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I fascicoli del "Casellario politico" della Questura di Cremona

I "sovversivi" durante il regime fascista

  08/06/2020

Di Giuseppe Azzoni

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Dopo la pubblicazione, lo scorso 25 aprile, dell'elenco Comune per Comune dei partigiani combattenti riconosciuti della nostra provincia, è ora presente e consultabile sul sito ANPI Cremona anche il repertorio completo dei fascicoli del "Casellario politico" della Questura di Cremona (depositato presso l'Archivio di Stato). Esso riguarda gli anni da inizi '900 al 1945: si tratta di 2.676 fascicoli individuali di soggetti in massima parte incasellati come "sovversivi" durante il regime fascista. Una nota introduttiva illustra l'organizzazione ed i criteri della repressione politica e le sue caratteristiche nella nostra realtà. Quindi quanti, e di quali ceti ed orientamenti ideali, furono i condannati al confino o al carcere ovvero gli ammoniti e diffidati, i soggetti a fermo e vigilanza o ad altre misure vessatorie (come il controllo della corrispondenza ecc.). Per ogni nominativo il repertorio riporta alcune notizie essenziali. Nel quadro di una società cremonese non così "fascistizzata" come mostrava la propaganda, compaiono storie anche singolari e di grande interesse, dalle persone sotto controllo anche all'estero a numerosi sacerdoti, dalle operazioni contro i "vociferatori" ai caratteri di rischiose attività antifasciste clandestine. La ricerca è stata condotta per l'ANPI dal sottoscritto con l'indispensabile supporto del personale dell'Archivio. 

Di norma di ogni soggetto titolare di un fascicolo si registrano dati, caratteristiche e precedenti, si aggiornano dimora, spostamenti, relazioni ecc. Sono infiniti i “rapportini” con puntuali verifiche al domicilio e su partenze, arrivi, richieste ed esiti di “rintraccio”. Diversi soggetti erano in elenchi delle persone “da arrestare in particolari circostanze”. Essere nel casellario dei sovversivi non era senza conseguenze sulla vita quotidiana propria e familiare. 

Tra le infinite storie che emergono da questi fascicoli eccone una molto significativa.

E' una vicenda che preoccupò moltissimo il Fascio cremonese e che accomuna ben 29 lavoratori agricoli, ad ognuno dei quali è intestato un fascicolo come “sovversivo”. 

Il patto colonico 1935, imposto dagli agricoltori ai salariati dipendenti col beneplacito del sindacato fascista, conteneva forti peggioramenti rispetto al già miserrimo contratto precedente. Ciò provocò una sorprendente aperta ribellione dei salariati, un fatto per il regime non tollerabile, tanto più nel feudo di Farinacci. La repressione però si mostrava assai imbarazzante perché la protesta era condotta addirittura nel nome di... Mussolini contrapposto al ras nostrano! Infatti nelle cascine era girata la voce che il duce per la provincia di Roma avesse imposto a quegli agrari condizioni assai migliori per i loro dipendenti. Quindi i salariati di numerosi paesi del cremonese rifiutavano di ritirare il nuovo libretto di lavoro (prassi con cui si accettava il nuovo patto colonico). In qualche caso il rifiuto non era individuale ma addirittura collettivo ed organizzato. In un fascicolo si scrive che nella cascina Geroldi di Paderno i salariati hanno incaricato il loro compagno di lavoro Emilio Lanzi a dire  al padrone a nome di tutti che “... con 13 lire alla settimana non si può vivere...”.  Il padrone minacciò di prenderli a bastonate ma in quel momento i lavoratori, qui e altrove tennero duro. 

Il Fascio convocò assemblee coi suoi sindacalisti ma essi non riuscivano a parlare per i tumulti e le grida “vogliamo il patto di Mussolini, non quello di Farinacci”. In qualche comune si crearono persino cortei con delegazioni che chiedevano di essere ricevuti dal Podestà. L'agitazione durò solo qualche giorno, si venne a sapere che le voci sui miglioramenti attribuiti a Mussolini erano state esagerate, tuttavia gli agrari di Cremona dovettero concedere qualcosa in modo che il sindacato del fascio non perdesse la faccia. Chiusa la protesta si mise in atto una repressione ben mirata su una trentina di lavoratori individuati come promotori. Essi vennero ammoniti, diffidati ecc. Il più colpito fu Giuseppe Bassanetti, contadino di S. Bassano. Durante la protesta raccoglieva fondi ed organizzava una delegazione per andare a Roma dal duce: fu incarcerato e mandato al confino per “nota agitazione dei contadini avversa al patto colonico” (imputazione del 26.4.'35).

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