La parola ai lettori e ai rappresentanti istituzionali:
Rifondazione Comunista: migliorare la salute e il benessere di tutti
Ci sia permesso di rispondere ai principali enunciati, ben riportati nell'articolo "tutti lo vogliono fare" del quotidiano La Provincia a firma di Massimo Schettino del 21 aprile, dal direttore dell'Asst e dal direttore del dipartimento e sostenibilità e sviluppo strategico, in merito alla costruzione del nuovo ospedale a Cremona, e da noi ora qui riportati fedelmente tra apici.
"Tutti lo vogliono fare!" Ma ne siamo sicuri? Coloro che sono i veri stakeholder, cioè coloro che sono o dovrebbero essere coinvolti, sono i cittadini del territorio cremonese.
È per noi fondamentale che ci sia una consultazione popolare che decida il destino dell'attuale ospedale costruito solo 50 anni fa e non certo più vecchio e più inadeguato di chi ora pensa di demolirlo.
"Le linee guida dettate dall'Asst di Cremona sono rivoluzionarie e la ditte che parteciperanno al concorso devono seguirne le direttive..."
È certo è che al temine della procedura di gara verranno complessivamente pagati ai concorrenti ben 4 milioni di euro...
"Appalto nel 2025, costruzione in 4-5 anni e eventuali aumenti dei materiali ecc si ricalcoleranno nella fase del progetto esecutivo..."
"Aumento dei costi... non rilevante in quanto ci saranno le coperture."
La pandemia ha accelerato una speculazione in Italia che trascina l'inflazione, il costo dei materiali edili sono fuori controllo. Il preventivo previsto di 330 milioni sarà sicuramente superato.
"Il nuovo ospedale sarà un unicum nel mondo", "Un'idea nuova, nessun modello esistente al mondo..."
La tecnologia usata nella nuova costruzione dovrà essere preveggente e costruita per qualcosa che ancora non c'è al mondo, "ma noi, ci dicono i responsabili medico e tecnico, lo sappiamo, e già ora la predisponiamo per l'anno 2030"... progetto futuribile?
Ritorna la presunzione di sapere come evolverà la sanità, ma soprattutto la medicina del futuro.
Cremona ha trovato un genio della sanità che con capacità divinatorie e preveggenti ci darà un ospedale costantemente adeguato agli eventi sanitari del futuro?
"la pandemia ci ha insegnato che gli ospedali dovranno essere diversi da come si sono costruiti fino ad ora..."
Come la gestione e la cura della pandemia non è stata prevista da chi ha costruito l'attuale ospedale, così non c'è dubbio che il nuovo ospedale sarà inadeguato per eventi sanitari che ora non si possono prevedere.
Anche solo 10 anni sono una eternità, e il ritmo delle scoperte in medicina e in ingegneria genetica sono tanto elevate che fanno diventare una granitica convinzione di oggi uno sbiadito ricordo per coloro che entreranno nel mondo del lavoro medico, anche in un vicinissimo futuro.
Non è il contenitore ad essere importante, ma il contenuto di tecnologia e di capacità umane a fare la differenza tra un ospedale luccicante e un ospedale autorevole.
"Impronta ecologica pari a zero!"
Questa è una vera favola. Si vuol far credere che l'energia impiegata per costruire ex novo una struttura è inferiore all'energia impiegata per adeguare alle nuove necessità la struttura ospedaliera esistente. Se poi sommiamo l'energia usata nella demolizione e nello smaltimento dei materiali la differenza tra le due opzioni aumenta notevolmente.
"La dorsale tecnologica permetterà di collegare i pazienti che sono nelle loro case con l'ospedale...
i ricoveri quindi saranno per casi specifici..."
Ottimo proposito. È quello che in teoria tutti si auspicano e che porta ad una conseguenza la riduzione sempre più sul territorio di mega ospedali e porterà a concentrare "i casi specifici", e numericamente sempre più ridotti, in pochissime strutture regionali raggiungibili in pochi minuti con elicotteri, o altre tecnologie mature come i droni ancora più versatili e meno inquinanti degli elicotteri.
