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Giornata della Memoria /2

  26/01/2024

Di Redazione

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Rassegna della stampa correlata

Saper ricordare, di Domenico Cacopardo

Sono stato a Berlino e ho visitato l'«Jüdisches Museum» (Lindenstrasse 9-14). Costruito su progetto dell'architetto polacco Daniel Libeskind, è una toccante testimonianza dell'Olocausto e della inumanità dell'uomo, quand'è ridotto all'inconsapevolezza da una dottrina totalizzante basata su falsi presupposti, su false considerazioni.

In esso, c'è un locale denominato il «Pozzo» con riferimento al pozzo di Mauthausen, di cui scriverò più avanti. La pavimentazione dell'ambiente è formata da formelle metalliche distese -non murate- sul pavimento.

Camminandoci sopra, il rumore provocato dai passi riproduce il lamento doloroso di una persona morente. Immaginate il complesso dei suoni che i passi di più visitatori possono produrre.

Quest'esperienza è una tragica prova personale. Non il ricordo della Passione di milioni di ebrei, di zingari, di soggetti portatori di handicap, di omosessuali, di antinazisti e resistenti vari, ma un dolore diretto di chi è lì e affronta l'esemplificazione formativa che un museo come questo offre ai suoi visitatori.

Vicino alla Porta di Brandeburgo, accanto all'hotel Adlon Kempinski (a suo tempo luogo preferito dai gerarchi nazisti e dalle loro amanti), è stato realizzato il Denkmal für die ermordeten Juden Europas (Memoriale per gli ebrei assassinati d'Europa) su progetto dell'architetto Peter Eisenman. Ricorda il Cretto di Gibellina di Alberto Burri e consiste da 2.711 blocchi di cemento che rappresentano cippi sepolcrali per gli ebrei dell'Olocausto e per le altre vittime del nazismo. Un altro luogo che, per le vie misteriose della sensibilità umana, risulta capace di suscitare immediate emozioni, reali commozioni, profonde riflessioni.

Anche qui è doveroso un rispettoso silenzio.

Sono stato a Mauthausen, il 31 dicembre di qualche anno fa. Affittato un pullmino, ho affrontato il percorso sino a incontrare in un'ampia strada in salita un piccolo paese ben tenuto, tendine colorate alle finestre dietro le quali i vasi di gerani davano una piacevole sensazione. Il piccolo paese si chiama Mauthausen e dista qualche centinaio di metri dal campo, che è in cima a un colle. Lo descrisse Christian Bernadac (Des joursd sans fin, 1976), francese, figlio di una vittima di questo mattatoio: «Fortezza... contemporaneamente fortino e acropoli, muraglie gigantesche. Granito e cemento armato dominanti il Danubio: strani speroni coperti da cappelli cinesi; fili spinati e porcellana intreccianti un'insuperabile rete elettrica di protezione... la più formidabile cittadella costruita sulla Terra dal Medio Evo... 155 000 morti.»

I diversi gradi sottozero di quel 31 dicembre contribuirono alla disperazione ormai inerte che si coglie nel luogo di tanti assassinii. Il cimitero è diviso per nazionalità e, naturalmente, ci sono diversi italiani. Si tratta di persone decedute negli ultimi giorni e dei cui cadaveri le SS non sono riuscite a sbarazzarsi o di persone morte dopo la liberazione.

Il campo di Mauthausen è stato aperto il 9 febbraio 1938 e “liberato” il 5 maggio 1945 dal 41° Squadrone della 11° divisione corazzata americana.

Nella sua prima fase fu destinato a socialisti, comunisti, omosessuali, oppositori potenziali o effettivi del nazismo e all'«intellighenzia» polacca. Presto, fu utilizzato dai nazisti come campo di sterminio mediante l'uso combinato di lavoro forzato e denutrizione.

Lì le menti malate che lo governavano vollero usare per i loro perversi scopi il cosiddetto «Pozzo», una cava di granito abbandonata nella quale avveniva il quotidiano martirio. Nella parete circolare del «Pozzo» erano ricavati dei piccoli scalini, stretti e corti, resi scivolosi dall'umidità o dal ghiaccio. Sulle spalle delle vittime venivano sistemati (da altri reclusi) pesanti massi di granito: dovevano recarli in fondo al «Pozzo» e dal fondo dovevano riportarli in superficie. Data la debolezza per denutrizione, era molto difficile che i disgraziati ‘portatori' riuscissero ad arrivare sul fondo. Più spesso cadevano dalle scale precipitando al suolo dove rimanevano lesi e tramortiti sino a quando la natura non li privava della vita.

Sono convinto che i pacifici e placidi austriaci del paesino di Mauthausen – dato che i crematori erano in funzione h. 24, emanando il loro irreprimibile dolciastro odore di morte- non potessero non sapere: sapendo hanno prima taciuto e poi rimosso.

