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A proposito di Arena Giardino. Tutto è bene quel che finisce bene. Ma è consentita una domanda?

Per utilità di chiarezza e completezza, partiamo da un rimando alla “campagna” de L’Eco di inizio marzo; con cui avevamo unito la nostra testimonianza a quella di molti cittadini cremonesi, allarmati dalla non promettente piega assunta dalla successione dei fatti attinenti all’Arena Giardino.

  20/05/2016 12:33:00

A cura della Redazione

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Per essa intendendosi il combinato tra aliquota ambientale/monumentale della prima periferia padana e le attività comunitarie che da anni vi si svolgono.

Per farla breve, la nostra voce, si ripete allarmata, si alzò con le molte altre del gestore della struttura, di associazioni, di giornalisti e di semplici cittadini per sensibilizzazione e richiamare ai doveri l’istituzione cittadina (proprietaria della struttura e contraente lo strumento gestionale).

La prospettiva, sempre ricordando, era che lo scempio vandalico costituisse il coronamento di un degrado apparso irrefrenabile ed insieme la premessa per archiviare colpevolmente un bel pezzettino del patrimonio comunitario.

Avevamo ricordato che la porzione di tessuto urbano che ha come cardine Porta Po rappresenta qualcosa di più di una generica dotazione ambientale.

Lì vi sorse, per molti decenni, un opificio che scandì la prima e la seconda rivoluzione industriale di Cremona.

La de-industrializzazione del XX secolo l’avrebbe soppresso; ma l’avvedutezza degli amministratori comunali degli anni settanta ed ottanta non avrebbero cancellato quelle vestigia dal forte connotato simbolico.

Come testimonianza di archeologia, appunto, industriale e come opportunità di vita comunitaria.

I tempi cambiano e cambia, purtroppo (quando sono in gioco valori permanenti) anche la percezione delle cose.

Niente di più vero: le risorse pubbliche sono in forte contrazione e bisogna tenerne conto.

Ma, lo diciamo con molta chiarezza, non fino al punto da giustificare inerzie e trascuratezze, che, talvolta, denotano, più che intenti dolosi, inadeguatezze sociali e culturali.

Tali, infatti, erano sembrate le “spallucce” del vertice comunale (attuale e precedente) contrapposte alla prospettiva doverosa di frenare il degrado del Parco, riqualificarne la polivalente fruizione, arrestare le dinamiche comportamentali suscettibili di produrre insicurezza, rilanciare un progetto di vita culturale comunitaria.

Allo spontaneo (e civilissimo) sit-in nel teatro del vandalismo e del potenziale oscuramento di attività, mancava solo un partner immancabile: il vertice comunale (non surrogabile dalla partecipazione del benemerito consigliere Fanti).

Diciamolo francamente (pur non volendo assolutamente infierire su un’assenza che fu caduta di stile e gesto di arroganza),

Mentre un centinaio di cremonesi si mobilitava, il Sindaco, peraltro assessore alle politiche culturali, ed assessori iper-presenzialisti, scioglievano in negativo il dilemma morettiano se andare, non andare, se andare e stare in disparte.

Aggiungiamo, immotivatamente! Facendosene un baffo.

Se gli apostoli del karma rigenerativo, di cui, fino ad ora, è stato unicamente testimoniato un risibile profilo di animazione (per di più, da grest), si fossero posti in grado di percepire il messaggio implicito in quel sit-in, si sarebbero posti agevolmente in edificante armonia con esso.

E, diciamolo proprio perché la nostra analisi è sempre ispirata da intenti fecondi, si sarebbero risparmiate (oltre alla figuraccia d’immagine) anche incomprensioni e permalosità.

Sono tempi difficili e qualche passaggio sottoperformante ci può stare dentro; in contesti fortemente avversi e nel rapporto con un ceto politico-istituzionale, che dimostra di avere ancora molto da apprendere.

Da apprendere soprattutto sotto il profilo del rispetto nei confronti dell’opinione pubblica e di chi è chiamato ad informarla.

Il primo cittadino ed alcuni dei suoi assessori dimostrano, ogniqualvolta l’informazione dà conto della loro azione (come deve fare una libera informazione in un sistema liberaldemocratico) mostra una reazione presumibilmente figlia, volendo essere benevoli, di una radicata permalosità.

Come se tutti volessero informare su basi faziose ed intenti ispirati da malevolenza. Come se tutti non fossero dotati di sufficienti standards cognitivi.

A cuntentà en cumön ghé bon nissön: basterebbe questo popolare adagio per tranquillizzare il suo ego ipertrofico e placare la sua suscettibilità.

Si capisce l’impulso a piacere all’opinione pubblica. Un po’ meno quello a pretendere di piacere ad ogni costo.

