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Ampia convergenza sul valore della testimonianza dei fratelli Rosselli

Dalla conferenza per l’80° anniversario ampia convergenza . Diciamo subito che, considerando il rilievo e la competenza con cui le testate cremonesi (Fabrizio Loffi per il settimanale Mondo Padano e Giuseppe Bruschi per il quotidiano La Provincia) hanno dato conto dell’evento, la cronaca della conferenza richiederebbe poca cosa.

  21/06/2017 07:40:00

A cura della Redazione

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Se non sottolineare, anche con compiaciuto orgoglio, del pieno successo, di partecipazione e di qualità delle esposizioni, di un evento, che faceva temere di essere troppo di nicchia.

Ci applicheremo, quindi, a registrare e sottolineare che l’approfondimento, partito dalla sottolineatura del carattere precipuo del delitto di Carlo e di Nello Rosselli, inteso come risposta del regime al salto di qualità rappresentato dalla versione potenziata dell’antifascismo testimoniato da Giustizia e Libertà, se ha costituito il perno della rievocazione, ha, altresì fornito la base per un’ampia convergenza, storica ed ideale, sull’attualizzazione del progetto politico implicito nel pronunciamento del socialismo liberale.

Non è di poco conto il fatto che ciò che, al tempo, aveva rappresentato una vexata quaestio sulla piena appartenenza e fecondità della variante rosellina al fronte antifascista operante in Italia e nell’esilio, sia stato considerato interamente assorbito dall’interpretazione univoca dei protagonisti della conferenza.

Diciamo subito delle credenziali “professionali” di due di loro (prof. Corada e prof. Rescaglio, entrambi apprezzati studiosi di storia, filosofia e lettere), che hanno, da par loro, affrontato una rigorosa rivisitazione storica. Che assume un valore particolare, se si considera che, all’epoca e per tanti anni l’antifascismo rosselliano, fu considerato una quasi eresia, gli stessi presiedono le due attive Associazioni Partigiani cremonesi.

Le riflessioni di entrambi i relatori si sono perfettamente integrate nello sforzo di attualizzazione di quel deposito ideale, teorico e pratico testimoniato dal contributo “laico”, inteso nel senso non scientifico, fornito dall’apertura del presidente della Società Filodrammatica, Giorgio Mantovani e dagli interventi del Sindaco di Cremona, prof. Gianluca Galimberti, e dal Sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri, sen. Luciano Pizzetti.

Si è trattato, in ogni caso, di testimonianze storicamente ineccepibili e particolareggiate; inclinanti alla universale constatazione dell’ “inattualità” dei fratelli Rosselli. Ma non nel senso che il loro idealismo, il loro contributo teorico e la loro testimonianza militante siano superati dal tempo ed appaiano incongrui al contesti attuali. Semmai, come hanno insistito tutti i protagonisti della conferenza, ci sarebbe da lamentare il risultato dell’oblio. Dovuto, secondi chi scrive, per tanti decenni, all’azione di un pregiudizio ideologico, a servizio di cause incompatibili, per ragioni di civiltà politica, con l’indissolubilità tra libertà/democrazia ed aneliti di giustizia sociale, rappresentati dal socialismo umanitario. La ragione della fitta coltre di oblio sedimentata nelle ultimissime decadi è, invece, riferibile, secondo Corada, Rescaglio, Galimberti e Pizzetti, al risultato dell’inclinazione alla “leggerezza” ed alla banalizzazione. Anche se noi preferiremmo dire dell’incultura, che è dannosa o forse più del pregiudizio.

Prima di loro mi ero permesso non già di sostituire il prof. Coppetti, forzatamente assente per le ragioni rese note nel corso dell’evento, bensì di riassumere, deducendole dal testo già noto dei riferimenti dedicati dal “Socialismo di Patecchio “, il senso e gli sviluppi delle testimonianze dei “rosselliani” cremonesi in corso d’opera, come si potrebbe azzardare.

Il giovane scultore cremonese, Mario Coppetti fu a fianco di Carlo e Nello, idealmente, sin dagli albori di Giustizia e Libertà. Ma fu, soprattutto, loro discepolo nel periodo dell’esilio a Parigi. Periodo nel quale li frequentò fino a pochi giorni dell’agguato mortale di Bagnole de l’Orne e li salutò per l’ultima volta in occasione degli imponenti funerali popolari del 19 giugno.

Non se ne sarebbe mai distaccato, nonostante l’intelaiatura di Giustizia e Libertà non sopravvivesse alla morte dei suoi due profeti e la creatura della militanza antifascista e partigiana del Partito d’Azione si infrangesse, nonostante l’alto valore implicito ed esplicitato, contro gli scogli ineludibili rappresentati dai grandi partiti popolari.

Concludiamo questa breve cronaca con un contributo di Giuseppe Azzoni che pone nel cono di luce della rievocazione un altro rosselliano cremonese.

E con una riflessione sull’opportunità, che sottoporrò al pannel degli organizzatori, di una “seconda puntata”, espressamente dedicata alla valutazione dei perni del liberalsocialismo sui contesti attuali.