Rossi ci spiega che "in USA ci sono centinaia di medici che seguono a domicilio migliaia di pazienti e non c'è nemmeno un posto letto..." dicendo questo contraddice il suo sogno... ci informa che
"nel nostro nuovo ospedale ci saranno 554 posti letto in camera singola”, ma si vuole ospitare a lungo il malato in un albergo o si deve ottimizzare la cura e il monitorarlo quando il malato sarà al più presto a casa con i suoi famigliari?
Ci dice Rossi: "mi sono subito accordo che l'attuale ospedale è inemendabile..." mago di tutte le tecnologie ha deciso di evitare grane nell'affrontare i problemi di adattamento alle situazioni sempre diverse che pone la medicina con il passare degli anni,
Ma la vera manna per questi filosofi è che "tutte le istituzioni del territorio sono d'accordo e ci hanno permesso di VOLARE.". Speriamo che avvenga uno stallo, che faccia abbandonare l'aereo a tutti questi megalomani che vogliono legare il loro nome ad una struttura fondamentale per la comunità.
Chiediamo ai cittadini cremonesi di dare fiducia ai veri piloti di questa struttura: le persone che ci lavorano, e che ogni giorno vedono e risolvono le necessità via via sempre diverse e imprevedibili che incontrano, cercando di migliorare la salute e il benessere di tutti noi che ricorriamo a loro non pensando all'ospedale come un albergo o a una stazione spaziale.
Enrico Gnocchi
Partito della Rifondazione Comunista - Unione Popolare.
Le rassicurazioni esternate dall'ASST
Caro direttore, speravo che le rassicurazioni esternate dall'ASST di Cremona, tramite un quotidiano locale, potessero essere esaustive. Sono portata ad essere ben disposta verso chi si prende carico di problemi importanti. Aggiungiamo che nutro la massima fiducia, ammirazione e gratitudine verso il personale tutto del nostro ospedale …tuttavia i “petegulèes”, le impressioni di chi è costretto a dover trascorrere ore al pronto soccorso, la notizia che i dottori Novax sono rientrati senza alcuna penalizzazione né obbligo a vaccinarsi, mi inducono a non essere così tranquilla. Quante volte la spada della Regione ha decimato medici e infermieri?? Già la cura da riservare ai ricoverati è un grave impegno per chi è rimasto. Dedicarsi anche sistematicamente ai controlli dei visitatori dovrebbe condizionare ancor più gli operatori sanitari. Solitamente si richiede a tutti (?) la mascherina. Unico aiuto a contenere una dose eccessiva di frequentazioni diventa l'aver favorito il prosperare del servizio sanitario privato. Se appena si hanno due soldi si ricorre a cliniche e ai diversi ambulatori a pagamento. Mettersi in fila per ottenere un qualsiasi esame o intervento è un augurarsi di essere dotati della pazienza di Giobbe. Mi permetto quindi, anche se molto a malincuore, di pensare che non è tutto oro quello che luce o si promette.
Che tristezza non trovare anche nella nuova manovra finanziaria i dovuti necessari riconoscimenti per Sanità e Scuola.
Caro direttore, scorro i giornali senza lasciarmi troppo coinvolgere da notizie che sinceramente, sarà per presunzione, non muovono in me grande interesse. Sarà perché ciò che si blatera nelle sedi parlamentari sono ben lungi dal risvegliarlo; si promette e si rinnega, ci si cinge la testa con aureole più o meno sfolgoranti e poi, sorriso più sorriso meno, la luce si spegne. A lungo ho sperato che la nostra Regione si prendesse cura della nostra area sia per il disservizio dei collegamenti ferroviari che per il numero sempre più ridotto di medici e infermieri che operano per rendere fruibile una buona rete sanitaria. Mi sono già espressa sul grande disappunto di come il nostro odierno ospedale sia stato declassato perché vecchio (?) e non recuperabile (?). Grandi opere tipo un nuovo ospedalino ritenuto un futuro fiore all'occhiello sottraggono patrimoni alle necessità di pensionati e lavoratori, studenti e pendolari. Si perdono di vista le priorità sbandierate in campagna elettorale e vien dato un colpo al cerchio e uno alla botte, anche se è risaputo che botte piena e moglie ubriaca non regge e non reggerà mai. Inaspettatamente giunge una notizia che mi sconvolge!!