A tale chiodo non si impiccarono mai i grandi primi-cittadini predecessori. Che si accontentavano di essere giudicati ogni cinque anni e che aborrivano la sovraesposizione mediatica, in video ed in voce.

Su questo terreno, il professor Galimberti, che sta doppiando la boa del mandato, non mostra neanche i limiti della Monica (la figlia della Gina del monicelliano Parenti serpenti): poverina s’impegna ma un talento non è!

Tira avanti incurante sulla propria strada, lastricata di indefettibili certezze.

Che ne integrano una di non poco conto: l’opinione pubblica, manipolata da una stampa faziosa, non lo capisce.

Ultimo scampolo di tale sbagliato approccio al più delicato comandamento in carico agli investiti di pubblica funzione è l’intemerata che il primo cittadino ha dispensato agli operatori “faziosi” dell’informazione (anche nel caso di cui trattasi).

Che non h potuto esimere il decano dei giornalisti cremonesi, Antonio Leoni, da una dichiarazione, che, per chiarezza e fondamento, non si presta ad interpretazioni fantasiose: “il professor Galimberti non ha alcun autorità e ragione per aggiungere ai suoi fiumi di parole anche l'offesa alla libera stampa che ha il torto di tirargli le orecchie”

Peraltro, aggiungiamo noi, l’acrimoniosa tirata non si spiega in assoluto (se non nell’ipotesi dell’esistenza di qualche disturbo della serenità) e, soprattutto, non si spiega nella fattispecie.

Rappresentata dalla circostanza dell’annuncio (sia pur tardivo) delle misure adottate dalla Giunta per fronteggiare le criticità segnalate dal gestore e dal popolo del sit-in.

Meglio tardi che mai.

Riservandoci un ulteriore, doveroso approfondimento, l’intelaiatura della risposta del Comune alla richiesta di riqualificazione è, all’osso, articolata come segue:

- dimezzamento del canone da 3.000,00 a 1.500 euro l’anno per sei anni

- programmazione di interventi di manutenzione, applicazione della valorizzazione del comparto a bandi, possibilità di sfruttare i 30 giorni che, da convenzione, rinnovata fino al 2021, sono a disposizione del Comune, la costruzione di progetti culturali ulteriori per la valorizzazione del cinema in città;

- sono scaturiti progetti cinematografici che si realizzeranno già quest’estate;

- gli interventi sull’Arena Giardino ammontano a circa 10mila/15mila euro da realizzare in lotti con i primi lavori che partiranno nell’arco di due settimane circa;

- il 15 aprile la Giunta ha approvato l’accordo di partenariato tra Comune di Cremona, Arya Cremona, soggetto capofila già coinvolto nel recente progetto di parco Sartori, Impresa Brugnoli Giorgio, gestore dell’Arena Giardino, Istituto di Istruzione Superiore A. Stradivari, Asociatia de Teatru Experimental Clandestin, Laboratorio APS, ProCremona Srl.

Che dire? Bene, bravo, bis.

Anche se ci piacerebbe affrontare, hic et nunc, due precisazioni.

La prima, che per noi non è un inedito, attiene espressamente ad un partenariato pubblico-privato, che parta dall’improponibilità del ritorno ad una politica culturale dove la fruizione s’intenda a titolo gratuito.

Il rimpianto, come avevamo ripetutamente scritto, delle piazze piene di fruitori di spettacoli interamente pagati dalla fiscalità, è in contrasto, oltre che con le criticità di bilancio, con un in aggirabile, dati i tempi, imperativo etico.

La seconda considerazione riguarda quella trasparenza che l’attuale giunta ha messo in cima al proprio decalogo.

Forse ci siamo persi qualcosa (la macchina comunale delle relazioni esterne sistematicamente non ci colloca tra i suoi destinatari e siamo costretti ad arrangiarci).

Tra il picco della criticità di rapporti con l’attuale gestore e la soluzione del caso (da tutti, ben s’intende, auspicata) c’è stata una dissolvenza, di cui bisognerebbe dar conto.

Il 4 aprile il quotidiano La Provincia, titolava, con un certo rilievo “Una già pronta a scendere dentro l’Arena”.

Sottotitolo: gestione proposta da un’agenzia milanese con referenti locali.

Cosa prevedeva la proposta? Innanzitutto, l’assunzione del restyling e della messa in sicurezza (a costo zero per il Comune) dell’intera struttura preposta alle proiezioni cinematografiche ed agli spettacoli estivi.

Prevedeva, poi, l’incremento (da 1.500 a 4.000 euro) del canone annuo.

I nuovi partners garantivano, da ultimo, il ripristino della programmazione estiva, tra cui il ritorno del Festival di mezza estate.

Sarebbe interessante sapere che fine ha fatto la proposta. A futura memoria, per quando eventualmente il concedente avvertisse l’opportunità di una ricontrattazione delle condizioni.

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