A Washington, l'United States Holocaust Memorial Museum (100 Raoul Wallenberg Place) è il luogo (architetto James Ingo Freed) in cui si può avere una percezione completa della realtà dei campi, ricostruiti in scala in tanti plastici dalle esaurienti didascalie. Vi sono elencate le vittime ed è stato ricostruito uno squarcio di stazione con il binario e un carro bestiame uguale a quello usato dai criminali che governarono la Germania e mezza Europa.

Voglio infine segnalare il piccolo Jewish Museum Thessaloniki (Salonicco, Agiou Mina 11). Una palazzina in una strada secondaria con la garitta del sorvegliante vuota. Testimonia la tragedia di una grande comunità (46.000 persone) totalmente deportata ad Auschwitz. I superstiti sono meno delle dita delle mani.

Una grande comunità peraltro misera, composta com'era da piccoli artigiani (ciabattini, sarti, falegnami, fabbri). Per loro si scomodò addirittura Adolf Eichmann, capo del dipartimento dell'Ufficio centrale della sicurezza del Reich.

Sono naturalmente indignato per l'assimilazione dello stato di Israele al nazismo e per l'ondata di antisemitismo che percorre l'Europa, protagonisti molti giovani che non sanno e non vogliono sapere.

Oltre a informarsi sull'Olocausto, dovrebbero esaminare lo statuto di Hamas, nella versione rivista del 2017: chiaro esempio di ipocrisia verbale dietro la quale si nasconde la volontà di completare l'opera che Hitler aveva iniziato.

Non c'è perdono per le stragi naziste, né per quelle successive, sempre di ebrei, sino al 7 ottobre 2023, tutte figlie di ideologie criminali che contemplano l'annientamento di una etnia come loro compito principale. Quindi, nessun perdono: solo una onorata memoria e una condanna civile e morale.

Forum dei lettori

Modelli di convivenza e di integrazione

Concordo pienamente con i due interventi, già pubblicati da LEdP, a firma di Lozza e di Rossini.

Purtroppo i governi israeliani hanno sempre pensato di contenere in uno spazio sempre più ristretto la popolazione palestinese senza preoccuparsi di trovare modelli di convivenza e di integrazione fra i due popoli.  Ci sono state c'erano e forse ci saranno ancora israeliani che cercavano l'integrazione al punto di andare a vivere nei quartieri palestinesi. Di converso altri che occupavano, a volte con armi in pugno, territori della Palestina. 

Il risultato è che ora il governo israeliano in carica pensa di occupare tutta Gaza, costruire una o più isole artificiali nel mare e trasferirci tutti i palestinesi. 

Hanno avuto la sfrontatezza di presentare pubblicamente questa criminale idea che assomiglia molto alle Riserve Indiane e ai Gulag.

Gli ebrei di Israele non hanno più senso etico?

Alessandro Gaboardi, 25 gennaio 2024, Crema
Alessandro Gaboardi, 25 gennaio 2024, Crema

Da Pizzighettone: mozione targa a memoria dei prigionieri deportati nei campi tedeschi

Premesso che:

  • Non esistendo guerra o conflitto giusto, ci dichiariamo contrari a ogni azione che viola la liberà e la vita degli uomini;
  • riteniamo predominante l'applicazione del diritto sulla guerra;
  • come cita l'articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad uno ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”;
  • con legge n.211 del 20 luglio 2000 è stato istituito in Italia il “Giorno della Memoria”, celebrato ogni 27 gennaio per ricordare le vittime dei lager e della deportazione avvenuta per opera delle forze politiche di occupazione naziste, con la collaborazione della Autorità politiche della Repubblica Sociale Italiana, che riproponeva le posizioni politiche fasciste egemoniche del precedente ventennio;
  • che il mantenimento della memoria di ciò che avvenne negli anni del nazifascismo è un dovere dell'istituzione oltre che una sempre più urgente necessità, volta a prevenire il riaffermarsi di ideali fascisti e antidemocratici;
  • in data 25 gennaio 2023 il gruppo consigliare Insieme si Cambia Pizzighettone ha presentato una mozione per l'installazione di Pietre d'inciampo a Pizzighettone, rinviata dal Sindaco Luca Moggi e mai discussa in questo consesso;
  • alla mozione vennero apposti dalla maggioranza degli emendamenti che non compaiono nella documentazione pubblicata sull'albo pretoria dell'ente;

Considerato che:

  • come spiegato dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella alla celebrazione della Giornata della Memoria il 27 gennaio 2021 “ricordare e far ricordare a tutti il sacrificio di milioni di vittime innocenti – ebrei in maggior parte, ma anche rom e sinti, omosessuali, oppositori politici, disabili – esprime dunque un dovere di umanità e di civiltà, che facciamo nostro ogni volta con dolorosa partecipazione.