Il nostro nosocomio viene derubato del risultato encomiabile dell'Area Donna senologica nata per sostenere le pazienti in cura al reparto di noti ottimi specialisti e smantellata senza alcun riguardo. Diagnostica all'avanguardia, nuovi posti letto concessi alla sanità privata … Mi sembrava che si dovesse invertire questa tendenza verso il privato… Al contrario visi sorridenti, tagli di nastro, suore commosse col velo …E là.al di fuori, le varie prenotazioni diventano sempre più problematiche, gli appuntamenti chissà, si vedrà.
Non ho nulla contro le gentili sorelle nella cui Casa di Cura sono stata assistita per un lungo recupero post operatorio. Avrei preferito però essere seguita nel reparto analogo del mio ospedale …purtroppo non può essere possibile perché per mancanza di soldi le degenze devono essere brevissime, il tempo essenziale per non provocare seri danni causa una dismissione affrettata. Mancanza di soldi?
Eppure da qualche parte arrivano se nel privato spuntano nuovi reparti, posti letto e accorgimenti vari...
Se così fosse anche il nuovo preannunciato ospedalino si troverebbe presto in difficoltà … C'è qualcosa che non mi torna direttore, qualcosa che non va.. La ruota gira sempre in quel senso e dobbiamo comunque far buon viso a cattivo gioco?
Clara Rossini. Cremona, 30 aprile 2023.
In diretta dal fronte ospedaliero
Ciao Direttore, mi trovi, col tuo aggiornamento del dossier Sanità, in un momento particolarmente stressante. Mio marito, cardiopatico e costretto nelle ultime ore al Pronto Soccorso, sta meglio. Ma la sua situazione cardiaca è grave e si risolverà con intervento di TAVI, che stiamo aspettando da mesi. Grazie per la vicinanza, dici bene tempi biblici.... questo è un intervento chirurgico innovativo che non lo fanno neanche a pagamento e il nostro cardiochirurgo fa parte dell'equipe in sala operatoria. Mi ha riferito che è dispiaciuto ma la situazione in cardiochirurgia è terribile: ci entrano anche dalla finestra siamo costretti a fare le urgenze!! Berlusca è proprietario dell'intera suite del San Raffaele ma con la sua malattia, avrà le cure migliori, ma non risolverà il problema.
C.L., 1° maggio 2023.
Obama e gli antipodi lombardi
Già dall'incipit non la prendiamo su leggera la ulteriore puntata del focus sanità, stimolata dall'apprezzabile, deciso, chiaro pronunciamento della Sezione Cremonese di Rifondazione Comunista e, non potevano disertare le riflessioni delle nostre affezionate lettrici.
Il sempre rimpianto presidente a stelle e a strisce Obama, nei giorni scorsi in visita a Berlino, ha centralizzato il senso del suo doppio mandato presidenziale nella seguente esternazione:
“la cosa di cui vado più orgoglioso da presidente è aver dato l'assistenza sanitaria a più di 40 milioni di americani”.
D'altro lato, il suo slogan che aveva (inutilmente) scaldato il cuore e il progetto del costituendo PD, era stato “We care”.
Prima di allora il più accreditato modello liberaldemocratico aveva, dal punto di vista del welfare un impianto di poco dissimile dalla legge della giungla, ispirato dalla regola darwiniana e peraltro coerente con il mercato.
