri, che, quando decedono nonni e babbi militanti, portano in discarica o, nella migliore delle ipotesi, ingaggiano i “vuota soffitte”, sono palesi durante qualche passeggiata in campagna, durante gli accessi ai siti delle discariche, durante (ma questa rappresenta la circostanza meno riprovevole) la visita ai “mercatini” (dove i reperti, salvati, vengono mercanteggiati e destinati alla collezione ed alla fruizione privata).

Per carità, lungi da noi l’idea che i percorsi storiografici dipendano dalla salvaguardia degli appunti personali, di pagine ingiallite, di istantanee d’eventi, di libri introvabili, testimonianza del “mondo piccolo” della vita politica, sociale ed istituzionale che fu.

Indubbiamente, tali riflessioni diranno poco ai giovani, il cui sapere è prevalente conseguenza dell’accesso alle opportunità informatiche e telematiche.

Ma, è indubbio che la riflessione sul valore della conservazione delle fonti documentali (anche nelle consistenze apparentemente trascurabili) del passato assume, in un ciclo antropologico fortemente imperniato nella valorizzazione del sapere, della cultura e dell’arte, una sua centralità.

Ovviamente tale sollecitudine non può prescindere dal progetto successivo e conseguente; che è rappresentato, come dalle premesse, dall’accesso facilitato e sollecitato ed alla fruizione all’interno di percorsi di divulgazione e di approfondimento.

È quanto l’Archivio di Stato ha intrapreso da qualche anno come compito “para-istituzionale”. Ciò che ha fatto dell’importante ufficio pubblico un punto di riferimento di studiosi e di “amici” delle fonti.

Non a caso Angela Bellardi, protagonista insieme ai suoi più stretti collaboratori e ad Azzoni dell’operazione, ha ricordato, aprendo l’evento, che “all’Archivio di Stato non si depositano solo antiche pergamene”.

Ed ha elencato i precedenti conferimenti volontari. Di cui facciamo sommaria menzione: la Società Filodrammatica Cremonese, l’ANPI, le Brigate Partigiane Matteotti. Solo per citarne alcuni e come riserva di completamento del percorso; perché sono alle viste i conferimenti delle carte dello storico sindaco di Soresina Piero Borelli e, cosa un po’ più complessa data la vastità, del fondo del Partito Socialista.

Per verità e completezza del ragionamento, avremmo dovuto partire dal fondo Zanoni, che non solo ha spianato il virtuoso ciclo, ma che resta paradigmatico sia in positivo (per il suo valore storico, culturale ed etico-morale) sia in negativo.

Non certamente per tigna, ma considerato che alla cerimonia di consegna ufficiale del fondo Dolci, era presente il Sindaco di Cremona, incolpevole per la critica in specie ma debitore di continuità di responsabilità amministrativa, siamo in obbligo, se non altro come socio fondatore dell’Associazione Zanoni (i cui scopi prevalenti risiedono nel lavoro di salvaguardia delle fonti e ricerca storiografica), di far menzione delle peripezie delle carte Zanoni.

Il compianto ex Sindaco decedette in solitudine il ferragosto del 1995 nella casa di Ponte di Legno. Fu generoso e previdente (come dovrebbero essere le persone tutte e specialmente quelle prive di eredi stricto sensu), in quanto a tempo debito, insieme con la sorella professoressa Mina, destinò i suoi beni (quelli materiali e, si presume, quelli non venali) al Comune di Cremona. La procedura successoria ebbe una sua conclusione; mentre restò per molti (troppi!) anni sospesa la sorte dei beni immateriali (libri, documenti, manoscritti).

Postulammo, quanto meno, una doverosa delucidazione. Inutilmente! Poi, in circostanze un po’ opache, qualcuno che aveva detenuto illegalmente beni riferibili alla procedura successoria li pose in una sorte di “ruota” affinché fossero sottratti alla condizione di detenzione illegale e recapitati. Fortunatamente nelle mani di Giuseppe Azzoni, che si rese protagonista del fortunato approdo all’Archivio di Stato.

