Così avevamo titolato e presentato. Sull'argomento il dibattito continua; per effetto della vasta sensazione suscitata dai fatti romani e per la spontanea partecipazione dei nostri lettori. Pubblichiamo, dopo le riflessioni di Giuseppe Azzoni, unite all'appello dell'A.N.P.I., anche i contributi pervenuti da due lettori; su un argomento che per il vero invita ad allargare la visuale delle percezioni e delle riflessioni.
Non si può affermare che il tradizionale arco antifascista sia esattamente, come si suol dire, sulle gambe. Come conseguenza di una troppo lunga stagione di percorsi inerziali (in cui alle proditorie comparsate del 28 aprile si opponeva una denuncia d'ufficio) e, diciamolo francamente, dell'inaspettata violazione simbolica di un presidio, fin qui ritenuto inviolabile. Episodio talmente grave ed emblematico da indurre (poco opportunamente) Prodi a dichiarare, a Crema, “ho paura”.
Quid pluris si sarebbe potuto aspettare di fronte all'assedio ed alla devastazione della sede centrale del maggior sindacato, per decenni ritenuto cinghia di trasmissione del PCI e dell'ambiente antifascista?
Stiamo, per piena aderenza al tratto ispiratore della nostra testata, ben lontani dalla lusinga di entrare nel “confronto” in atto sull'interpretazione del gesto, sui pericoli impliciti, preannunciati ed in itinere, sulle concatenazioni tra le conseguenze dei disordini, le vicende parlamentari, il nesso di causalità con gli scenari quotidiani.
Non ci facciamo minimamente attirare nella querelle della richiesta di collocare fuori dal consorzio politico-istituzionale il gruppo neofascista, che ha guidato i moti romani di protesta e posto sotto assedio la capitale delle massime istituzioni della Repubblica.
Essendo che da anni postuliamo la messa fuori dalla legalità, per effetto della legge Scelba del 1952 e Mancino del 1993. Postuliamo tout court, in rapporto alla fattispecie della violazione (la prima) delle disposizioni transitorie in materia di ricostituzione del partito fascista, (la seconda) per incitamento all'odio ed alla violenza (dedotte dall'armamentario neofascista).
Ci sorprendiamo che non sia stato fatto prima. Ma, con l'occasione, pur nella consapevolezza di poter fornire elementi per essere frantesi e fornire pretesti, dichiariamo che, se la misura di cui sopra è ampiamente matura sul versante della difesa della Repubblica nata dalla Liberazione, non esiteremmo, un attimo dopo, a condividere l'adozione di provvedimenti sanzionatori nei confronti di tutte i pericoli eversivi. Per intenderci anche di quelli che non sono etichettabili nel bacino del neofascismo.
Lo diciamo per onorare l'apertura di credito di C.L. (Hai la tua fede politica ma non hai mai incitato nessun militante allo scontro!!!); ma, soprattutto, perché il nostro antifascismo non ha le fette di salame sugli occhi. E perché siamo convinti che l'impianto di questa Repubblica non può far sconti a nessun portato di violenza ed illegalità.
Si comprenderà che non deduciamo questi nostri convincimenti da tardive teorie di “opposti estremismi”. Che talvolta (come cinque anni) fa misero a ferro e a fuoco la nostra città. E che, invece,nella circostanza, si sono divisi le piazze (i fascisti a Roma; gli anarchici a Milano). Colori diversi, ma medesimo core businnes: l'asfaltatura delle prerogative liberaldemocratiche, in un momento di sperdimento
Il detonatore è azionato, infatti, dal superamento del livello di guardia del rapporto di malmostosità tra “poteri” e protesta.
Chiudiamo con un invito rivolto a chi ci legge e a chi apprezza la nostra testimonianza editoriale: recuperare il gap di capacità di influenzare le coscienze tra il fronte dell'irresponsabilità (manifestamente permeabile dall'infiltrazione eversiva) e la missione permanente di formazione delle coscienze democratiche.
Il prossimo appuntamento è la mobilitazione per l'iniziativa del 16 ottobre.
È certamente un periodo difficile sia per la democrazia che per l'elettorato. C'è anche un gap generazionale. I giovani sono preoccupati per il lavoro che non c'è o è mal pagato o se lo devono inventare senza sicurezze ne prospettive di certezze. Una classe politica che è durata sessanta anni e non ha dato al paese niente di quello per cui i loro padri avevano lottato con la resistenza e contro il fascismo. Anche la seconda generazione o è stata fregata dai furbetti o si è accampata in Parlamento e ha tirato l'acqua al suo mulino con un parlamentarismo da schifo. Cosi la terza generazione non si fida più dei cosiddetti poteri parlamentari e naviga a vista tra difesa dei diritti o del pianeta o della destra che promette miracolistici futuri . c'è da riflettere molto. Ma siamo per fortuna abituati a reagire agli insulti alla libertà e agli assalti squadristici.
G. A. R. Cremona, 10 ottobre 2021
Caro Direttore, desideravo proprio riflettere con te sulle devastazioni avvenute a Roma nella sede della Cgil da parte dei neofascisti. Puntuale e precisa la tua opinione, confrontarsi con te è per me come parlare ad un arbitro del contendere fra la liberaldemocrazia e le frange neofasciste intrise di odio e violenza. Hai la tua fede politica ma non hai mai incitato nessun militante allo scontro!!! Mi sento anch'io di cantare a squarciagola Bella Ciao. Cittadini uniamoci non lasciamo che pochi squadristi rovinino la nostra democrazia, manifestiamo il nostro sdegno con coraggio e determinazione.
C.L. Vicenza, 10 ottobre 2021