L'accesso alla cura della salute era (ed in parte è) una prolunga delle prerogative liberiste. Chi lavora e incassa lo stipendio, si paga l'assicurazione sanitaria. Gli altri, intendendosi gli ultimissimi della fila (per censo, fragilità, iscrizione a quello che un tempo anche noi chiamavamo “elenco di povertà”), accedono, con un percorso di guerra, ad un sommario modello di cura della salute. Che non aveva nulla a che vedere col modello mutualistico bismarkiano e, figurarsi! col welfare state di Beveridge e Attlee, ma neanche una minimale attinenza con rudimentali impianti caritatevoli.
Con l'avvento di Obama, sicuramente dopo Roosvelt e forse Johnson, il più indiziato di socialismo, gli USA aprono le porte al modello europeo: 40 milioni di americano, prima sprovvisti di assistenza, accedono ad un diritto fondamentale.
Qualche anno fa, avremmo soggiunto…non esattamente come il nostro.
Adesso cominciamo ad avere dei dubbi, nonostante che la conquista sociale obamiana sia spesso sotto attacco da parte dei circoli reazionari.
Ecco, la sensazione, largamente fondata è che, attraverso un percorso controriformista durato trent'anni e largamente affidato sia agli esiti della “riforma” (sic) del Titolo V sia alle performance dei governi, nazionale e regionali di centrodestra (anche se quelli dell'Ulivo su questo terreno non possono rivendicare di aver fatto sfracelli!), stiamo diventando (ovviamente senza dichiararlo) gli antipodi lombardi della riforma di Obama.
We (dont) care!
Solitamente la formula d'uso, con cui ospitiamo i contributi esterni, sarebbe “abbiamo ricevuto e ben volentieri pubblichiamo”. Che in questo caso non vale. Perché, avendo noi letto il testo (sottoriprodotto) sulle pagine della “concorrenza”, abbiamo stimato, a beneficio sia di un bacino di lettori poco avvezzo al format cartaceo sia di una potenziale vasta audience, l'utilità di copincollare il largamente condivisibile pronunciamento tematico di Rifondazione (partito con cui sul piano ideologico non condividiamo quasi nulla) su una questione centrale della nostra vita comunitaria. L'opinione pubblica spesso si comporta come i cani da pagliaio, che rincorrono l'ultimo viandante approdato nell'aia, salvo essere sviati da nuovi arrivi.
La soglia di attenzione sulla tragedia pandemica e sullo sfascio della sanità ha ipnotizzato (forse non più di tanto) il parterre degli allarmati dall'enormità dei fatti più che dei cittadini consapevoli.
Passato lo giorno pandemico, gabbato lo santo dell'inescusabile inconsapevolezza.
La denuncia di Rifondazione uno dei pochi movimenti che (insieme al movimento civico dell'utenza donna, il M5S, la parte militante dem, i due consiglieri regionali di sinistra e anche noi pochi sfigati socialisti) in questi ultimi quattro anni (perché la mobilitazione è partita nel dicembre 2019) ha guardato il dito, anziché la luna.
In corso d'opera, l'establishment (nominato rigorosamente per assoluto rapporto fiduciario) e la governance della Lombardia (il cui sistema sanitario il “celeste governatore “definì ad nauseam un'eccellenza assoluta) hanno giocato sporco con una tattica comunicativa menzognera. In ciò supportati tanto da un'informazione, diciamo, non indipendente quanto da una classe politica manifestamente inadeguata e obnubilata (a dimostrazione della pochezza curriculare) da un aggregato di promesse, svianti dalla verità e dalla seria praticabilità.
La musica è finita, gli amici se ne vanno…l'utenza continua nella sua inconsapevolezza dello stato dell'arte complessivo; salvo lamentarsi di un livello prestazionale da modello-paese non retto da una Costituzione come quella scaturita dalla Liberazione.