La metafora della vicenda induce, secondo noi, a una conclusione priva di equivoci: che valore può avere la campagna per la salvaguardia dei documenti nelle mani di detentori privati se il detentore pubblico si comporta come nella vicenda della carte Zanoni?

Sotto tale punto di vista, rientrando nell’ispirazione specifica della cronaca dell’evento comunitario di venerdì 28 aprile, la decisione degli eredi di Franco Dolci ed il lavoro di Giuseppe Azzoni e di Angela Bellardi acquistano maggior valore civile.

Se è così, questa circostanza è proficua per segnalare che, dal punto di vista della salvaguardia delle fonti documentali, restano ben evidenti i “buchi” in molti significativi settori della storia contemporanea. Pensiamo alla testimonianza degli altri grandi partiti, ai sindacati, agli altri organismi di massa.

Noi abbiamo fatto e stiamo facendo la nostra parte. Ma non ci basta; convinti come siamo che, prendendo spunto dall’apprezzabile conferimento della carte Dolci, si dovrebbe dare, quanto meno, risposta all’ipotesi da noi avanzata (anche recentemente) alle istituzioni locali dell’intero territorio, affinché si costituisca una sorta di task-force per la salvaguardia delle fonti e per la loro valorizzazione/fruizione.

Sarebbe questo un indotto implicito negli auspici dei protagonisti della vita pubblica cremonese, i cui depositi sono stati già accolti dall’Archivio di Stato.

Tornando all’incontro di venerdì diremo che ha fornito, in aggiunta allo scopo ufficiale, l’opportunità per molti di incontrarsi (tra i presenti il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Sen. Luciano Pizzetti) per ricordare ed approfondire dopo molto tempo il fecondo profilo umano e civile di Franco Dolci, diamo una breve cronaca degli interventi.

Alcuni, come il Sindaco Galimberti ed il Presidente Provinciale Viola, o non erano ancora nati od erano, negli anni in cui egli raggiungeva il punto più alto del suo impegno pubblico, in età da nido d’infanzia. Situazione questa che, però, non li ha indotti ad una rievocazione di circostanza. Ad esempio, Viola, che gli è succeduto nell’incarico quarant’anni dopo, si è premurato di svolgere una particolareggiata rivisitazione del mandato amministrativo compreso tra il 1975 ed il 1980.

In ogni caso, la sollecitudine della prestigiosa partecipazione e la volontà di interpretazione del senso dell’apporto della figura rievocata denota una chiara volontà di richiamo ad essa e di monito ai contemporanei a riferirvisi anche nei tempi correnti.

I contemporanei di Dolci, Azzoni e Bernieri, che ne hanno tratteggiato la figura ed il significato della preservazione delle carte (oltre a chi scrive che Dolci l’ha “visto molto da vicino”), per rievocarlo, non necessitano di attingere ad un rapporto basato sul racconto.

Del rapporto di Azzoni, come curatore della catalogazione del fondo e come stretto collaboratore del Dolci dirigente politico, diamo praticamente il testo nella sua interezza.

“A me il compito di dar conto, nel merito e per sintetici tratti, dei caratteri e dei contenuti di questo deposito così significativo ed importante.

Franco Dolci ha mano mano conservato, per un periodo che ricopre la seconda metà del ‘900 ed anche un poco oltre, materiali e documenti che definirei a tre livelli: attinenti al lavoro che ha svolto ed agli incarichi che ha ricoperto negli anni; attinenti ai suoi interessi culturali diciamo trasversali e permanenti; attinenti a rapporti, esperienze, vicende ed ambienti personalmente vissuti e di cui ha inteso dar conto e memoria.

Dunque materiali di diverso tipo: carte su cui si è documentato ed ha studiato, articoli e ritagli di stampa, manifesti, volantini, documenti di istituzioni o di partito, giornaletti ciclostilati, fascicoli monografici, opuscoli, corrispondenza, verbali, appunti, quaderni manoscritti ecc.

