Come preannunciato nella scheda di presentazione del 70° anniversario della scomparsa di Gino Rossini, dedicheremo alla ricorrenza degli approfondimenti tematici della ricca e complessa personalità di uno dei protagonisti della vita pubblica della prima metà del Novecento cremonese.
Il versante attinente all'impegno istituzionale, racchiuso, purtroppo, in poco più di un biennio, per quanto denso di spunti rievocativi e di ammonimenti per gli scenari correnti, è già stato ampiamente analizzato dal contributo di Giuseppe Azzoni.
Qui procederemo all'approfondimento del profilo umano; pur nella considerazione che il tracciato esistenziale di una personalità, così intensamente esposta nella testimonianza civile, inevitabilmente ne costituisce l'interfaccia.
La platea dei testimoni del ciclo di Rossini si è, per ragioni naturali, inevitabilmente così ristretta da limitare a poche unità i referenti diretti che, almeno nel periodo adolescenziale, hanno avuto contezza diretta del personaggio.
Fortunatamente abbiamo potuto contare sulla diligente e devota sollecitudine della figlia Clara, che insieme coi fratelli ha conservato come reliquie gli scritti del padre, e sulla traccia documentale rappresentata sulla stampa del periodo ed, in particolare, de L'Eco del Popolo.
Ancor più importante per capirne fino in fondo la personalità è il sussidio delle ampie note autobiografiche e della produzione editoriale dello stesso Gino Rossini, di cui ci sono pervenuti gli scritti intitolati “Palpiti umani”, “Dopo i vesperi di sangue”, “Il congresso dei morti”, “Il giuoco dei tiranni”. Il cui testo, frutto di uno sforzo giovanile compreso nella prima metà degli anni venti non scoprirà post mortem un mancato talento letterario; ma sicuramente, anche in considerazione del fatto che i testi, prodotti in più edizioni, raggiunsero una vasta platea di lettori, riuscirono a cogliere fin in fondo la finalità didascalica dei romanzi e dei saggi di Rossini.
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Gino Rossini, il ricordo della figlia Clara
GINO ROSSINI L'uomo buono
GINO il confidente, l'amico sincero
GINO il sindaco di tutti
GINO marito e padre amoroso
GINO, il mio papà
Cercando di rievocare la sua figura in famiglia, anche se la malattia e le frequenti ricadute permisero di godere ben poco della sua presenza, sento un soffuso caldo benessere: il suo dolce sorriso, le sue carezze, i lanci verso l'alto di me bambina sono presenti e vivi sulla pelle, nell'intimo del mio essere, mi avvolgono ancora in quel calore.
La sua comunicativa dovuta al grande cuore e ai sinceri affetti, al bene disinteressato per il prossimo rendeva noi certi di avere un grande padre indimenticabile. Cercava di essere severo con Emilio e Lino, i figli maschi, esortandoli tramite le innumerevoli lettere cariche di doloroso rimpianto che inviava dagli ospedali che lo ospitavano, a non impensierire mamma Carmen, la sua amorosa fedele sposa, a dedicarsi con più fervore allo studio, tralasciando attività sportive e letture varie. Salvo poi diventare per loro il compagno di giochi e il padre più affettuoso e “sbaciottone” non appena tornato a casa.
Seduto a tavola imprigionava la mia mano con la sua, la sinistra, costringendosi ad usare la destra, anche se era mancino, per non mettere me piccola in difficoltà.
Disapprovava gli sprechi. L'uso eccesivo dell'olio di oliva era fronte di riflessione su chi se ne poteva permettere nemmeno un goccio. Non necessitava che ci spronasse ad essere generosi: il suo esempio era già più che coinvolgente.
Quando suonava il campanello nella casa di via Pasubio era un avviso che si richiedeva il suo intervento per un aiuto, un consiglio, una parola buona. Credo che nessuno possa affermare di essersene andato malcontento o insoddisfatto.
(Mia madre, che cercava di arginare questo suo altruista comportamento, alla sua morte ne seguì convinta le orme). La sera, quando era presente, era tutta una festa. Una famiglia felice anche in tempi di difficili con la morte alla porta.
Dormivo in un lettino in ferro con le sponde nella camera dei miei genitori. Coricata, li potevo solo sentire e me ne lamentavo. Gino mi sollevava e mi poneva tra loro, permettendomi di starvi per tutta la notte.
“OGGI MI SENTO TUTTA DORASSA”, cantavo felice il giorno dopo – Perché tesoro? –
Perché ho dormito tra il mio papà e la mia mamma che sono tutti “DORI”! –
Sì, caro Gino, ti ricordano così ancora oggi tua figlia, le tue nuore, il genero, i tuoi cari nipoti: TUTTO “DORO”.
Clara