Circostanza, questa, che, a poche ore dall'appena consumato “ponte” 25 Aprile-Primo Maggio, obbligherebbe tutti (o almeno la sinistra sociale e politica) a porre attenzione all'erosione costante (e, si teme, senza via di ritorno) del welfare. A partire dalla sanità negata, come diritto pilastro, insieme a salute e educazione, della Costituzione, fondata sulla dignità dell'uomo.
Indubbiamente, la pressione (che nel biennio avrebbe giustificato, a cose concluse, percorsi sanzionatori in grado di evocare, simbolicamente s'intende, certi processoni e certi “piazzali”) si è andata allentando.
Una menzogna viene in mente quando sei al picco della criticità. Adesso siamo ancora in piena criticità…ma con pochi o meno morti anche se parecchi candidati a diventarlo per effetto del costante cedimento della cura della salute.
A petto di che la stanza dei bottoni (dei “poteri”), come si dice al mio paese, prudenzialmente, dato che é in ballo continua a ballare.
Già…la balla stratosferica del “nuovo ospedale”. Lanciata dai pifferai dell'aziendalizzazione sanitaria in omaggio (sic) alla libertà di opzione tra pubblico e privato (in realtà paravento mediatico della sanità capitalista che, come in America, esclude l'esercizio universale del diritto primario), era servita, si ripete, al culmine del disastro.
Non scommetteremmo un penny, come direbbero Pippo, Pluto e Paperino, sull'esito concreto (di cui, data la nostra condizione di babyboomer di prima generazione) non saremo in ogni caso testimoni.
Però, intanto si tiene la scena; si spendono montagne di risorse pubbliche, si dice un milione per le prime spese, in progetti (tra parentesi e senza voler minimamente ipotizzare niente, citiamo Leoluca Orlando col suo “La vera corruzione non si fa costruendo, ma progettando”) e, se proprio la montagna non partorisse il topolino, si continuerebbe la vandalizzazione (ridimensionamento) del nosocomio cremonese. In termini di riduzione dei posti-letto, di posti di operatori, di obsolescenza fisica e tecnologica, a danno di una struttura di cura e di prevenzione, nata 53 anni fa con 1300 posti letto e altrettanti posti di lavoro (quando ancora funzionavano la medicina di base, gli ospedali di zona, le strutture di prevenzione).
Ci si fa il callo, quasi a tutto. Nella fattispecie anche di fronte ad un processo di involuzione etico-sociale, di fronte al quale non si può non denunciare la spinta contro-riformatrice, rispetto alle grandi realizzazioni degli anni sessanta, settanta e ottanta del 900 e, comunque, ad un più generale processo regressivo (di cui una qualche responsabilità non può non essere posta a carico anche del ciclo dell'Ulivo).
Sicuramente non sarà sfuggito il repechage in altra pagina del quotidiano provinciale di un ulteriore endorsement fuorviante sulla Dea.
In cui si è fatto spacciare (cosa non sfuggita alla nostra notista Clara Rossini) un virtuoso ciclo di addestramento come premessa di un quasi sicuramente riconoscimento di un segmento, per cui, per legge, non esistono i presupposti e che in ogni caso sarebbe determinante ai fini delle precondizioni dell'accesso ai fondi per la realizzazione.
Da tempo abbiamo quasi pronto un memoir sul "vecchio" ospedale del 1970 e su quello stravecchio chiuso nello stesso anno. Dimostreremo che la controriforma è partita con la seconda repubblica. La sinistra ha detto sulla sanità cose condivisibili, ma in zona Cesarini (a ridosso delle elezioni regionali). Solo per farsi percepire come non attendibile anche dal proprio bacino di riferimento.
Per il resto, rare denunce e balbettanti controdeduzioni all'andamento in corso.