Sono depositati qui 144 contenitori con questa documentazione che definirei pezzi della nostra storia essendo in massima parte relativi al nostro territorio ed alla nostra gente…

Nella casa di Dolci rimane una formidabile e per certi aspetti singolare biblioteca con parecchi libri anche introvabili…. Spesso con chiose e sottolineature.

…Parecchi libri accanto ai quali rimangono a casa sua numerosi quaderni manoscritti, con la sua scrittura tanto inconfondibile ed elegante quanto difficile da leggere...

Dicevo di tre livelli, cerco di dare anche solo un’idea dei rispettivi contenuti.

Le attività che ha svolto. Attività politica: la Federazione giovanile comunista, di cui è stato il segretario provinciale alla fondazione, ed il PCI: per il partito la prima responsabilità fu quella di dotare le nascenti Sezioni di un minimo di biblioteca. Qui si hanno documenti di formazione politica ed ideologica. La propria perché lui frequentò nel dopoguerra un corso di sei mesi alle Frattocchie di Roma inframmezzato da un mese di attività politica pratica nella Federazione di Napoli. E di formazione della base e dei quadri – così si diceva – come istruttore, corsi di alcuni dei quali abbiamo gli appunti. Quindi pezzi di propaganda, campagne elettorali, discussioni nel partito e con altre forze politiche, bilanci, relazioni, rapporti di attività con cui il gruppo dirigente provinciale dava conto dei problemi affrontati, delle iniziative, della forza organizzata e così via ad ogni congresso. Si parla a Cremona di una Federazione con un centinaio di Sezioni, diverse migliaia di iscritti, funzionari e militanti responsabili per i vari settori dell’attività. C’è molta documentazione in proposito, Dolci ha ricoperto diverse responsabilità ed è stato Segretario della Federazione nella prima metà degli anni ’70. Documentazione utile anche per capire luci ed ombre di quei partiti di massa che organizzarono la democrazia locale e nazionale.

Nel 1948 e ’49 Dolci è stato nella segreteria della Camera del Lavoro: anni di eccezionale interesse storico per le lotte sociali di rilievo nazionale che si svolsero nelle nostre campagne. Nel corso di esse Dolci fu anche arrestato e processato per motivi sindacali… tra questi documenti ci sono anche sue indagini come quella su Stagno Lombardo pubblicata dal periodico “lotta di popolo”. Sui giovani comunisti si parla di una intensa attività pionieristica nei paesi, nelle fabbriche, verso le scuole, o delle iniziative sportive e ricreative…

Di grande interesse le carte – degli anni cinquanta – riguardanti il Comitato provinciale del “Movimento dei partigiani della pace”, una organizzazione di comunisti, socialisti, indipendenti – presidente era Nino Zana e segretario Franco Dolci – molto attiva e contrastata… siamo in piena guerra fredda, ci sono le stimmate del filosovietismo, c’è la guerra di Corea, la NATO e così via ma la capillare azione per la pace, contro l’atomica, contro il colonialismo è motivata ed intensa, trova momenti di dialettica non banale con gli orientamenti di cattolici come Don Mazzolari, tocca tanta gente e raccoglie tantissime firme paese per paese, via per via. Come quelle contro la condanna a morte per i coniugi Rosenberg. Si tratta di documenti rari ed importanti.

Negli anni ’60 Dolci è presidente della Federazione provinciale delle cooperative che ne coordina ed orienta i vari settori. Qui si documenta la crisi che le vecchie forme della cooperazione attraversano in una società che cambia ed il travaglio di una trasformazione non facile e rilevante.

Molte le carte riguardanti l’esperienza di pubblico amministratore: a lungo in Provincia ed infine alla presidenza della AEM quando ancora erogava i servizi trasporto urbano, acqua, gas, elettricità. Nella Amministrazione provinciale Dolci fu consigliere eletto dal 1953 in avanti, sempre di opposizione – nel ’53 Presidente era il “mitico” migliolino, popolare e poi dc Giuseppe Ghisalberti – fino ad esserne poi Presidente con una giunta di sinistra dal 1975 all’80. Lungo questi tre decenni troviamo in questo archivio importanti analisi, critiche, proposte, deliberazioni su temi dall’economia alla scuola, dall’ambiente alla cultura…

Dicevo anche di un livello riguardante interessi suoi trasversali e permanenti su cui Dolci leggeva, raccoglieva, ordinava e conservava, scriveva egli stesso ampia documentazione. C’è parecchio anche qui.