 

 

 

 

La figura di Walter Federici, testimone di G e L

Con riferimento alla commemorazione, in occasione dell’80° anniversario dell’uccisione di Carlo e Nello Rosselli, promossa da Società Filodrammatici, Eco del Popolo, Associazione Zanoni, dalle Associazioni Partigiane, ANPI ed APC, vale la pena ricordare che anche in terra cremonese i valori che i Rosselli hanno testimoniato e quanto da loro intrapreso, ebbero un seguito con Giustizia e Libertà e col Partito d'Azione. Lo attestano vicende, arresti, persone negli anni del regime e poi nella Resistenza. Erano di GL e/o del Pd'A Lionello Miglioli (che guidò la formazione partigiana di GL di Cremona e la intitolò ai fratelli Rosselli), Francesco Frosi (Presidente del CLN), Giulio Parietti (Prefetto della Liberazione), il partigiano castelleonese Serafino Corada, il nostro Mario Coppetti...

Nome di grande rilievo di un nostro conterraneo di GL è quello di Walter Federici: a lui è dedicata

questa sintetica memoria. Infatti egli fu davvero esemplare nella attuazione di principi essenziali propugnati dai Rosselli: la spinta all'azione contro ogni “attendismo”, il lavoro per una confluenza

unitaria delle forze antifasciste, il valore base della cultura per formare una nuova classe dirigente

per una società libera e più giusta.

Nato a Casalmaggiore nel 1921 e studente universitario a Firenze, già nei primi anni 40 è tra gli

organizzatori in Toscana di un gruppo studentesco antifascista ispirato al movimento “Italia Libera”. Spesso torna a Casalmaggiore e qui prende contatti con giovani e conoscenti tanto che già

prima del 25 luglio '43 ha avviato una rete atta a passare all'azione contro la dittatura. Nel maggio

1943 è tra i numerosi arrestati che il fascismo operò nelle fila di GL a Firenze ed in altre città. Con

la caduta di Mussolini viene scarcerato e già il 29 luglio incontra a Milano il dirigente azionista

Gasparotto e ne riceve il mandato di organizzare il Partito d'Azione nell'area casalasca, naturalmente in modo semiclandestino date le ambiguità del periodo badogliano. In agosto è chiamato sotto le armi come allievo ufficiale d'Aviazione a Padova. Con l'occupazione tedesca dell'otto settembre fugge con un gruppo di 17 commilitoni, portando tutti con sè le armi. Pensa già

alla Resistenza e quelle armi e munizioni verranno nascoste nell'Isolone di Po tra Casalmaggiore e Viadana. Ha sempre mantenuto importanti contatti con Firenze, Milano, Parma ed ora è in prima linea nella creazione di una delle primissime Brigate partigiane, quella che copre l'area a cavallo del

Po tra Casalmaggiore, Bozzolo, Viadana, Brescello e Colorno. Si chiamerà 1° Brigata Garibaldi Giustizia e Libertà ed in essa confluiranno elementi socialisti e comunisti, azionisti, laici, cattolici:

dal medico dott. Giuseppe Paroni alla maestra Regina Ramponi, da giovani, che daranno la vita,

come Giovanni Favagrossa e Sergio Arini, al forte rapporto con don Primo Mazzolari. La Brigata è

già attiva dall'autunno del 1943: recupero armi degli sbandati, sostegno ai fuggitivi italiani ed alleati, sabotaggi ed altre azioni fino ad uno dei primi scontri a fuoco del nord Italia, ad Osacca di Parma nel Natale 1943.

Walter Federici ha compiti organizzativi e di collegamento (incaricato, tra l'altro, della organizzazione dei passaggi tra le due sponde del Po con traghettamenti notturni). Ma provvede anche ai materiali politici ed informativi di livello nazionale, li considera di primaria importanza per

la formazione.

È collegato con Cremona, tramite Francesco Frosi, oltre che con Milano, Parma e Firenze. Proprio

a Firenze a fine settembre '43 era caduto per alcuni giorni nelle mani della famigerata banda Koch,

subendone le sevizie ma riuscendo presto fortunosamente a fuggire ed a tornare alla sua Brigata nel

casalasco. Nel gennaio 1944 sfugge ad un grande rastrellamento UPI cremonese e mantovana, con

perquisizioni casa per casa ed un centinaio di arresti. Scriverà in proposito successivamente il parroco di Cicognara, don Malinverno: “(...) il 5 febbraio 1944 tre della questura entrano e perquisiscono archivio, cantina, salotto della radio, pollaio... nulla di nulla. (Poi) mi si mostra una fotografia di Federici di Fossacaprara...” In effetti, data l'importanza nella Resistenza ed i suoi collegamenti (sfogliando i documenti ci si imbatte in nomi come Riccardo Lombardi, Ferruccio Parri, Aldo Braibanti ecc.), egli è particolarmente nel mirino dello stesso Farinacci. Pesa su di lui una condanna a morte, si dirama la sua fotografia con una taglia di 100.000 lire, ordine di sparargli a vista se tentasse di fuggire qualora avvistato. Ci sono ancora arresti e Federici si sposta a Milano, nella cerchia di Ferruccio Parri. Ma il pericolo di cattura è elevato ed è costretto ad espatriare in Svizzera. Mantiene per il possibile i contatti e rientrerà nei giorni successivi alla Liberazione.

Scriverà don Primo Mazzolari in una relazione del 16.5.1946: “... presi parte al movimento clandestino iniziatosi nel viadanese e validamente appoggiato in quel di Casalmaggiore dall'universitario Walter Federici di Fossacaprara. Mi incontrai più volte a casa mia col Federici Walter (…). Il Federici si salvò dalla morte con la fuga.” Dunque una figura di prima grandezza per la storia cremonese della Resistenza e di GL che merita di essere studiata e ricordata.

Giuseppe Azzoni

 

 

 

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