Fuori dal coro, come sempre il prof. Harari, primario ospedaliero a Milano e opinionista del Corriere della Sera:
“Viene da chiedersi se abbiamo imparato da questa tragica esperienza e messo in atto i correttivi necessari perché non si ripeta il disastro. L'impressione è che nulla di concreto sia ancora accaduto: la medicina territoriale continua a non esistere, la rete ospedaliera è ancora deficitaria di letti e risorse, le filiere organizzative sono ancora più un'idea che una realtà. serve una regia politica centrale. Tutto deve essere adeguatamente governato, regolato e pianificato. Quella che oggi manca. La macchina deve essere aggiornata ai nuovi bisogni di salute, all'avanzamento delle tecnologie e a una nuova organizzazione dello Stato”.
Non meno lucido e perentorio è l'outing di Remuzzi, direttore dell'Istituto farmacologico Mario Negri e uno dei più accreditati analisti della vicenda pandemica, di fronte agli annunci della pandemia finita, afferma:
“abbiamo trascurato il SSN. Non abbiamo incentivato e sviluppato la medicina territoriale. Sono più di 30 anni che perseveriamo in questo errore…Ora sappiamo che le pandemie si affrontano con un sistema di salute pubblica molto forte.”
Meno scontati, anzi possiamo dire fuori dal coro in cui hanno praticato (il primo perché organico alle politiche conservatrici del campo destrorso, il secondo perché disattento alla rappresentanza del proprio campo di sinistra) due endorsement.
Quello di Bertolaso Assessore lombardo al Welfare ("nella sanità lombarda ormai siamo all'anarchia. Alcune aziende non condividono le agende col call center”), quasi stupefacente, se si considera che è stato recentemente insediato in un incarico (in quota tecnica) da cui difficilmente potrà scantonare.
Benvenuto a bordo! Augurio che vale anche per il capogruppo Majorino ("ha ragione Bertolaso: manca una politica regionale forte e anche una volontà di riorganizzare il sistema"). Il quale, nonostante i precedenti rilevanti ruoli politici in Lombardia, si è occupato di sanità solo a partire dalla recente campagna elettorale.
Sarà difficile riavvolgere la pellicola, di un film che, come abbiamo appena detto, ha avuto come trama costante la spinta contro riformatrice dell'istituzione del SSN. Giunto in Italia con un quarto di secolo di ritardo e subito fagocitato dalle spinte assistenzialistiche e dalla regressione allo stato quo ante rappresentato dalle mire privatistiche sul “malloppo” della spesa pubblica.
Che, in Lombardia, si è presentata con l'aziendalizzazione (l'istituto monocratico motivato dalla volontà politica di assicurare all'utenza la libera opzione tra offerta pubblica e offerta privata; in realtà il piede di porco che ha sradicato l'intelaiatura di programmazione e controllo della rete territoriale).
Che, con un'improntitudine continua in modo sconcertante da parte dei beneficiari dell'impronta privatistica (spesso parliamo, non inappropriatamente, di sanità capitalistica).
Recentemente, l'amministratore delegato del gruppo Ghc (1872 dipendenti, 4200 con i collaboratori 32 strutture 283,7 mln di ricavi) si è lagnato a mezzo stampa:
l'ultima legge di bilancio (2,15 mld di maggior spesa per effetto covid) non contempla la riduzione delle liste d'attesa. Il PNRR nasce dalla catastrofe pandemica, ma destina alla sanità solo l'8,2%. Abbiamo un dei rapporti più bassi tra PIL e spesa. Con la partnership coi privati il problema si può risolvere.
La sinistra lato sensu non può prescindere dalle conclusioni indotte dalla testimonianza di Rifondazione e dei nostri due lettori. L'occasione è propizia per un outing: i socialisti non faranno (non dovrebbero fare) parte di nessun "tavolo" elettorale che non prevedesse esplicitamente la totale opposizione al "nuovo" ospedale.
