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L'EcoRassegna della stampa correlata - "Il Pd e il vecchio vizio”

Di Mauro Del Bue

  18/05/2022

Di Redazione

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La magistratura non gode più del consenso incondizionato dell'opinione pubblica, 

scriveva qualche tempo fa il sempre apprezzato editorialista del Corsera Panebianco. E, diciamolo francamente, gli eventi intercorsi da allora ad ora (specie dopo lo “sciopero” del Magistrati) non c'è nessuno motivo per rettificare nulla di tale assunto e, soprattutto, delle performances del funzionamento della macchina giurisdizionale. Nata come organo (il più delicato) dello Stato e diventato, arbitrariamente e materialmente, organo.  

Il baricentro del campo testimonial della giustizia giusta e di una grande e riforma del ramo istituzionale è ispirato dal liberalismo giudiziario. Che è mosso dai seguenti perni: responsabilità dei giudici, separazione delle carriere entro l'ambito giurisdizionale, interdizione delle porte girevoli tra ruoli elettivi e funzione giurisdizionale, elezione del Consiglio Superiore e forse messa in discussione per com'è del cosiddetto organo di autogoverno, ritracciamento della custodia cautelare entro i limiti costituzionali, rettifica delle norme di illeggibilità a mente della legge Severino. 

I prossimi giorni diranno dell'esito di opposte strategie finalizzate, da una parte, ad incidere per un congruo cambio di fase e, dall'altra, ad a ritocchi ispirati dal peggior gattopardismo: cambiare apparentemente tutto perché nulla cambi. 

Che i tempi siano maturi lo dimostra il fatto che una delle forche caudine per l'accesso ai fondi PNRR impone all'Italia di modificare profondamente il proprio modello di giustizia, valutato dannoso per i cittadini, il sistema e la compatibilità con le relazioni internazionali. 

Dedichiamo questa lavagna al dossier “giustizia giusta” da perseguire, secondo noi, rimettendo al copro elettorale la prerogativa di pronunciamento. 

Pubblichiamo qui sotto l'editoriale del Direttore dell'Avantionline e il quadro sinottico in cui si articolano le proposte del PSI. 

Il Pd e il vecchio vizio

Mauro Del Bue 17 maggio 2022 L'EDITORIALE 

  

Un vizio assurdo, come Davide Lajolo definiva il suicidio di Cesare Pavese, quello del giustizialismo per il Pd? Non direi, anzi. Lo definirei piuttosto un vizio ragionato. Pare proprio che la direzione del Pd, in omaggio all'alleanza coi Cinque stelle, indichi di votare no a tutti i quesiti referendari. Il motivo non può essere la riforma Cartabia che non verrà certo approvata entro il 12 giugno e che invece può trovare forza da un esito referendario positivo. I referendum sono abrogativi, ma se la maggioranza dirà sì alla separazione delle carriere e alla presenza degli avvocati nei consigli e alla riforma del metodo di elezione del Csm e alla revisione del carcere preventivo e alla modifica delle conseguenze della Severino tutte le tensioni e i mal di pancia dei magistrati e dei loro inossidabili vassalli, Conte e soci, sarebbero messi da parte e la riforma potrà essere migliorata in senso garantista e liberale. Ma il vizio non riguarda solo l'alleato e la paura di rompere con lui, dopo che Conte aveva gia preso le distanze dal Pd sulla questione delle armi da inviare all'Ucraina e sul piano energetico per via di un termovalorizzatore. Il vizio è endemico e risale ai tempi della rivoluzione giudiziaria di trent'anni fa. Da allora il partito che dal Pd in larga parte deriva deve pagare un conto con le toghe. Queste ultime non hanno voluto affondare il vascello dell'allora Pds. Bastava poco. Bastava allora un avviso di garanzia al segretario o al suo alter ego per sprofondare nell'ignominia generale. Non avvenne nonostante il caso del miliardo portato da Gardini a Botteghe oscure, nonostante la testimonianza del pentito delle coop rosse Nino Tagliavini che chiamava in causa il vertice del suo partito e nonostante nei festival dell'Unità si alzassero gli evviva rivelatori a Greganti. Speravamo che un partito guidato da un ex democristiano moroteo cambiasse pelle. Di Letta abbiamo apprezzato la ferma posizione sull'aggressione della Russia all'Ucraina. Una posizione che ha a cuore la libertà di un popolo. Ma quando si parla di nuovi orizzonti di libertà in Italia, e in particolare di rendere più europeo e liberale il nostro sistema giudiziario, ecco la retromarcia. Il vecchio vizio non si scorda mai… 

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