C’è innanzitutto il mondo del lavoro: dalle fornaci alle cascine, dal mondo dei pescatori a diverse fabbriche…

C’è la storia – soprattutto per il versante sociale - del nostro territorio: dai movimenti contadini ottocenteschi a Guido Miglioli, dal periodo fascista alla Resistenza, dai consigli di cascina al movimento operaio degli anni ’60 a tante vicende e persone del comunismo e del socialismo delle nostre contrade.

C’è la realtà internazionale, le guerre, la pace: temi per lui sempre centrali nella cultura, nella curiosità, nella passione politica.

E c’è la terra e l’acqua, il fiume, la vegetazione, gli uccelli, la campagna del nostro territorio. Temi che Dolci amava vivere di persona e su cui raccoglieva testi e molti ne scriveva.

È un settore importante delle carte del livello memorialistico. Dolci ha scritto molti libri e fascicoli. Di ciò ritroviamo qui materiali preparatori, bozze, opuscoli. È una scrittura ricca, di sentimenti, di ironia anche, di cose vissute, esperienze, persone, vicende e – sottolineo – di luoghi… le lanche e i budri uno per uno… ne avrete visto nelle vetrinette della nostra piccola esposizione.

Avrei concluso ma devo aggiungere una cosa: ho letto l’altro giorno la lettera al quotidiano locale con la importante proposta di Giancarlo Storti alle Autorità locali di intitolare a Franco Dolci una sala, un luogo di incontri e di civile cultura.

La sottocrivo ed approfitto della presenza del Sindaco Galimberti e del Presidente Viola – che anch’io ringrazio molto per il patrocinio e per essere qui – perché la considerino positivamente… Le motivazioni direi che sono quelle che anche oggi qui stiamo ripercorrendo e sottolineando.”

Come inciso della cronaca dei contributi succedutesi nel corso dell’incontro, registriamo che la proposta di Giancarlo Storti di ricordare Franco Dolci attraverso l’intitolazione di un sito pubblico, sottoscritta da L’Eco del Popolo, è stata fatta propria, con un convinto applauso, da tutta l’assemblea.

È toccato al relatore Gianfranco Berneri, già (apprezzato) assessore alla Cultura della Giunta Corada parlare di Franco Dolci e di come egli abbia concepito la politica e la cultura, quindi di ciò che sta alla base di questo archivio. Berneri che, giovane studente entrò nel PCI all’epoca in cui Dolci ricopriva l’incarico di Segretario della Federazione cremonese, ha esordito con cenni memorialistici ed aneddotici di quei primi incontri. Che ne hanno rivelato tratti significativi, sul piano idealistico ed umano. Il relatore ha considerato quanto di seguito siamo obbligati a sintetizzare: “Franco Dolci (1925-2016) è stato un uomo del Novecento, non solo perché così dice l’anagrafe. Il suo stile, la sua formazione appartengono ad un modo - più alto, più nobile- di intendere e interpretare la politica ormai tramontato.

Uomo di partito, ma con un alto senso delle istituzioni, il suo cursus honorum è esemplare di come un tempo veniva formata e selezionata la classe dirigente politica. Autodidatta, aveva un alto concetto della cultura che in lui si è tradotto in un impegno intellettuale costante, fatto di letture, studi, scrittura.

Ha ricoperto con capacità, onestà e impegno incarichi istituzionali importanti; due su tutti: Presidente dell’Amministrazione provinciale dal 1975 al 1980 e dell’ AEM per il quinquennio successivo. La sua biografia, pubblica e privata, sia di esempio a tutti coloro chevogliono impegnarsi nella res publica.”

Le gallerie

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