Il 'Dopo di noi'
Gentile Direttore, talvolta rimango contrariata durante l'ascolto di trasmissioni televisive quando compare la scritta che invita a una donazione per aiutare una nobile causa. Per carità, le cause sono nobili, ma rimane subdolo quel dubbio: dove andranno a finire quei soldi? Per tacitare la coscienza di “volontaria” che coi colleghi versava anche le 2000 lire ricevute di mancia per un gelato dopo una lunga prestazione, sicura che ogni seppur piccolo obolo andasse a beneficio delle alte spese sostenute effettivamente dall'associazione, tramite cellulare invio i soliti 2€, ma rimango rammaricata e insoddisfatta. Ora si apprende che un immobile di grande valore destinato per testamento al nostro ospedale e avente come fine un aiuto alla ricerca della prevenzione delle malformazioni genetiche è ancora dimenticato; quattro anni trascorsi ad attendere una fattiva attenzione per trasformare un lascito ricco di umanità in effettiva realtà. Il Deus ex machina che dovrebbe operare è l'amministrazione ospedaliera o forse quella comunale…due Enti ben presenti e conosciuti nella nostra città, rispettati. Quindi, vien naturale affidarsi a loro per sapere che i risparmi di una vita possano supportare campi utili nell'immediato ma anche per il futuro. Eppure …non si provvede a monetizzare il lascito, ma nemmeno si decide di preservare quadri e suppellettili di valore. Tristezza e delusione. Tanta. È così difficile decidere come e a chi affidare quanto resterà di noi perché vada a beneficio di altri. La rete sanitaria, la ricerca, l'ente ospedaliero stanno da sempre soffrendo per la mancanza di fondi. Ci si domanda quindi a chi rivolgersi per destinare quel poco o tanto (magari) rimasto di noi.
Mi vorrebbe delucidare in proposito? Un vivo ringraziamento.
Clara Rossini – Cremona 2 maggio 2023.
Solidale sì, ma non insisto
Il sottotitolo della risposta fa il verso ad uno dei tanti, azzeccati aforismi trilussiani (quello della media dei polli mangiati).
Casca bene la nostra corrispondente, con questa lettera, che focalizza un rovello da tempo radicato nelle nostre percezioni/consapevolezze.
Attorno ad una questione che accende virtuosamente gli afflati solidali, ma che, di tanto in tanto, apre il campo a qualche incursione malintenzionata.
Quella, degli ultimi anni, più vistosa è stata la campagna di “Aiutiamo i nostri ospedali Uniti per la Provincia di Cremona” su cui pendono un concentrato di evanescenti rendicontazioni e molti dubbi circa, nonostante la performance degli ultimi tre anni, il caparbio prosieguo della mission.
Degli ultimi giorni un trionfalistico annuncio a mezzo stampa: “Da Uniti per la provincia di Cremona altro dono a Chirurgia. Piattaforma meccanica per interventi ad alta precisione e sempre meno invasivi. La buona sanità (un po' criptico). Donazione che ammonta a 90 mila euro e che al di là del valore numerario rappresenta o dovrebbe un salto di efficienza strumentale sulla strada di una chirurgia meno invasiva. Il primario ringrazia Uniti che si rivela vicina e sensibile alle esigenze della nostra sanità e dei nostri pazienti.”
Altrettanto si può dire invece di chi istituzionalmente dovrebbe? Vale a dire, nel caso non si fosse capito, al terminale Regionale che ha consentito in questi anni la quasi totale obsolescenza fisica e scientifica di una struttura nata 53 anni fa grazie alle donazioni della cittadinanza e che, di fronte ormai alle difficoltà di tenuta, si affida, da pezzente, al buon cuore dell'utenza vessata dal cedimento quanti qualitativo delle prestazioni.
La stessa partnership col soggetto fundraising incaricato della raccolta (come si evince dall'ossessiva campagna promozionale a mezzo pubblicità e al gigantesco cartello esposto nell'androne centrale) non può non sollevare perplessità.
Sul tema, possono giurarci i nostri lettori, torneremo assolutamente.