    Ma faremmo un'offesa grave a quegli uomini, a quelle donne, a quei bambini mandati a morire nelle camere a gas, se considerassimo quella infausta stagione come un accidente della storia, da mettere tra parentesi. Se, insomma, rinchiudessimo soltanto nella memoria quei tragici accadimenti, chiudendo gli occhi sulle origini che hanno avuto e sulle loro dinamiche.

    Il fascismo, il nazismo, il razzismo non furono funghi velenosi nati per caso nel giardino ben curato della civiltà europea. Furono invece il prodotto di pulsioni, di correnti pseudo culturali, e persino di mode e atteggiamenti che affondavano le radici nei decenni e, persino, nei secoli precedenti”;
  • mantenere la memoria della persecuzione razziale e politica messa in atto nei terribili anni del Terzo Reich contribuisce alla formazione della nostra società civile, nel rispetto della libertà e della democrazia.

Rilevato che:

  •  anche a Pizzighettone, come testimoniato da Gianfranco Gambarelli appassionato di storia e cultura locale nel suo libro “Forche galere evasioni, storia delle carceri di Pizzighettone 1525-1977”: “Il 18 settembre i tedeschi giunsero a Pizzighettone numerosi  con autocarri e autoblindo e presero possesso del Presidio Militare e del Reclusorio. (…) Davanti all'entrata del carcere di Pizzighettone cinque autocarri e tutti i reclusi furono prelevati a gruppi di otto dalle loro celle e costretti a salire sui camion sotto la minaccia delle mitragliatrici di dieci tedeschi (autisti compresi). (…) Quanti ne furono portati via è un dato che non è ancora stato appurato (400, come riportato da una sentenza della Corte di Assise di Cremona del 1946, o 532 secondo i ricordi della guardia carceraria Ferdinando Lenci), ma si sa che nel 1943 gli Stabilimenti militari di pena erano sovraffollati, tanto che se ne studiava l'apertura di nuovi”.

Per tutto quanto esposto impegna il Sindaco e l'Amministrazione

  • A pianificare la messa in posa di una targa commemorativa all'ingresso del Museo delle Prigioni. A perenne memoria dei prigionieri deportati nei campi Tedeschi partiti da Pizzighettone.

Le consigliere comunali della lista Insieme si Cambia Pizzighettone

Elisa Mancinelli

Claudia Dioli

Forse è prematuro trarre un preconsuntivo del clima in cui si sta svolgendo la Giornata 2024, arrivata sotto i peggiori auspici, e delle iniziative celebrative, abbastanza intense come l'agenda dei precedenti anni e, almeno fin qui, al riparo da nefaste polemiche. Almeno nel nostro territorio. E questo, se sarà confermato nella giornata celebrativa vera e propria di domani sarà un buon risultato. Giocarla esclusivamente in difesa sarebbe stato sbagliato. Associazioni e Comuni del territorio si sono profusi in un programma articolato, intriso di stimoli storico-culturali diretti alle nuove generazioni e, in alcuni casi (come Pizzighettone, dove l'opposizione di centro-sinistra in opposizione ad una maggioranza di destra velata da alcuni tratti di agnosticismo, ha riproposto la collocazione di fronte al reclusorio da cui partirono centinaia di uomini destinati ai lager), di visioni edificanti. Alcuni lettori ci hanno scritto sulla correlazione Giornata della Memoria-rivendicazione della pace. Certo che bisogna cessare il fuoco. Anzi il fuoco non bisogna mai aprirlo! Sono convinto che Netanyau e la sua combriccola nazionalista abbiano basi fascistoidi.  Come il fenomeno invasivo degli insediamenti ebraici oltre i confini del 1948 e di tutti quelli successivi certificati da accordi internazionali. Non a caso i cosiddetti "coloni" sono per la gran parte di provenienza da esodi conseguenti al crollo sovietico. Solo un cretino non può non essere per la pace e contro la guerra. Per ragioni di verità, andrebbe aggiunto che tutti i malaugurati conflitti sono stati innescati dal combinato del fronte palestinese, islamico, antioccidentale. Ultimo, quello del 7 ottobre. Il cui profilo più ripugnante è rappresentato dagli ostaggi, catturati, trattenuti come ricatto, violentati come massimo disprezzo. Specie le donne.  Di sicuro, ripeto, va cessato il fuoco. Ma vanno anche operati i disinneschi delle condizioni finalizzate ad incessanti precarietà ed aggressività.   Di più scriveremo a consuntivo della giornata.

Reading in occasione delle celebrazioni per la Giornata della Memoria

 

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